Nord e Sud - anno IV - n. 30 - maggio 1957

diretto da lui nè sfocia in lui, ma copre il suo impervio cammino sotto l'aureola del prestigio personale di 1 ui. N agy, insomma, è alle prese con una situazione di cui neppure gli agitatori hanno chiara la via d'uscita. Qualche esigua minoranza di destra, il cardinale, Dudas, forse Tildy, hanno le idee semplici e sbrigati ve della pura e semplice restaurazione. Ma la stragrande maggioranza dei lavoratori, i contadini, i soldati, gli studenti, non si propongono un fine positivo determinato. Il loro obiettivo è negativo e però s'identifica soprattutto (questa mi pare la conclusione decisiva) nel partito comunista conie tale: non l'involuzione stalinista, non i Farkas o i singoli aguzzini: ma il comunismo come apparato politico, se non come struttura sociale. I capi comunisti ca.. duti in disgrazia presso Rakosi trovano la loro giustificazione politica agli occhi degli insorti nel fatto non solo di aver dissentito dal gruppo dominante, ma di esserne stati crudelmente preseguitati, sicchè appaiono vittin1e del comunismo, più che leaders di una frazione interna di esso, sia pure democratica. La denunzia del patto di Varsavia, stava precisamente a significare il ripudio della macchina politica del comunismo internazionale e l' acquisizione di un' autonomia nazionale a tinte nazionalistiche. Senonchè qui appariva la sostanziale differenza tra la situazione ungherese e quella polacca: giacchè in quest'ultima, salva restando la solidarietà internazionale con l'Oriente, non si faceva che sciogliere, per così dire, liberare, un amalgama che era confluito 111a non si era annullato nella coalizionè aì potere; laddove in Ungheria si pretendeva da un lato di rompere quella solidarietà e dall'altra di ricreare d'impeto le condizioni di una lotta politica venuta meno del tutto nelle sue scaturigini sotto l'uniforme coltre comunista: lì un dislocamento, un disgelo; qui un' esplosione sotto una calotta di cemento armato. Ma è qui appunto l'insegnamento profondissimo dei fatti ungheresi: giacchè non è il peso della calotta, ma la sua struttura quella che genera l'esplosione: ossia, fuor di metafora, non è il << metodo » tirannico del comunismo a provocare la reazione bensì la configurazione stessa del comunismo, di per se stesso tirannide: vizio di partenza, non di svolgimento; carenza di origine, non di effetti. Onde profondamente da meditarsi e fervidamente da sottoscriversi, al di sopra del loro contingente, eppur altissimo, potenziale politico, sono le parole che Pietro Nenni si sente di poter dettare come suggello della mossa, tormentata indagine del suo collaboratore: << La conclusione da trarre è che senza vita democratica delle masse, senza garanzia di libertà individuale e collettiva, tutto si corrompe, anche le istituzioni sorte dalle rivoluzioni proletarie». La pubblicazione e il lancio di questo libro del Fossa ti da parte di un editore come l'Einaudi, la prefazione che ha vo1 uto dettare per esso Pietro Nenni, il successo che al voiurne ci sembra stia arridendo, sono tutti sintomi molto significativi della forza di penetrazione della verità nelle coscienze, oltre che della diminuita efficacia delle semplicistiche interpretazioni comuniste negli ambienti intellettuali e 'borghesi. Questa « testimonianza di un socialista » è oltre tutto il documento di una insanabile rottura, del [122] Bibloteca Gino Bianco

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