dt1e esigenze: in primo luogo accelerare il passaggio dalla preindustrializ- . zazione alla indt1strializzazione per avere al più presto nel Sud delle realtà ' t1rbane più vicine, capaci anche di intercettare parte dell'esodo rurale meridionale; in secondo luogo, dirottare, o anche inoltrare, da Torino e dalle altre città cisalpine, verso altri centri della regione padana, o anche verso città più 'lontane, transalpine se non transoceaniche, quel flusso che non si può per ora frenare e che tende forse troppo rapidamente a salire. In che senso troppo rapidamente? Il fatto è che a questo punto, elaborata una diagnosi e affermato che in Italia si viene delineando un'inarrestabile redistribuzione della popolaziont e degli insediamenti umani, che rappresenta un grande fatto di civiltà, che tende ad allineare il nostro paese sui paesi più moderni e progrediti, che indica la linea lungo la quale si potrà risolvere la questione agraria; a questo punto, consapevoli di tutto ciò, dovremo volgere lo sguardo proprio alla città, definire che cosa concretamente intendiamo con questo termine, sollevare i cittadini da alcune legittime preoccupazioni, suggerire loro w1 atteggiamento responsabile in rapporto a certe reazioni, affiorate qua e là di fronte all'esodo rurale e che pure non esiteremo a definire razzistiche, quasi quanto quelle che abbiamo dovuto lamentare dall'Alto Adige. A questo punto insomma dobbiamo vedere se e come l'esodo rurale (non potendo essere per ora frenato) sia per lo meno canalizzabile nel migliore dei modi; e vedere, se e come ci si possa mantenere aderenti alle ipotesi formulate dallo Schema Vanoni, se e come si possano correggere gli eventuali errori di questo Schema. Noi sappiamo che, per ritmo e per ampiezza, la corrente migratoria che dal Sud conduce al Nord tende rapidamente a crescere. E conos·ciamo, d'altra parte le ipotesi formulate dal piano Vanoni. C'è una quota della emigrazione meridionale che dovrebbe essere assimilabile, anzi necessaria alla~ , economia del Nord (600.000 unità lavorative). C'è un'altra quota che dovrebbe passare i confini (300.000 unità lavorative dovrebbero emigrare dal Nord, ma 500.000 dovrebbero emigrare dal Sud). C'è infine una quota che dovrebbe occuparsi nel Mezzogiorno stesso, per effetto dell'accresciuta domanda di lavoro nell'industria e nei servizi (800.000 unità lavorative). Q,ueste ipotesi potrebbero essere forse, come già dicevamo, errate per difetto .. Comunque, perchè nel decennio l'emigrazione al Nord resti più o meno contenuta nei limiti delle 600.000 unità lavorative considerate assimilabili, [19] Bibloteca Gino Bianco
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