ternazionali delle scene Amateur~) tenuti all'Aja e a Verona, io rappresen1:'avocirca quattromila istituzioni italiane che favoriscono i giovani nell'arte dilettosa del recitare. Altri paesi, come la Francia, l'Inghilterra, la German!a, l'Austria, la Spagna, vantano migliaia di filodrammatici. Anche all'estero il volontario teatrale è attivissimo. Per questo è stata .necessaria una Federazione Internazionale. Le scene dei dilettanti, origine del teatro, dopo che lo costituirono e mantennero per secoli, risultano, ancora ai nostri giorni, -la roccaforte del teatro. Sono le filodrammatiche a garantirci che questa no'bi1e arte non perirà. È fatto secondario cl1e il teatro non s1i:apiù un affare industriale. Tornerà ad esserlo quando esso sarà morto del tutto. Allora i costi torneranno ad adeguarsi agli introiti e la speculazione sarà di nuovo possibile. :Frattanto, a chi teme per le sotti della j:lJnticaarte scenica, la tranqu-illità viene dal volontarismo: un grosso m~ndo, ignorato dai giornali, ma organizzato e potente. La crisi del teatro non esiste presso gli spettatori, ma presso gli affaristi (affaristi-attori e affaristi-impresari). In America accade lo stesso. Negli ultimi anni, per dichiarazione del Delegato americano O'Conne1ly (l'autore di Verdi pascoli), negli Stati Uniti sono stati chiusi ventiduemila teatri. Ma sorsero, presso tutte le Università e presso Club d'ogni specie, infiniti gruppi di recitanti. Il Teatro Universitario americano sta, come mezzi, all'altezza di quello industriale e, come livello Ìlllte'llettuale, gli è superiore. In Italia non c'è città che non aspiri ad avere una Stabile di prosa. Si veri.fica spesso che la filodrammatica del luogo, rinforzata dai migliori elementi della provincia, e magari con la partecipazione di qualche attore professionista, si assuma il titolo di compagnia della città e venga aiutata dagli enti locali. Talvolta, ,nel favore popolare, essa riesce a fare le cose in grande. I due maggiori teatri dilettanti di Genova, con l'aiuto del Comune, si sono presentati ai Concorsi Nazionali, vincen-doli per tre volte. Il caso di eccellenti gruppi di amatori si ripete in molte città, raggiungendo a v0lte un livello artistico non inferiore a quello delle compagnie professionali. Il dilettantismo teatrale per fenomeno collettivo, nei maggiori e nei minori centri nazionali, rappresenta non soltanto l'aspirazio,ne di singoli talenti, ma la richiesta stessa del pubblico che alimenta la vita delle iniziative. I problemi del teatro volontaristico sono complessi, perchè i dilettanti non hanno mai potuto campare con l'arte. Posso aissicurarvi che persino alcuni celebri Arlecchini, Cassandrini, Pulcinelli, ri- . masti famosi nei secoli, facevano due mestieri: l'artigiano e il commediante (pagato o no). Allora le compagnie di giro a impresa priva~a erano scarsissime. Più frequenti erano le Sociali (cooperative), delle quali conserviamo i contratti fin dal Cinquecento. Soltanto se il Principe li assoldava> quegli attori percepivano una paga fissa dalla sola professione teatrale, avendo abbiandonato l'altra. Oggi « i1 l Principe » dovrebbe essere sostituito dalla collettiviità, [45] Bibloteca Gino Bianco
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