Nord e Sud - anno IV - n. 30 - maggio 1957

, Lo Stato dovreb,be potenziare le filodrammatiche che, di fronte alle Compagnie professioniste, oggi rappresentano il teatro in ragione di 20 a I; gi.acchè il numero annuo delle recite dilettanti e il numero dei loro spettatori è tre -0 quattro volte superiore a quello delle scene regolari. Oggi si lamenta la spro1 porzione tra gli aiuti statali concessi alla lirica (circa 4 miliardi) e quelli concessi alla Prosa (poco più di 500 milioni). Il Ministero riconosce che il teatro dram·matico è in crisi crescente, cioè co,rrispettiva. Si concede, a mala,ppena, che, per quanto la Drammatica sia in maggior deficit, il Governo non la abbando.nerà in malora ... Si do·vrebbe riconoscere alla Prosa quello che le s.petta: cioè la terza parte dei quattro mili~rdi abbondanti destinati alle sovvenzioni. Si ·dovrebbe a1 bolire la indegna regola che concede più aiuti allo spettacolo volgare che a quello artistico. In che consistono le sovvenzioni? Nell'aumentare del dieci per cento gli incassi fatti. Un autore classico, incassando 100.000 lorde) riceve diecimila di « rientro »; un lavoro ·plateale, i;ncassandone 500.000, ne ha 50.000. Il pri1!1o, che aveva bisogno di aiuti, non li ha avuti; il secondo, che non ne aveva affatto necessità, s'è visto aumentato il benessere. È, questa, unfa assurdità camorri~ stica, inventata dagli impresari dediti al teatro di basso gusto p•opolare: iniquità subìta dai Sindacati Attori ed Autori, e, nella sua immoralità, sancita àal,lo Stato, che pur dovrebbe tutelare, proteggere e potenziare le produ- • zioni u tiìi alla cultura. Tra sovvenzioni distribuite .a rovescio, e spese pazze, gli attori di secondo piano chiedono come niente 50.000 lire al giorno di paga. Si può soltanto rifiutare. È difficile reggere la concorrenza dalle paghe offerte dal cinema e dal d·o,ppiaggio. Ammesso cl1esia possibile trovare dei fanatici disinteressati, anche riclucendo le ·paghe individuali a 5.000 lire minime l'un per l'altro, sedici attori e quattro tecnici costano sempre 100.000 lire giornaliere. Aggiunte a queste le sp·es~ di viaggio• e i facchinaggi, le spese generali, le ·messinscene, i costumi, ecc.: si arriva a 150.000 lire di costo gionnaliero. Per riprendere tale spesa (la Compagnia riceve I/ 3 ,dell'incasso lordo) bisogna incassare o.gni giorno la media di 450 mila lire, cosa assurda nel maggior numero delle città. I prezzi delle poltrone so·no elevati perchè Eliseo, Valle, Quirino contano circa 900 •posti. Una poltrona da 1500 lire dovrebbe essere venduta a 2500, giacchè ta;nto essa costa fra teatro, compagnia, tasse e ,diritti d'autore. Occorrerebbero teatri d.a 3000 posti p,er 1 poter dare la poltrona a 200 lire; op·pure si d~ vrebbero obbligare gli attori a dar due recite giornaliere senza compe11so straordinario, come avviene nella Spagna e nel Sud America. Per giunta le Compagnie si rovinano coi viaggi. M.anca un premio ,per chi « batte la provincia » e, nella provincia, man•cano i teatri concatenati. Ai tempi del fascis1no fiorivano una quarantina ,di compagnie Prim.,arie) una diecina di Dialettali im,portanti, e circa settecento Compagnie Minime) cosi chiamate, sparse nei [48] Bibloteca Gino Bianco

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