, Il problema sembrereb;be dunque ridursi ad un'alternativa motivata per un termine da prevalenti considerazioni economiche (l'avvicinamento del contadino alla terra al fine di aumentarne la produttività,, con risparmio di tempo e fatica); per. l'altro da preoccupazioni psicologiche a radice storica (l'abitudine delle popolazioni rurali meridionali a una vita fortemente accentrata). Ma l'alternativa così posta esaurisce tutto il problema? Gioverà, in primo luogo, rifarsi alla esigenza primaria, che si prospetta ogni qual v·olta si pong.a mente o mano alla •condizione del Mezzogiorno agrario. Se è vero (com'è vero) che la distribuzione della popolazione in rapporto al territorio deve essere sempre considerata sotto la triplice luce di causa, effetto e strumento di trasformazione delle zone in oggetto, e che occorrerà tene~ ben distinti i tre momenti, è pur vero che il popolamento del latifondo, attraverso una diretta inserzione dell'elemento umano • nella natura finora semiacculturata, è condizione di fondo per dare avvio alla trasformazione delle zone agricole depresse. La dimostrazione di questa esigenza è stata fatta più volte e con maggior copia di argomenti, soprattutto in rapporto alla riforma agraria in atto, da un economista ·agrario, cui va il merito di aver ·dedicato grande attenzione al problema degli insediamenti umani (8 ). « Si prospettano - egli scrive a conclusione dell'analisi socio-economica dei territori latifondistici - e risolvono ottimamente problemi di chimica agraria, di pedologia, di sistemazione .idrològica dei terreni, di ordinamenti culturali, e via dicendo; e si dimentica che quelle applicazioni ammend~nti, concimanti, sistematorìe, culturali, è solo l'uomo stabilmente insediato sui luoghi, che le può realizzare. Si pongono e risolvono intelligenti costruzioni contrattuali, ma si dimentica la loro vanificazione, se esse non si applicanò ad individui o complessi familiari che, risiedendo in luogo, li possono rendere fecondi. Si teorizzano begli schemi economici, si fanno astratte costruzioni di ambienti e di « luoghi », e si dimentica la preminente capacità modificatrice della presenza umana a trasformare e attivare staticità di condizioni e immobilizzazioni ambientali. Da tutto quanto precede, appare all'evidenza ( 8 ) N. Mazzocchi-Alemanni, di cui cfr. i saggi raccolti nel volume << La riforma agraria>. Asti, 1955, con speciale riferimento a quello intitolato « Insediamento umano nei territori latifondistici >, pag. 91-133.La citazione surriportata è a pag. 112-3. [97] Biblioteca Gino Biancò f I
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