Nord e Sud - anno IV - n. 28 - marzo 1957

Tutt'altro ,discorso merita la nostra emigrazione stabile in Svezia, per la quale si potrebbe parlare, nel dopoguerra, di u,na riscoperta della Scandinavia. Dal 1945 al '50 i nostri lavoratori aumentarono da un migliaio a circa 5000 unità. Se si raffrontano queste cifre con la restante emigrazione in Svezia (esclusion fatta dei Finlandesi), si potrebbe affermare che nel primo lustro del dopoguerra una vera ondata di Italiani ha « invaso » la Svezia-. La schiacciante maggioranza di questa ondata era costituita da elementi professionalmente qualificati. La maggioranza proveniva dall'Italia settentrionale, e preoisa-mente ,nella misura de11'80% circa. Gli originari della Venezia Giulia rappresentavano cir:ca il 25%. Questo divario tra Nord e Sud è da ascriversi principalmente, se non alla maggiore specializzazione tecnica dei settentrionali, certo alla loro maggiore ... continentalità (come del resto per tutta l'emigrazione transalpina). Inoltre, bisogna tener prese,nte che, anche tra i lavoratori italiani residenti in Svezia prima del '50, .ben il 75% era oriundo delle regioni settentrionali e segnatamente del Veneto. Per renclersi conto dell'alta percentuale di lavoratdri provenienti dalla Venezia Giulia, bisogna notare che in linea di massima si trattava di profughi dalle provincie passate alla Jugoslavia, ai quali le autorità preposte alla emigrazione concedevano una certa precedenza. Particolarmente nell'industria navale e meccanica, le maestranze svedesi furono liete di accogliere nei loro cantieri e nelle loro fabbriche questi nostri connazionali, dei quali il gruppo più numeroso si stabilì a Goteborg. Dopo il '50 venne la « seconda ondata », che presenta molti caratteri analoghi a. quelli dell'emigrazione stagionale. Oltre 3000 Italiani si riversarono, con la « seconda ondata », sul mercato del lavoro svedese. Di questi, solo un gruppo di 600 operai, partiti nel 1954, erano muniti di u,n regolare contratto collettivo con una fabbrica di porcellane di Stoccolma; per il resto sì trattava, nella maggior parte, di emigranti non qualificati. Non mancava110, tra loro, elementi ·della piccola borghesia che ad u•n mal retribuito impiego in Italia preferivano un lavoro manuale in terra scandinava, dove non è difficile percepire un discreto salario, e dove la lontananza dagli ambienti conosciuti permetteva e favoriva una serie di esperienze - effettuate spesso ai margini della giustizia e ai danni della tranquillità del Paese ospitante - le quali non giovavano certo alla considerazione che degli Italiani avevano gli Svedesi. Si è venuta così a creare, in Svezia, una situazio,ne particolarmente delicata per gli Italiani. È difficile, per uno svedese, fare una netta separazione tra le due categorie di immigrati· italiani. Accanto alla tipica figura dell'operaio italiano si è presentato e fatto conoscere un altro personaggio: « il piccolo avventuriero latino ». Il primo è u,n uomo sobrio, che settimanalmente fa la coda davanti agli uffici postali per spedire i risparmi alla famiglia rimasta in Italia, dove spera di tornare un giorno, magari con un « gruzzoletto » per [73] Bibliote~ Gino Bianco I • ,

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