Nord e Sud - anno IV - n. 30 - maggio 1957

,correnti che portano addirittura alle città che si trovano dall'altra parte dell'Oceano. Ma ora è avvenuto che la città del Nord, per effetto della più rapida circolazione, è diventata più vicina; che la città transoceanica, per eff ett9 delle leggi restrittive (Stati Uniti) e delle difficoltà economiche (Sud America), salvo che per l'Australia, il Venezuela e il Canadà, è diventata più lo11tana; che la spinta all'esodo rurale, dovuta oggi più a1 l progresso del Sud che alla sua miseria (3 ), si è fatta più forte in queste nostre regioni; che, perchè sorgano città effettivamente vicine, nelle pianure stesse del Sud, ci vuole un certo margine di tempo e un gran·de impegno di tutto il paese; che nelle città stesse del Nord, e perfino nelle ,campagne (si pensi alla rìviera ligure e alle colline del Chianti, ripopolate rispettivamente da calabresi e da irpini), si manifestano certi vuoti nelle attività primGrieJdovuti alla promozione della mano d'opera locale alle attività secondarie e da queste alle terziarie. È avvenuto tutto ciò ed è per questo che l'emigrazione dal Sud al Nord ha preso a manifestarsi più vistosamente e la sua percentuale è salita, sale e salirà, come e forse più di quanto prevede lo Schema Vanoni. Questa emigrazione non è altro che la manifestazione dell'esodo rurale ( 3 ) Questo è un punto essenziale sul quale non si devono accreditare ulteriori ,equivoci. Ha perfettamente ragione Rossi Doria, che, nella sua risposta all'inchiesta dell'Espresso, scrive che, <<quando, tra il '22 e il '25, Mussolini osò cancellare il termine di questione meridionale dal nostro vocabolario politico, il Sud appariva ed era molto più fermo e quindi meno scomodo di oggi ». Oggi tutto è in movi..: mento, conél ude Rossi Do ria. E pertanto lo scritto di Salvernini - che risale al 1899 I ed è in polemica con i positivisti che asserivano che il Sud è una <<società pietrificata» - conserva sì grande attualità; ma, ripubblicandolo con certi titoli (<<Ora come mezzo secolo fa: una società pietrificata »), l'Espresso sembra attribuire a Salvemini la definizione positivistica del Sud come <<società pietrificata>>. La quale, proprio secondo Salvemini, non era vera allora e meno che mai è vera oggi: si veda, nella ultima edizione degli Scritti sulla questione merid1:onale, Io studio su <<Molfetta 1954 »: <<se chiudo gli occhi per rievocare le condizioni di 60 anni or sono, e le confronto con quelle di oggi, mi sembra di vivere in un mondo nuovo». Il fatto è che anche la politica di intervento di questi anni produce i suoi effetti; e troppo spesso ci si atteggia di fronte a essa secondo valutazioni tipicamente qualunquistiche, come quella, per esempio, dello studente di Biella che ha scritto ad Arrigo Benedetti che il maggior risultato della politica meridionalista sarebbe stato quello di <<creare schiere di fannulloni in uffici pubblici che pesano sui bilanci e quindi su tutta la • nazione>>. [13] Bibloteca G'ino Bianco

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