son poi, riuscendo a mantenere anche in seguito, se non tutta la sua forza economica e politica, che anzi andò a mano a mano scemando, certamente il suo prestigio di principale e quasi unico depositario dei piì1 duri valori della democrazia arnericana. Ma verso la fine del secolo XIX, d~ fronte al rapido e tumultuoso processo di urbanizzazione e di industrializzazione della società, non solo la posizione economica e politica del << farmer » . era seriamente compromessa, ma era lo stesso mito agrario ad essere minacciato dalle fondan1enta. La battaglia populista per la salvaguardia delle posizioni economiche dei << farmers » e della piccola e media proprietà . . ,. ., ,, terriera 1n genere s 1mpern10, com e noto, nella lotta per il bimetallismo e per una politica finanziaria inflazionista. La sconfitta dei populisti, in questo campo, fu completa: il monometallismo aµreo e la politica del << tight money », che erano considerati da Bryan e dai suoi come il massimo strumento di oppressione economica della classe rurale in favore dell'industrialismo urbano, rimasero i caposaldi della politica economica a~ericana. Ma molti altri punti della piattaforma populista dovevano in un secondo tempo, sia pure per lo più quando il movimento già si era esaurito, essere adottati dagli stessi avversari e divenire realtà, co a che certamente non avrebbe potuto aver luogo a così breve scadenza se l'intensa propaganda populista non avesse per anni risuonato nelle orecchie dell'opinione pubblica: tali ad esempio la legislazione contro i grandi trusts, la regolamentazione delle ferrovie, l'income tax, l'elezione diretta dei senatori, l'iniziativa ed il referendum in parecchi stati dell'Unione, l'espansione del credito. Ma ciò che è interessante notare in tutto questo è il capovolgimento di posizioni verificatosi nella tradizione democratico-agraria jeffersoniana, di cui il populismo era l'erede più diretto: là dove era stato principio informatore di tutto il pensiero politico facente capo a quella tr:idizione che il governo migliore era quello che meno governava e che fosse da limitarsi al massimo l'intervento degli stati, ed in particolare del governo federale, nei rapporti economici e sociali fra i cittadini, il n1ovimento populista si faceva ora assertore del principio dell'intervento federale in molti aspetti della vita economica. nazionale, proprio a difesa di quei pri ncipi di democrazia e di libertà individuale di cui quello stesso governo federale era stato fin dall'origine il più pericoloso nemico potenziale. I populisti si resero cioè conto che, al di là dei loro sogni idilliaci di una società agraria autosufficiente e fondamentalmente egualitaria, di fatto la libertà individuale e l'eguaglianza economica, almeno approssimativa, erano possibili soltanto qualora si realizzassero delìe ben precise condizioni esterne di struttura economica, politica e sociale, e che solo un forle e non passivo governo nazionale era materialmente in grado di assicurare l ,esistenza e la conservazione di siffatte condizioni. Da nemico qell'individuo, lo stato si faceva suo principale difensore, chè ormai, nel pensiero dei populisti, la vera minaccia proveniva dagli spietati colossi del mondo industriale e finanziario, che ogni resistenza individuale potevano facilmente distruggere. Tutto ciò, tutta via, era 1 ungi dall'essere teoricamente chiaro nella mente dei populII7J BiblotecaGino Bianco
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