che per il fatto stesso che guardano lontano possono renderlo miope nelle analisi deg]i avvenimenti in corso; e che se esso può essere chiamate_) in mo1nenti eccezio11ali a denunziare fatti di oscurantismo creati come strumenti di una tirannia politica (quale era il caso del fascismo), è nella migliore delle ipotesi ridicolo convocarlo ad ogni piè sospinto ad esprim·ere su fatti economici e politici - dalla bom-ba atomica a un congresso di p)artito - t1n'opinione che nessuno impedisce sia meno illuminata di quella di qualsiasi donnetta. Ma anche a presci11dere da queste cor1siderazioni lapkilissiane, è chiaro, ed è sempre stato chiaro, che il prestigio, unicamente morale, degli uomini di scienze e di lettere non ha fondamento alcuno in una concezione per cui la cultura è sovrastruttura della realtà economica; ed è altrettanto chiaro che « il senso di 1·esponsabilità che l'opinione pub1 blica » attribuisce all'uomo di scienze e lettere (ossia un carattere sacro che investe l'opeà'a, · ma non si addice alle persone) serve, in una politica ispirata ad una concezione di questo genere, a un doppio scopo: a mascherare una propaganda, servendosi come portavoce, come 45,trumenti, di personalità del mondo accaclemico o artistico; e a minimizzare quell'elemento di disturbo (che di fatto è stato alienato nei paesi sovietici) rappresentato da questo prestigio extra politico. Cosicchè sono ben pochi i letterati o studiosi il cui credito sia sopravvissuto ad una intensa partecipazione a cortei .di partigiani della pace, fronti vari, ecc..., e non vi è stata migliore opera di svalutazione della cultura di quella svolta col persistente schieramento nelle stesse tribune di grecisti, atomici, attori del cinema, pittori e scrittori da fumetti, con la conseguente deformazione del tipo per cui acca11to a scienziati buffoneschi ci si abituava a vedere attori dottorali, e ci si allontanava sempre più da quel criterio di selezione di valori per cui lo scienziato e il grande attore si incontrano naturalmente e dignitosamente sullo stesso piano di é,lite. I Quando parliamo degli equivoci portati nella vita della nostra cultura dall'azione che in questo campo ha svolto il P.C.I. non vogliamo evidentemente privarci di responsabilità che sono nostre e soltanto nostre. Il P.C.I. ha giocato su questi equivoci per quelli che era110 i suoi scopi politici; e non si può querelare un avversario perchè ha fatto ciò che gli spettava imbrogliando quelle carte che a noi conveniva tenere in buon ordine. Tanto più che la crisi che investe oggi tutta la politica del P.C.I. si può dire· sia stata già risolutiva per il settore culturale di quella politica; e tanto più che spetta a noi, e soltanto a noi, di non imbrogliare a nostra volta le carte quando si prospetta un « recupero » (tanto vale usare qui l'espressi01I1epoco educata che non a caso è divenuta corrente a questo proposito di intellettuali che il partito aveva inquadrati nei suoi ranghi). La crisi del partito comu11ista rappresenta infatti la più concreta esemplificazione che si potesse desiderare dell'insostenibilità, per una cultura che evidentemente non abbia sete di annullamento decadentistico (un atteggia- [83] Bibliot ca Gino Bianco /
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