Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO IV * NUMERO 29 * APRILE 1957 Bibloteca Gino Bianco
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• I Rivista mensile diretta da Francesco Compagna " Bibloteca Gino Bianco
SOMMARIO r Renato Giordano Nellò Ajelfo N.d.R. Antonio Marando Leonardo Sacco Ferdinando Isabella Editoriale [ 3] Le obiezioni ai Trattati [ 6] ~ Il settimanaledi attualità (III) [20] . GIORNAT,E A PIÙ VOCI Divergenze [ 61] L'industrializzazione in Tribunale [63] Scheda comuna/.eda Matera [ 67] Dieci anni e centomila aule [71] DOCUMENTIE INCHIESTE Mario Unnia Meridionali a Torino _[78]· PAESI E CITTÀ Roberto Berardi Lecce: economia, politica, cultura [86] Tullio De Mauro Gundolf, Zolla Pietra, Wainstein Una copia L 300 • Estero L. 360 A.hhonamentl 1 Italia annuale L. 3.300 semestrale L. 1.700 E.tero annuale L. 4.000 1emeatralo L 2.200 Nord • Sud e Nuova Antologia Italia annuale L. S.500 Estero » L. 7.500 Effettuare I Ter881Dentl ml C.C.P. n. 3/34,552 lnteltato a Arnoldo Mondadori Editore • MIiano LETTERE AL DIRETTORE [ 111] CRONACALIBRARIA Lukacs e la critica marxista [121] LETTERESTRANIERE [ 124] , DIREZIONE E REDAZIONE: Napoli - Via Carducci, 19 - Telefono 82.91& SEDE ROMANA 1 Via Mario dei Fiori, 93 • Telefono 687.771 DISTRIBUZIONE E ABBONAMENTI Amministrazione Rivista Nord e Sud Milano - Via Bianca di Savoia, 20 Tel. 35.12. 71 Biblioteca Gino Bianco ' • ,.
Editoriale Il vice-presidente degli Stati Uniti, Nixon, ha interrotto a metà marzo il suo periplo africano, per fermarsi due giorni a Roma. E prontamente qua/,cunoho sottolineato come in questa sosta dell'uomo di st~ americano vi fosse in rea/,tàuna designazione: la designazione cioé dell'Italia come 1ia- ~ione mediterranea par excellence, come la nazio1ieche per posizione geografica e politica avrebbe un'eminente funzione medio-orientale e nord-africana. Lasciamo stare il fatto che un quotidiano milanese che si voleva al suo sorgere progressista,abbia sfoderato (o ritrovato?) il vecchio linguaggio del fasdsmo ed abbia -p,arlatodi « missioni africane » e di << lavoro italiano in Africa». Lasciamo stare cioé che vi sia qualcuno il quale per di... fendere non si sa bene quali interessi finga di insorgere a tutelare i sac~i~ interessidell'Ita/,ia.Per fortuna le parole, gli articoli di un giornalista in vena di cangiamenti non ha1ino molto peso sulla politica itali·ana~Il dato veramente grave della situazione è l'atteggiamento del partito di maggioranza relativa, è l'inquietudine che circola nel mo·1idocattolico, è l'imbarazzo e la contradditorietà della politica estera italiana negli ultimi mesi. Questa è una storia che è cominciata in agosto con la crisi di Suez ed . è continuata monotona ed eguale per tutti i mesi successivi, fino ad oggi. l~i ricordino gli attacchi del Popolo per l'astensione ita/,ianaall'ONU in occasione del dibattito sull'Algeria; gli articoli del medesi1no Popolo sul Mercato Comune, al momento in cui il Presidente del Consiglio era a Parigi a trattare, e che negli ambi,enti governativi furono definz.ti addirittura una « pugnalata alla schiena» e che comu1ique erano segno di un degradato costume politico; si ricordino i numerosi discorsi dell'onorevole segretario della Democrazia Cristiana. Si aggiunga infine il massiccioattacco che la Civiltà Cattolica ha creduto di dover fare ai trattati europei. [3] \ iblioteca Gino Bianco \
L'impres~ione che noi stess1:avemmo qualche mese fa e che dicemmo in questa rivista schiettamente - dando luogo a uno sfogo di malumore del Popolo contro di noi, che, lungi dall'aver « perso la bussola», non altro chiedevamo che una franca discussione ed una presa di posizione - ha trovato negli ultimi tre m,esi abbondanti co,nferme. Il Governo della Repubblica Italiana ha una sua politica estera; la segreteria della D.C. ha, o sembra avere, un'altra politica estera. Il Presidente del Consiglio e il Ministro degli Esteri negoziano e firmano i trattati europei; altri sen:i,branoessere intesi a preparare una politica che è in contraddizione con quella seguita e realizzata dal Governo. Non soltanto l'europeismo della segreteria e del giornale del partito di maggioranza relativa appare sempre più intiepidi~o; risulta intiepidito, anche se non appare, pure l'atlantismo. L'alleanza atlantica, cioé nell'ambito stesso della D.C., sembra degradata a mera alleanza militare e ad essa pare si voglia sostituire un'altra allenza, quella bilatera/,e dell'Italia co1 n gli Stati Uniti; in virtù della qutde al nostro paese si attribuirebbe il ruolo di brillante secondo delle operazioni americane nel Medio Oriente. Ed è appena necessario aggiungere che il non ultimo difetto di una concezione del genere è quello di essere stata inventata a Roma .e non a Washington. Qual'è la conseguenza necessaria di una siffatta concezione? E' quella di smorzare il più possibile l'accento europeistico della politica estera italiana. I trattati si sono firmati è vero; ma po.trebbero anche essere svuotati. Perché è ,ovvio che trattati co,me quelli del Mercato Comune e dell'Euratom, che son cose rivoluzionarie nella torpida Europa dei nostri giorni, valgono per la volontà con cui ci si fa ad applicarti. Saremo innanzi, così, alla liquidazione sotto costo della politica estera di De Gasperi. Qualcuno penserà forse che taluni autorevoli democristiani italiani, europeisti ieri, non lo siano piu oggi perché a Bruxelles o a Parigi non sono piu al governo i" cattolici. Se cosi fosse veramente, questi democristiani darebbero prova di infantilismo politico senza pari: poiché i cattolici che non sono a/, governo a Parigi, ad \esempio, non sono per questo meno 1europeisti; ed altri catto-- lici che sono al, governo, quelli di Bonn, ad esempio, neppure essi sono diventati meno europeisti. E meno ancora, gli uni .egli altri, si sono scoperta una vocazione demo-musulmana, come l'organo ufficiale del partito di maggioranza relativa in Italia. I nostri lettori sanno benissimo che noi non namo affatto avversi per [4] Bibloteca Gino Bianco
,partito preso ad una politica di impegno africano; ma sanno anche che noi non consideriamo realisticae conducente, non consideriamo conforme agli interessi del paese, una politica di impegno italiano in Africa. Vi è la necessitàdi una politica di impegno comune europeo nell'Africa del Nord (e l'articolo sul Mercato Comune di Renato Giordano che si legge piu avanti segna la nostra posizione a questo -proposito), cosi come vi è la pecessità di un impegno comune euro-americano nel Medio Oriente. Vi è una politica euro-africana; non vi è, né vi può essere, una poli.ticaitaloafrièana. Qui è in effetti il centro del problema: ed in questo sen~o dicevama sopra che i Trattati sono stati firmati, ma potrebbero anche essere svuo-1, tati. Poichè non può non essere considerato un motivo d'allarme il fatto che la Segreteria, l'orgatio ufficiale, l'agenzia ufficiosa del partito di maggioranza relativa assumano atteggiamenri da fautori di una politica di impegno nazionale nel Medio Oiriente,quando addirittura non da superatori dell'europeismo: si ricordino certe note dell'Agenzia Italia che non pos:Sono ora non essere messe z'n relazione con la presa di posizione della Civiltà Cattolica. Si dirà che però ora, partito Nixon e venuti Adenauer e gli altri, si è avuta una rassicurantemozione della D.C.: di plauso ai Trattati, di rivendicazi·onedei propri trascorsi europeistici, di impegno a perseverare sulla strada di De Gasperi,ecc., ecc.Ma la politica si 1nisuranon tanto sue cose che si dicono quanto su quelle che si fanno. E mentre, come si è visto, se ne sono dette tante, e a seconda delle occasioni,le cose che si fa12no sono ancora minate dalle contraddz'zioniche abbiamo esposte. l5J Bibloteca Gino Bianco
Le obiezioni ai trattati di Renato Giordano Mano a mano che per l'Euratom e per il Mercato Comune ci si è avvicinati alla firma dei Trattati, si sono venute moltiplicando le critiche degli avversari e anche quelle degli amici: alcune dirette alla validità stessa dei Trattati, altre rivolte ad aspetti di essi, principali o secondari che siano. Qusta nota non si propone di esporre il contenuto dei Trattati stessi, ma di mettere in luce il loro valore ed i loro limiti, prendendo spunto proprio dalle prese di posizione più significative che si sono avute, in sede critica, nelle ultime settimane. Vediamo innanzitutto le critiche di fondo. I comunisti affermano che si sta costruendo un'Europa unita, legata al ·blocco atlantico ed in funzione del colonialismo francese. Naturalmente tali critiche sono condite con tutta una serie di altri ingredienti, mescolati alla rinfusa, e ~<lottati con il criterio del caso per caso - dato che sono spesso in inguaribile contraddizione tra di loro - èome la polemica contro i nostri monopoli e l'affermazione .che tutta l'Europa sarà tra poco ai piedi dei monopoli tedeschi, il pianto sulla nostra agricoltura indifesa e l'indignazione per la mancata creazione di un'area di politica economica realmente unificata, ecc. ecc.; noi ci soffermeremo sui motivi polemici << costanti» non senza rilevare che salvo qualche caso finora isolato (come, per esempio, il truculento articolo di F. Calamandrei, di cui parleremo tr,a poco), il P.C. adotta un tono abbastanza moderato, forse con l'intenzione di assimilare quanto più è possibile la sua posizione a quella del P.S.I., che ha avanzato in generale riserve affini. Non abbiamo nulla da obiettare all'idea che il Mercato Comune e l'Euratom favoriscano il rafforzamento della Comunità atlantica: riteniamo, [6] Bibloteca Gino Bianco
' anzi, che il consolidamento dei rapporti tra Stati Uniti ed Europa occide11tale sia una delle ragior1i fondamentali della politica europeistica. Nord e Sud ha insistito già molto su questo punto perchè sia il caso di indugiarvi 11lteriormente. Bisognerà, se mai, sottolineare i fatti nuovi, che ci rafforzano nella consapevolezza della serietà di questa posizione. Ai tempi della battaglia per la C.E.C.A. e per la C.E.D. le r,agioni dell'appoggio statunitense allo sforzo di integrazione europea potevano apparire - o potevano essere qualificate - di natura essenzialmente militare. Oggi, invece, risalta con tutta chiarezza l'aspetto politico-economico della collaborazione euro-americana. Dalle dichiarazioni fatte dai « Tre Saggi>> dell'Euratom, ed in particolare in Italia dal prof. Giordani, risulta che il programma di sviluppo dell'energia nucleare previsto per il 1967- sebbene sia stato definito << ambizioso >>dagli esperti del Governo di Washington al termine della visita dei << Saggi >> - non servirà a sostituire l'impiego delle fonti di energia convenzionale, ma soltanto ad integrare il crescente fabbisogno. In altri termini, i. 75-90 miliardi di K w h. previsti - sia pure con molta approssimazione - come i:l risul(ato del massimo sforzo di produzione atomica possibile in Europa non ci dispenseranno dal continuare ad importare le enormi quantità, che già oggi importiamo, di carbone e di petrolio; ci permetteranno soltanto di non accrescere le nostre importazioni, o peggio ancora di non dover arrestare la nostr,a espansione produttiva in caso di . sopravvenute difficoltà, che rendessero impossibile il richiesto aumento di • • • 1mportaz1on1. Tale programma di produzione atomica è reso possibile soltanto dall'offerta del Governo di Washington di mettere a disposizione dell'Euratom i materiali fissili necessari (nella misura di poco meno di 20 tonnellate di uranio arricchito). Senza l'aiuto americano, in campo nucleare, in Europa sarebbero possibili solo le polemiche sul tipo di reattori da impiantare per permettere, in avvenire, la produzione dell'energia atomica. D',altra parte, però, il Governo degli Stati Uniti non cede il suo combustibile nucleare soltanto per favorire il sorgere dell'industria atomica in Europa, ma anche perchè il bassissimo costo dell'energia elettrica in U.S.A. non permette --=-e non permetterà per parecchi; anni ancora - un'utilizzazione a costi economici dell'uranio ,arricchito: ~i dçtermina quindi un tipico caso di complementarietà tra l'~conomia americana e quella europea. Inoltre [7J Bibloteca Gino Bianco
, l'introduzione su vasta scala in Europa di un'industria elettro-nucleare permetterà la sperimentazione di nuovi tipi di reattori, e, più in generale, consentirà tutta una serie di nuove esperienze tecnologiche, di cui gli Stati Uniti potranno profittare, quando essi stessi giungeranno alla fase di una applicazione generalizzata dei reattori all'industr~. Per questo motivo, nel comunicato conclusivo appena ricordato, si ven- · tila la possibilità di un'associazione statwiitense all'Euratom. Sarebbe questa la prima volta che un rapporto di associazione verrebbe stabilito tra · il Governo americano ed un qualsiasi Governo o Ente europeo. Presso la C.E.C.A. esiste, infatti, solo una «missione» americana, mentre sono gli inglesi ad avere stabilito un'associazione, data la misura inten~ e costante degli interscambi tra Londra e Lussemburgo. Non è difficile prevedere che i comunisti, quando si accorgeranno della possibilità dell'associazione, proclameranno il completo asservimento dell'Europa ali'America: ma potranno essere facilmente smentiti, perchè l'Euratom è il solo mezzo che consentirà ai Paesi europei di sfuggire al pericolo di una grave situazione di inferiorità di fronte ~!l'America. Infatti, se gli Stati Uniti dovranno trattare con i Governi e con le ditte dei singoli Paesi, essi sottoporranno la cessione dell'uranio arricchito a condizioni di ' controllo estremamente rigide; se invece i. Paesi europei tratteranno attr,averso l'Euratom, tutto lascia prevedere che il Governo di Washington non solo affiderà all'Euratom stesso tutti gli obblighi di controllo, ma forse rinuncerà anche alla restituzione delle barre di plutonie: l'Euratom è cioè un impor~nte mezzo per i paesi europei di sfuggire al pericolo di « satellizzazione». Quanto al Mercato Comune, poi, l'atteggiamento americano deve avere seriamente sorpreso i comunisti di casa nostra. Essi avevano difatti a più riprese messo in luce l'ostilità, manifestata da ambienti americani, all'idea che il mercato comune venisse protetto all'esterno da una tariffa doganale unica. La creazione di un'aria economica ci,rcondata da una tariffa preferenziale, presenta certi caratteri discriminatori che evidentemente danneggiano ,alcuni interessi americani e non rispettano i canoni ·della ideologia tradizionale del libero commercio. È accaduto, tuttavia, che, quando i Governi dei Sei Paesi della C.E.C.A. hanno deciso la formazione di un'arCia economica protetta, il Governo di Washington ha riconosciuto la giustezza di questo criterio ed ha mantenuto [8] Biblioteca Gino Bianco
il suo appoggio al progetto di Trattato. La tariffa doganale ali' esterno risponde infatti alla necessità, da una parte, di impedire improvvise rotture in Paesi ad alta protezione doganale (come la Francia e l'Italia), consentendo loro di concentrare gli sforzi in quei settori nei quali dovranno reg- . gere la concorrenza degli altri Paesi-membri del mercato comune,. e dall'altra parte di fornire alla « piccola Europa>> un fattore di caratterizzazione e di differenziazione rispetto agli altri Paesi, un minimo comune denonii11atore,che serva a promuovere l'interpenetrazione commerciale ed economica tra i sei Paesi, ad assicurare cioè il successo del Mercato Comune. Gli Stati Uniti hanno del resto un passato (ed un presente) protezionista, che risale al famoso Hamilton Report del 1791, autentico classico del pensiero federalista-protezionista, e non hanno bisogno di apprendere da fonti straniere le ragioni della moderata protezione industriale di una nuova area federale. I comunisti, invece, allevati alla scuola della parità dei rapporti economici tra i Paesi satelliti dell'Europa orientale e l'U.R.S.S., hanno rinunciato a capire, ed hanno semplicemente cambiato il tasto nella loro difficile propaganda. Per una volta quindi sia~o d'accordo con il P.C.I. nel considerare i Trattati europei strumento di rafforzamento della Comunità Atlantica. E veniamo all'accusa del colonialismo: << europeismo e ghigliottine», per citare· Franco Calamandrei (l'Unità, 12 febbraio). I comunisti, si sa, sono sempre assai solleciti della libertà e dell'indipendenza dei popoli, detestano i metodi tirannici di governo, considerano l'oppressione armata, i metodi di p·olizia e di sterminio strumenti di governi reazionari da combattere con tutte le forze. Questo spiegà il loro entusiasmo per N~sser e l'attuale condanna di Israele, la loro solidarietà con i ri,belli algerini e l'intransigente esecrazione di cui coprono il Governo francese. « Si crede che il popolo algerino - tuona il Calamandrei - sarà più disposto a rinunciare alla propria indipendenza, quando lo sfruttpmento della sua terra sia esercitato non dalla sola Francia, ma da ~Itri paesi dell'Europa occidentale?... Ciò, a cui l'Italia sta per essere impegnat;i, con l'associazione dell'oltremare al mercato comune... è il disperato tentativo di perpetuare un'oppressione coloniale che offende la civiltà! >>. Se la polemica anticolonialistica fosse condotta solo dai comunist1, la nostra risposta sarebbe fin troppo facile: basterebbe indicare il plauso de l'Unità al massacro di Budapest. Ma, sia pure con tono diverso, remore anti- , [9] Biblioteca Gino Bianco
colonialistiche sono state sollevate a proposito dell'associazione dei Territori d'Oltremare, non solo dal P.S.I., ma ,anche da esponenti del centro democratico e dal Popolo. Tanto che il Calamandrei si è rivolto direttamente all'on. Fanfani per chiedergli se sulla base delle « prediche contro il colonialismo», ripetute nel Consiglio Nazionale d,c., non a·bbia « nulla da obiettare al fatto che il Governo del suo partito avalli con la firma di un trattato le ghigliottine di Costantina e di Orano >>. Non c'è dubbio che l'assoc~azione dei T.O.M. al Mercato Comune sia un passo verso una maggiore solidarietà o - se si perf erisce - corresponsabilità dei paesi europei verso la Francia in relazione alle sue colo11ie africane. Si tratta di vedere se tale partecip,azione sia un fatto negativo, o positivo. Gli aspetti negativi denunciati sono sostanzialmente due: quello economico, e cioè la diversione in Africa di capitali, che dovrebbero altri1menti essere destinati al nostro Mezzogiorno; e quello politico, vale ,a dire il nostro identificarci, agli occhi degli africani, con i francesi; l'idea, quindi, che il Calaman·drei riassume nell'immagine degli italiani e dei tedescl1i che si adattano ,alla parte di boia per azionare la ghigliottina francese. A voler esaminare gli aspetti economici del problema, quelli che Le Monde ha più giustamente definito <<contabili>>, ci si accorge che il malcontento non è solo dei « partners >>della Francia, ma anche d-eifrancesi. I qu,ali osservano che la media delle somme nette che la Francia riceverà nel << periodo di p,rova » eurafricano ammonta a 21 mi,liardi di franchi l'anno, mentre ne sborsa attualmente 175 per i soli investimenti economici e sociali: la montagna (dei dossiers spulciati dagli esperti, e poi dai Ministri degli Esteri, e poi dai Presidenti del Consiglio) ha dunque partorito un topolino ... _Ma quello che .conta è il problema generale, politico. La Francia è profondamente legata al suo destino africano. Le maggioranze francesi, per fragili e mutevoli che siano, si ricostituisco110 e si consolidano qUiando si tratta di sostenere la presenza francese in Africa. Perfino François Mauriac e perfino Claude Bourdet hanno sostenuto, l'uno sull'Express,, l',altro su France-Observateur) che gli algerini non debb,ono chiedere l'indipendenza, ma la collaborazione con i francesi. Tutti i progetti, i più disperati, riass~.. riscono con fermezza la necessità che i francesi rimangano in Africa. In un recente, lucido editoriale, la Neue Zurcher Zeitung ha citato, come com.. [10] Bibloteca Gino Bianco
pendio delle sue preoccupazioni, un articolo del settimanale protestante francese Réforme.~ che si conclude con l'affermazione che il giorno in cui si giungesse al ritorno « di un milione di francesi disperati dal Nord Africa, allora tutte le avventure sarebbero possibili >>. Ma una tr~gedia della Francia è anche una tragedia dell'Europa. Se si verifica una grave crisi al di là delle Alpi, l'Italia o la Germania non· possono evitare di subirne le ripercussioni profonde. Questo è il centro del problema. Se la· politica europeista non è la stanca ripetizione di u~a formula polemica e propagandistica, e nasce invece dalla profonda convinzione che l'unità europea è il solo mezzo per salvare i nostri plaesi dalla decadenza, allora l'Italia e la Germania possono sperare di avere un avve11iresolo se la Francia avrà un avvenire. Occorre dunque costruire insieme il nostro futuro, occorre mettere in comune non solo le nostre risorse., ma 3.nche i nostri problemi, per difficili che ne siano le soluzioni. Non si dimentichi che le ragioni del tragico antagonismo fran,co-tedesco stanno cadendo l'ur1a dopo l'altra. Non è piu un motivo di conflitto la Saar, e le colonie, un tempo oggetto di tutte le cupidigie, sono oggi considerate sì un IJeso da sostenere, ma hanno cessato di essere fonte di divisione e di con-- flitto. Un peso da sostenere, cioè una responsabilità da assumere: l'Eurafrica rappresenta, infatti lo sforzo che mira a consentire che l'evoluzione dei Paesi africani si verifi,chi nell'orbita europea ed occidentale, e ad evitare che segua i pericolosi sentieri di un nazionalismo incontrollabile, dietro cui si nasconde più o meno apertamente la diplomazia sovietica. Oggi si parla molto di << rivoluzioni nazionali» afri~ane contrapposte al << colonialismo » : ma - come si legge in una chiara lezione di « semantica politica >>, apparsa su Il Muli'no - << il nazionalismo è soltanto la diversione sentimentale di cui si servono le oligarchie militari per assodare il loro potere e per deviare le masse dalle loro esigenze economiche e sociali >>; e la difesa delle posizioni << colonialistiche >> si identifiqi con la lotta condotta dalle potenze occidentali, per bloccare lo sforzo eversivo - diretto o indiretto - dell'Unione Sovietica. L'Europa deve, dunque, cercareed affermare la via del suo avvenire anche in Africa, get~ando le basi di una crescente interpenetrazione economica. Le Monde; discutendo la riluttanza tedesca ad impegnarsi finanziariamente nei T.O.M., ha osservato che attualmente la Germania importa dal solo Messico l'equivalente di tutte le importazioni dall'Africa francese, ed esporta verso l'Argentina il doppio. [11] Bibloteca Gino Bianco ..
Con il passare del tempo, si verificherà un .nuovo orientamento del commercio estero, e nuove correnti di scambio commerciali, più consone agli interessi europei, si verranno determinando; in modo che la Germania non avrà ragioni economiche per tagliare i ponti con l'Africa, mentre in p,ari tempo avvertirà che dal punto di vista politico una denuncia degli impegni equivarrebbe ad una ritirata politica. << E la Francia - continua Le Monde - impegnata in una tale iniziativa, non sarà ancora più sensibile alla necessità di realizzare presto un nuovo equilibrio oltremare e di raggiungere i sentieri della pace in Algeria ? A che serve battersi con acc.animento intorno ad un tavolo per ottenere qualche miliardo in più dai vicini europei, quando il dramma algerino inghiotte circa venti volte la somma da essi concessa in media ogni anno? >> ( 1 ) Queste ci sembrano le ragioni che mi1ita11:oin favore dell'associazione dei Territori di Oltremare al Mercato Comu11e.Alle ragioni << conta1 bili » ed alle preoccupazioni «colonialistiche», noi opponiamo la speranza che l'Associazione segni la data di nascita dell'Eurafrica (2 ). Si possono beninteso condividere le riserve, esposte su Il Mondo da Aldo Garosci; il quale ha sottolineato che gli investimenti nei T.O.M. implicano una decisione politi,ca e che << le cose sarebbero diverse se l'amministrazione di questi investimenti fosse di competenza di un potere federale, che riposasse sulla libera elezione » ; solo che allora bisognerebbe aggiun .. gere che, se il merCiatocomune fosse retto da un potere federale, non solo l'associazione del T.O.M. si realizzerebbe diversamente, ma il Trattato stesso del mercato comune sare'b·beuna cosa molto diversa (cioè, molto più completa) di quel che non sia oggi. La scelta, che oggi siamo chiamati ~ compiere, non è fra il Trattato così com'è ed un Trattato istitutivo di autentici ( 1 ) La Deutsche Wirtschaftszeitung, nel suo com1nento negativo all'associazione dei T:O.M., ha ricordato che Adenauer ha fatto comprendere, prima e durante i negoziati, che egli attribuisce poca importanza ai dettagli dei trattati, ma crede nel dinamismo degli eventi che farà sorgere una conìunità europea estendentesi progressivamente all'Africa. ( 2 ) Durante il recente_viaggio di G. Mollet negli Stati Uniti qualche giornale ha fatto trapelare la notizia di una proposta francese tendente ad ottenere la partecipazione di capitale americano al fondo T.O.M. Sebbene sia mancata una conferma ufficiale, ci sembra che l'idea, se sarà ripresa, potrà schiudere nuovi orizzonti alla collaborazione atlantica. [12] Biblòteca Gino Bianco
poteri federali, ma fra il Trattato così com'è, cioè tra questa premessa e questa speranza, e lo « status quo>>.Bisogna scegliere il Trattato così com'è, cogliendone il significato fondamentale, la politica che esso tende ad esprimere ed ,a realizzare. E ci pare che l'amico Garosci concordi in questo giudizio. Considerazioni a parte merita l'articolo che l'on. Riccardo Lombard~ noto come uno dei più impegnati autonomisti del P.S.I., ha pubblicato sulI' Avanti! del 26 febbraio: <<Il mercato comune: una speranza e due illu- • • SlOnl >>. Diciamo, innanzitutto, che l'on. Lomb,ardi ha avuto il merito di rispar-- miarci la polemica con la politica dei blocchi e con il « colonialismo ». Sgombrando cioè il campo da pregiudiziali ideologiche e venendo a discutere gli aspetti economici del Trattato, l'on. Lom·bardi ha fatto un pie1sso in avanti. Ma, subito dopo, il deputato socialista ha preferito fermarsi, insistendo molto sulle illusioni, e accennando vagamente alla speranza. Le <<illusioni», lamentate dall'on. Lombardi, sono due: <<la prima che la Comunità delle sei nazioni costituenti la piccola Europa abbia struttura economie.a paragonabile a quella degli Stati Uniti di America da un lato e dell'Unione Sovietica dall'altro ... ». La seconda illusione è che la riduzione prima, e l'abbattimento poi, delle barriere doganali, dia luogo ad <<un mercato libero, nel quale cioè il gioco competitivo sia assicurato in condizioni di massima libertà di concorrenza e regolato solo dai costi e dai prezzi ». Si tratterebbe di <<illusioni», perchè il Trattato non prevede la effettiva possibilità di una politica economica comune che <<assicuri l'equilibrio • della bilancia dei pagamenti», garantisca « un mercato coscientemente regolato ed organizzato da forze democraticamente responsabili (governi e parlamenti)» ed impedisca <<un mercato affidato a forze irresponsabili (monopoli e cartelli)». << Il vero obiettivo e nello stesso tempo la reale condizione per la creazione del mercato europeo non è di rimuovere le barriere doganali, bensì di rendere compatibili fra di loro i diversi piani di sviluppo nazionale in larga misura contrastanti e concorrenti... È la costituzione di un'Europa... capace di organizzare una propria economia per massimizzare il reddito ..., sollevare le aree depresse, promuovere il benessere delle grandi masse popolari, che costituisce la speranza dei socialisti, il contenuto per essi valido di un europeismo altrimenti troppo scopertamente subdolo ed equivoco. Tanto più e meglio, quanto più va prendendo concretezza la [13] Bibloteca Gino Bianco
fiducia che le forze socialiste europee possano essere in un prossimo domani quelle cui toccherà il compito di maggiore responsabilità nell'esecuzione di tale politica ». È un peccato di non poter concedere all'on. Lombardi il ruolo del realista che richiama ai fatti gli illusi. In verità ci tocca capovolgere l'impostazione, ed obiettare al deputato socialista che il fatto che << la piccola Europa abbia struttura eco11omicaparagonabile a quella degli U.S.A. >> può essere stata un~illusione sua, e non certo di coloro che hanno negoziato - o appoggiato - il Trattato. Nessuno degli europeisti pensa seriamente che, , appena varato il mercato comune, avremo un'area di politica economica unificata. Noi diciamo semplicemente che la firma del Trattato getta una premess~, che noi dobbiamo impegnarci negli anni futuri a sviluppare e ad approfondire. Ed è certamente ingiusto dire che il mercato comune altro non è che un'unione doganale, proprio perchè tutta una serie di impegni - quelli che si suole definire misure positive ( e cioè, la Banca degli Inve- · stimenti, il Fondo di riqualificazione, la lotta contro i monopoli, l'eliminazione delle discriminazioni dei trasporti, l'armonizz,azione dei carichi sociali e fiscali, ecc.) - dimostra che c'è un'impostazione chiaramente volta alla creazione di un'area economica unificata. Se non si è ~ndati al di là di un'impostazione, lo si deve alle ben note opposizioni politico-parlamentari - sopratutto in Francia - che av'rebbero bocciato sul nascere ogni possibilità di << rilancio europeista >>. Fin qui, tuttavia, si potreb·be sperare di trovare qualche punto di accordo con l'on. Lombardi, una volta assodato da quale p,arte siano le illusioni e gli illusi; anche se si rimane sorpresi di fronte alla secca (e p,arentetica) osservazione relativa agli organi che dovranno creare l'area di politica economica unificata, « lasc~ando da canto per il. momento la questione della loro eventuale sopranazionalità >>. È possibile che r on. Lombardi non si renda conto che la sopranazionalità è il solo metoclo che p·ermetta l'unili• cazione delle politiche economiche degli Stati-membri? E se non si abolirà con le leggi federali, con la visione economica unitaria di un· Governo federale, con che cosa si abolirà « il particolarismo ec,onomico dei diversi Stati » ? Il discorso diventa, tuttavia, estremamente vago e poco comprensibile quando il depu~ato socialista scrive: << I socialisti respingono perciò la falsa scelta per l'Europa o contro l'Europa, fino a che essa si concreti in una scelta fra l'accettazione e la ripulsa di un trattato di cui nessuno fin' oggi è in [14] Bibloteca Gino Bianco
grado di poter apprezzare responsabilmente il contenuto ed il signific;ito ». Il significato del Trattato è chiaro, e da tempo, a tutti gli europeisti: un passo avanti, più o meno lungo, sulla strada dell'unità europea. Il contenuto non si esaurisce negli articoli e nelle disposizioni normative, ma dipenderà dalla capacità di espansione che la classe politica europea saprà dare alle istituzioni previste dal Trattato, dipenderà dalle nuove iniziative che verr,anno prese, dalle nuove spinte in avanti che si riuscirà ad imprimere al processo di integrazione. È un compito che richiederà un impegno enorme anche dai socialisti, ma non solo dai socialisti. E qui cade opportuno ricordare che l'on. Lombardi dà dei socialisti un'interpretazione abbastanza restrittiva. Quando egli dice, infatti, che << i socialisti respingono la falsa scelta per l'Europa o contro l'Europa » sembra dimenticare che il motore dello sforzo europeistico di Bruxelles è stato il socialista Spaak, che nessun governo francese si è impegnato così a fondo nell'Europa come il governo socialista di Mollet, che il segretario politico della socialdemocrazia tedesca, Ollenhauer, d.a tempo sostiene attivamente il progetto di mercato comune nel Comitato d'Azione per gli Stati Uniti d'Europa, presieduto da Jean Monnet. Questi socialisti hanno, dunque, da tempo capito il significato ed il contenuto del Trattato (l'on. Lomb,ardi apprezzerà che noi ci sì astenga dal ricordare i nomi di Saragat e Matteotti). L' on. Lomb,ardi potrebbe forse chiamare a suo sostegno Bevan. Ma andreb·be incontro ad una delusione ancora più cocente, leggendo - nella recente intervista all'Express - che il deputato gallese della estrema sinistra laburista considera tutta l'integrazione europea una grdssa idiozia e richiama i socialisti continentali al principio del socialismo nazionale; mentre per il deputato del PSI non sembra che sussista il dubbio sulla sup,eriorità del mercato europeo rispetto ai singoli mercati nazionali. Quando si giungerà alla ratifica, quindi, se il P.S.I. non votasse a favore, perderebbe un'eccellente occasione per allinearsi sulle posizioni del socialismo europeo. Noi crediamo, in realtà, che le riserve residue, lasciate dal Congresso di Vcnezia, cadr,anno; ma ci domandiamo cosa aspetti il PSI a prendere per lo meno sul terreno europeistico una posizione più chiara. Anche il Presidente della Confindustria, dott. Alighiero De Micheli, chiede come l'on. Lombardi che il mercato comune non implichi soltanto l'eliminazione dei dazi doganali, ma altresì la rimozione di quelle << cause [15] Bibloteca Gino Bianco I
di distorsione » che differenziano prof ond~mente nei singoli paesi le condizioni in cui si svolge l'atti~ità produttiva. Naturalmente, l'area di politica economica unificata è concepita dal deputato del PSI come << un mercato regolato ed organizzato», scevro « da persistenti pregiudizi liberistici»; mentre è vista dal Presidente della Confindustria come fattore di liberazione dai << vincoli dirigistici » esistenti nel nostro Paese. La polemica ci sembra di natura più ideologica che politica, più astratta che concreta. Quello che conta nell'attuale fase politica è che ci si dichiari pro o contro i Tr,attati. In questo senso la presa di posizione del Dott. De Micheli va accolta favorevolmente, poichè il Presidente della Confindt1stria non ha lasciato dubbi sul valore positivo che egli attribuisce al Mercato Comune, ha detto chiaramente che la Confindustria ne appoggia la formazione, ed ha aggiunto le riserve che abbiamo appena esposto e che sono - come dicevamo - una specie di presa di posizione ideologica (per questo motivo dispiace ancora di più che l'atteggiamento del PSI, che pure si ha ragione di ritenere nella sostanza favorevole, venga invece presentato in maniera così ambigua: le critic~e, le riserve sono naturalmente legittime; purchè sia altrettanto chiaro che il voto sarà favorevole). La polemica << dirigista-l~berista » è astr,atta, perchè il mercato comune -entrerà in funzione con tale gradualità e i poteri della Commissione esecutiva saranno così limitati che proprio non si riesce a vedere se il mercato comune sorgerà in funzione dirigista o liberista. Oggi come oggi, l'on. Lombardi ed il dott. De Micheli sono d'accordo nel chiedere la trasformazione dell'unione doganale in un'area di politica economica unificata. Questo significa che entrambi desiderano l'allargamento dei poteri concessi dal Trattato alla Commissione, ed entrambi auspicano quindi l'ampliarsi <lella sfera delle così dette << misure positive >>previste dal Trattato (per contrapporle alle « misure negative o automatiche», cioè l'a1 bolizione dei dazi e dei contingenti), che sole possono portare ad un effettivo livellamento delle strutture economiche dei sei Paesi. Ora, << misure positive>>sono, tr.a le altre, il fo11dodi riqualificazione operaia, il fondo per la disoccupazione ·agricola, la Banca degli Investimenti; cioè misure eminentemente dirigistiche (ma anche l'armonizzazione dei carichi sociali e fiscali o, per esem- ·pio, l'eliminazione delle discriminazioni nei trasporti sono azioni << dirigistiche>>),per l'introduzione delle quali si è accanitamente - e meritoria- ~mente- battuta la 11ostradelegazione di Bruxelles; e si s;irebbero battuti [16] Bibloteca Gino Bianco
ugualmente l'on. Lombardi ed il dott. De Micheli, se avessero partecipato ai lavori preparatori del Trattato, dato che tutte queste misure - più o meno chiaramente << dirigistiche » - tendono ~d eliminare le distorsioni economiche, finanziarie e sociali esistenti fra i sei paesi, e mirano quindi nello stesso tempo ad aiutarci a risolvere i due problemi di fondo della nostra economia: la disoccupazione ed il Mezzogiorno. Il problema di un conflitto tra una concezione dirigistica ed una liberistica. del mercato comune non è un problema che si ponga nel prossimo avvenire, e non può quindi essere oggetto di un proficuo dibattito politico: oggi i conflitti sono essenzialmente conflitti verticali, cioè si svolgono tra Paese e Paese, o meglio tra le tendenze conservatrici di gruppi di un Paese contro gruppi di un altro Paese. L'esempio più chiaro ci viene dalla Francia, dove il Patronat non nasconde la sua ostilità all'integrazione europea e dove lo schieramento democratico esprime in Mendès France un accanito assertore dell'autarchia nazionale: un ex (ed aspirante) Preside11te del Consiglio, che pone la sua candidatura alla direzione del Governo, facendo appello al Paese in nome della •<<paura». Credo che l'atteggiamento aperto e favorevole di gran plarte dello schieramento politico e delle forze economiche del nostro Paese verso l'integra- ·zione europea sia una testimonianza di non poco valore e fornisca un motivo di ottimismo per l'avvenire. Vi sono poi le riserve sollevate dai << settori >>: e non è questa la sede per esaminarle, perchè non investono la sostanza dei Trattati. Chi voglia, del resto, averne una lista, non ha che da sfogliare una collezione de Il Giorno; il quotidiano milanese, infatti, non lascia passare giorno senza attaccare questo o quell'aspetto del Mercato Comune. Rimangono ancorla due obiezioni principali ai Trattati. La prima, avanzata sulla New York Herald Tribune da Walter Lippmann, e vagamente ripresa anche in Italia (ma senza forza) è baslata sull'ipotesi che la conclu .. .sione dei Trattati renderà più difficile la possibilità dell'unificazione tedesca. Ora la speranza che i russi si decidano a ritir,arsi dalla Germania orientale è perfettamente legittima; ma l'Occidente non può rinunziare ai suoi programmi in attesa che i russi si muovano (o semplicemente dicano di voler , discutere la possibilità di muoversi). Qu,ando era sul tappeto la ratifica della ~.E.D., già si era sentito esporre la tesi che la costituzione della Comunità [17] Bibloteca Gino Bianco
Europea di Difesa avrebbe impedito l'unificazione tedesca: l'esponente più autorevole di quella tesi fu allora Molotov. La C.E.D. non venne ratificata, ma la Germania attende ancora la sua unificazione. La lezione, quindi, è stata imparata: tanto più che bisogna risalire ai momenti più difficili della guerra fredda per trovare una situazione di così chiara cristallizzlazione dei blocchi come quella attuale (e lo stesso Lippmann ha ammesso a più riprese questa realtà di fatto). La secondP obbiezione viene dai federalisti, i quali rimproverano ai Trattati lo scarso carattere federale delle istituzioni europee. Tali critiche - lo a·bbiamo visto discutendo il punto di vista di Garosci sui T.O.M. - sono sostanzialmente esatte. Spesso, però, gli amici federalisti non rendono giustizia al difficile sforzo che è stato compiuto e che è consistito nel rimettere sui binari il convoglio dell'Europa che aveva deragliato. Si dimentica troppo spesso che, dopo la caduta della C.E.D. all'Assemblea Nazionale, gran parte degli europeisti si pose come problema fondamentale di riconquistare la maggioranza perduta a Palais Bourbon, impedendo al tempo stesso che la situazione tedesca slit~asse verso posizioni neutralistiche. Oggi, a due anni dalla Conferenza di Messina, ed a tre anni circa dalla caduta della C.E.D., la situazione politica è nettamente migliorpta. Il Comi-• tato per gli Stati Uniti d'Europa è lo specchio della ricostituita maggioranza europeistica in Francia e del rallienient dei soc~aldemocratici tedeschi alla causa dell'integrazione europea. Il partito di Ollenhauer, che, dl1.. rante la campagna elettor,aledel 1953, si era decisamente opposto alla C.E.D.,, si batte oggi con impegno per l'Euratom ed il Mercato Comune. La presenza di tutti i partiti socialisti nel Comitato Monnet ha svuotato di significato la polemica contro l'Europa di Carlo Magno•, allo stesso modo che l'adesione di Ollenhauer è servita ad eliminare il dubbio che la politica europeistica fosse voluta in Germania da un sol partito, ed a dimostrare· che, come la riunificazione tedesca, così anche l'unità e11ropea è voluta, in pratica, da tutto lo schieramento democratico •della Repubblica d~ Bonn .. Le concessioni che sono state fatte, in sede di Euratom sopratutto ai tedeschi, in sede di mercato comune sopratutto ai francesi (l'eccessiva gra-• dualità di certe trasformazioni, la scarsezza dei poteri garantiti alle istituzioni sopranazionali - che andrebbero meglio definite comuni -, la persistenza di certe situazioni particolaristiche) sono servite a permettere un'evo--- [18] Bibloteca Gino Bianco
, luzione politica, che vede oggi la grandissima maggioranzja delle forze democratiche sostanzialmente d'accordo nel perseguire la politica di integra- • z1one europea. In realtà, gran parte delle polemiche residue - e soprattutto quella tra « l~beristi » e «dirigisti>>, appena dis_cussa- sono piuttosto il risultato di un conflitto di politica interna, perchè i principi ispiratori delle moderne forme di integrazione europea resistono facilmente tanto alle tacce di tiirigismo quanto a quelle di liberismo. Se non bjastassero le dimostrazioni economiche, ne farebbe fede il fatto che il più autentico pensiero liberale è all'origine dell'idea della Federazione europea, allo stesso modo che oggi le forze socialiste democratiche sono tra le più impegnate nello sforzo di costruzione· europea e nella contemporan~a demolizione di vent'anni di poli- . tica protezionistica, corporativa e au~archica - più o meno spinta, più o meno dic.hiarata - che ha caratterizzato la scena europea dell' entre deu.1: guerres. RENATO GIORDANO I • [191 Bibloteca Gino Bianco
... LA STAMPA ITALIANA NEL DOPOGUERRA Il settimanale di attualità di Nello Ajello lii. 8. I settimatiali culturali e « di costume». Il dopoguerra ha dato al vecchio rotocalco longanesiano un prevalente contenuto di attualità, ha segnato - come dicevamo più su - il suo passaggio dalla letteratura alla cronaca; gli ha conferito, in definitiva., una dimensione in·dustriale e commerciale che gli era ignota alle origini. In un solo settimanale italiano a rotocalco, Il Mo1ido, la fedeltà alla lezione del vecchio Omnibus, pur emendata con apporti nuovi, è restata operante anche nell'equilibrio tra cultura ed attualità, tra cronaca e letteratura. Parrà strano a più di un lettore che si parli in qL1estasede del << settimanale pdJ.i... tico economico e letterario » diretto da Mario Pannunzio, in quanto il sentore di élite che circola nrelle sue pagine, l'alta quota culturale su cui è accampato, il nome ed il va,lore di molti suoi collaboratori .- uomini di studio, pubblicisti politici e giornalisti « militanti » formatisi sulle pagine della migliore stampa democratica del dopoguerra, dal settimanale La nuova Europa di Salvatorelli ai quotidiani L'Italia socialista e Rzf<Jr-1 gimento liberale (104 ) - possono spingere a catalogarlo tra i periodici ad in- ( 10 4 ) Sarebbe estremamente difficile fornire un elenco, anche approssimativo, delle firme che sono passate o si sono fermate sulle pagine del Mondo: si trattereb-- he di fare t1n censimento del miglior giornalismo italiano nelle sue più diverse specificazioni. Al gruppo dei << politici » (liberali di sinistra o generalmente << terzaforzisti >>) con1e Mario Ferrara, Panfilo Gentile, Mario Vinciguerra, Paggi, Cattani, Carandini, Garosci, Valiani:, La Malfa, Libonati, de Caprariis, Compagna, si affian.. cano i letterati dal nome autorevole, e quelli formatisi su Omnibus e sul primo () ggi: Baldini, Comisso, Alvaro, Moravia, Angioletti, Brancati (che sul Mondo [20] BiblotecaGino Bianco
tonazione e diffusione prevalentemente culturali, e quindi a distinguere nettamente la sua fisionomia araldica dalle vicende, più pedestri, del corrente rotocalco di ~ittualità. Basterà invece che si richiamino alla memoria, come lii farà più avanti, certe doti tipiche del Mondo (che ne fanno un esempio a sè - anche se spesso, e malamente, imitato - del nostro panorama giornalistico), per convincere anche i più tenaci assertori della sua « pesantezza » o astrusità, che ci troviamo di fronte ad un prodotto della stessa matrice letteraria e giornalistica che ha dato àlla borghesia italiana i settiman:1li con cui poter popolare di personaggi à la page i suoi riposi pomeridiani. È, insomma, come se la tradizione longanesiana avesse affidato ai suoi seguaci una sorta di giuoco delle parti in cui si esaurissero tutti i più vari interessi dei lettori, e al Mondo fosse toccato in sorte il ruolo della cultura; ed è appunto in virtù delle caratteristiche e delle abitudini, dei pregi e dei limiti di quella tradizione che il settimanale di Pannunzio è riuscito fin da principio a trovare un equilibrio tra satira e austerità, tra un rigo10s0 intento culturale e la connaturata vocazione ad un rarefatto divertissement intellettuale. Con tutta la estrema serietà scientifica di molti suoi collaboratori « specjalizzati >> e ad onta della sua « irriverenza >> programmatica, del suo aspro , criticismo politico e della sua assoluta e salutare mancanza di « carità di patria» (tutti requisiti che lo spingono, nell'opinione di certa nostra borghesia moderata, ben oltre i limiti dell'impopolarità, fino a quelli dell'esecrazione e dell'anatema). Il Mondo non è, insomma, nè una severa rivista di cultura, nè un libello polemico a sfondo anarcoide. È soprattutto un giornale, ed un giornale tutto da leggere e da gustare, concepito per un pubblicò a puntate Il beli'Antonio e Paolo il caldo), Landolfi, Raimondi, Vigolo, 1:laiano, Mezio; i giornalisti << 1nilitanti » come Monelli, ìviontanelli (solo nei primi tempi), De Feo, B. Romani, S. Negro, A. Guerriero, A. Russo, Spadolini, Gorresio, .P1.ÌroldiF, orcella, R. Aragno> D. Bartoli, F. Vegas, P. Pavolini, M. Tito, G. Russo, P. Glorioso, A. Rapisarda; i redattori dell'Europeo Todisco, Cancogni, Fusco; gli economisti come Ernesto Rossi, Roepke, Lenti, Conigliaro, Visentini, De Meo, Scalfari; studiosi e critici di varia intonazione e disciplina come C. Antoni, N. Valeri, A. Cajumi, A. Tasca, P. P. Trompeo, A. Bocelli, B. Tecchi. N. C1 hiaromonte, A. Battaglia, P. Serini, G. Granata, E. Tagliacozzo, A. Cederna, R. Pane, L. Quaroni, R. Musatti; scrittori di costume come C. Laurenzi, M. Guerrini, P. Pernici, G. Massari, ecc. [21] Bibloteca Gino Bianco
I pubblico culturalmente selezionato e politicamente orientato, ma così vivace e stimolante, così caustico ed aggressivo, così tenace nelle avversioni, così imparziale ed autorevole e raffinato da costituire l'esempio tipico di un prodotto giornalistico consumato ben oltre la cerchia del suo pubblico naturale, e delibato in larga misura anche dai suoi avversari - clericati, fascisti, comunisti, « benpensanti » - cui sembra somministrare a volta a volta il fascino del demoniaco, o la voce delLa coscienza, o il desueto rimpianto piacere dell'intelligenza, o la follia di una vacanza letteraria e mondana. Per il suo dipingere in bianco e nero, senza sfumature o cautele, uomini e fatti della vita contemporanea, per il suo complesso e sorvegliato modulo stilistico (fatto di un periodare standardizzato, quasi noncurante in apparenza, ma ricco di pieghe, di reticenze, di allusioni), per il suo gusto ,di sbalordire più che di convincere, Il Mondo è tradizionalmente ' . tacciato di essere un giornale di parrocchia, una sorta di bollettino stampato in copie numerate, ad uso di una comunità di iniziati; ma è stato, ed è ancora, proprio l'opposto: una specie di sentinella in agguato in partibus infidelium. La netta intonazione politica risulta, a.d un certo punto, ~-ommersain un'altra dote eh~ è menzionata sovente in senso dispregiativo, ma che è riconosciuta, tra le righe, in ogni polemica, ed è comunque alla base del successo de Il Mo,nd o: la sensazione, che esso diffonde nel lettore (quali che siano il suo colore politico e le sue convinzioni religiose), di trova,rsi di fronte ad un organo non di fazione ma di categoria: di avere fra le mani il settimanale << degli intellettuali>>, che vi si riconoscono con tutte le loro audacie e le loro sordità, il loro narci!sismo·e le loro malinconie, il loro modo di attaccare « gli altri>> e di difendersene, di meditare e di divertirsi. È {atale che questa tacita qualifica rechi con sè delle acri ritorsioni satiriche da parte di intellettuali che, dopo essersi specchiati ed ammirati settimanalmente nelle pagine del settiman.ale di Pannunzio, si accorgono di avere sposata, magari solo temporaneamente, una causa politicamente inconciliabile con quella c:el Mondo. Il cliché del giovane « aspirante critico letterario» che passeggia per i giardini pubblici di Catania con -in tasca, ben visibile, una copia del Mondo, o del giovane radicale, sottile, p-allido, emaciato, vestito alla Eden, che legge i «taccuini» del Mo,ndo seduto ,a un tavolino di Rosati; le definizioni di << visi pallidi >>riferita ai redattori, di jogurt [22] BiblotecaGino Bianco
(cioè" co.ncentrato di acido) o di << suocera dell'Italia>> appioppate al setti- , / manale, sono altrettinti quadretti e trovate di pretta marca longanesiana, opera di questo o quel transfuga delìa stampa democratica verso lidi giornalistici di estrema destra. E possono, tali frecciate, cogliere sovente anche nel segno, in quanto, come accennavamo poc'anzi, la complessa impostazione del Mondo non va esente da compiacenze raffinatezze eleganze tali da poter, male interpretate, accattivare al giornale u'n pubblico che non sarebbe, intellettualmente parlando, suo proprio. Ma il solo fatto di aver saputo creare una cifra inconfondibile (e non priva, tra le sue attribuzioni_, di un tantino di snob ·chiamando a raccolta la migliore intellettualità italiana, e pubblicancando ed assimilando, i11una formula insieme austera e mondana, firme come Benedetto Croce, Luigi Einaudi, Gaetano Salvemini; ed ave,r fatto coesistere, accanto alla << colonnina >> di costume di Carlo Laurenzi o di Mino Guerrini, al lancinante umorismo grafico di Maccari e di Bartoli, alla << cattiveria » di certe fotografie, alle piacevolezze dell' «Archivio >>,l'articolo << tecnico>>di storia e di economia, riuscendo a dar quasi l'impressione che tutto sia uscito da un solo cervello, è senza dubbio impresa che de11unziiatale perizia di mestiere da lasciare interdetto chiunque si accing·essea trinciar giudizi a cuor leggero. A questo rigoroso dosaggio formale fa riscontro una più profonda unitarietà che, senza implicare la compattezza ideologica dei collaboratori, li raccoglie in un accordo di massima che va ben oltre le loro divergenze particola·ri (le quali possono spaziare <1allostoricismo crociano più ortodosso al più empirico « problemtsmo >>), e fonda la st1a validità sulla comune fi'.ducianella ragione, sulla irriducibile ·vocazione dialettica, sullo spontaneo atteggiamento critico-umanistico. La spregiudicatezza e l'acume giornalistico che Pannunzio ha conseguito alla scuola di Longanesi sono insomma ben presenti nel Mondo; ma vi giungono innestati sulla viva sensibilità democratica maturata da11e' sperienza di Risorgi1nento libera/,e (105 ), e combinati con altri apporti non ( 105 ) Risorgimento libera/,e ( di cui è più volte ricorsa la citazione in queste pa... gine) fu il quotidiano del P.L.I., nato in clandestinità nel 1943 e vissuto fino all'ottobre del 1948. Fu diretto fino agli inizi del '48 da Mario Pannunzio (redattore-capo Ferruccio Disnant successivamente da Manlio ·Lupinacci ( << condirettor~ >> Vittorio Zincone), poi insieme da Lupinacci e Zincone. Nelle ultime settimane passò sotto [23] Bibloteca Gino Bianco
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