dalle regioni meridionali, che viene ad aggiungersi a quello che prende origine dalle regioni settentrionali e centrali, le quali, come abbiamo detto: a) hanno iniziato prima questo movimento; b) detengono ancora il primato della mobilità, rappresentano cioè un più alto quoziente di emigrazione, una più alta propensione all'emigrazione interna, correlativa a una più bassa propensione, rispetto al Sud, all'emigrazione oltremare. Tutto ciò non toglie che l'emigrazione meridionale verso la città settentrionale potrebbe assumere effettivamente dimensioni tali da tradurre in ulteriore disordine economico e sociale quell'esodo rurale che è una manifestazione di progresso civile. Diciamo subito che, mentre le percentuali più recenti danno esca a numerose preoocupazioni e forse già ne giustificano talune, le previsioni del Piano Vanoni non giustificano alcun timore. C'è un aspetto positivo dell' emigrazione meridionale anche per la città del Nord. Vi si faceva già cenno, a proposito dei manovali meridionali impiegati dall'edilizia torinese e dei contadini del Sud che vanno ad insediarsi nei poderi abbandonati da contadini del Nord (4 ). In una esemplare inchiesta sulla emigrazione meridionale a Milano, apparsa sui primi numeri de Il Giorno, nell'aprile del 1956, si leggeva poi una esplicita dichiarazione di un intelligente funzio11ario milanese (il dott. Mazzolani, direttore dell'Ufficio statistico del Comune) secondo il quale il movimento immigratorio « rimpolpa provvido l'ossatura del lavoro cittadino, ne assicura il ritmo e ne riempie i vuoti improvvisi >>; esso costituisce << la naturale riserva umana per il continuo progresso industriale di Milano»; e in definitiva « senza l'immigrazione, qualsiasi appendice superflua essa si porti, Milano muore». Alle << appendici superflue>> potremmo dedicare un intero studio. Qui ci basti dire che esse sono altrettanto inevitabili di certe torbide appendici che si proponevano di sfruttare la Resistenza; e chi volesse identificare l'emigrazione meridionale con que- ( 4 ) A questo proposito si legga su Prospettive Merid1:onali (febbraio 1957) l'eccellente articolo di Corrado Barberis circa la possibilità di organizzare un'azione pubblica per secondare e rafforzare un processo già avviatosi spontaneamente con qualche buon risultato: l'insediamento di contadini meridionali nei poderi appenninici e preappenninici abbandonati da contadini romagnoli e toscani. Si vedano pure le corrispondenze pubblicate da Silvio Negro sul Corriere della Sera nel mese di aprile, dove si legge un giudizio positivo - perspicace come tutti i giudizi di questo esperto conoscitore della << terra >> italiana - in merito agli insediamenti spontanei di contadini meridionali nei poderi dell'Appennino tosco-emiliano. [14] Bibloteca Gino Bianco
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