Nord e Sud - anno IV - n. 30 - maggio 1957

- sarà ovviamente necessario: 1) tener fermo a quel programma che ci consentirà di occupare 800.000 nuove unità lavorative nel Sud; 2) per correggere gli eventuali errori, specialmente quelli connessi alle previsioni di cui si t.iiceva, manovrare la leva dell'emigrazione transalpina, la quale, stando ai dati del 1955, confermati dalle prime indiscrezioni sul bilancio emigratorio del 1956 e dalle stesse previsioni correnti per i prossimi anni, è già andata, a nostro sollievo, oltre le previsioni formulate dal Piano Vanoni. Sbagliano perciò coloro che, ottimisti, dicono che si debba puntare solo sull'industrializzazione per risolvere il nostro problema di oocupazione e sottoccupazione; così come sbagliano coloro che, più pessimisti, affermano che si debba puntare .solo sull'emigrazione (si veda la posizione presa dall'on. Corbino al recente Congresso Nazionale del Rotary Club). Noi diciamo che non b,asta soltanto l'industrializzazione e non basta soltanto l'emigrazione ,a risolvere la questione agraria e la questione meridionale del nostro paese; che non si tratta di soluzioni alternative, ma .di soluzioni comple- , 1nentari; che l'una può trarre giovamento dalI'altra, e viceversa; che si devono creare le -città vicine là dove non ci sono città, ma solo capitali decadute (industrializzazione); e che si devono al tempo stesso collegare le nostre più sovraffollate campagne con le éittà lontane, transoceaniche e soprattutto transalpine (emigrazione); altrimenti tutto iI peso dell'esodo rurale verrebbe ~ gravare esclusivamente, e non anche, sulle città cisalpine. Questa trattazione del problema può apparire troppo schematica e s_embra affidarsi con soverchia fi1 ducia a talune formule. E per:ciò ci sarà consentito di prev~nire una obiezione che può facilmente sorgere da indicazioni già operanti. Ci siamo chiesti come correggere l'errore di previsione del Piano Vanoni da un punto di vista quantitativo. Ora dobbiamo chiederci come correggerlo se esso si .verificasse, invece o anche, sul piano qualitativo. Cosa avverrebbe ,cioè se a Torino, o in qualche altra città cisalpina, si verifi-~sse in -questi anni un affiusso tale da sconvolgere tutte le p•revisioni del Piano Vanoni? O meglio,_cosa avverrebbe se gran parte delle 600.000 unità lavorative previste dal Piano Vanoni come tra_sefribili nel decennio dal Sud e assimilabili dal Nord si presentasse alle porte di Torino, non si distribuisse cioè adeguatamente per le varie destinazioni possibili? E cosa avverrebbe se pure t1na parte delle S00.000 unità lavorative previste dal Piano Vanoni [20] Bibloteca Gino Bianco

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