prendeva atto: I) della cc critica al paternalismo degli Enti, i quali, con una 'concezione burocratica' della riforma hanno assolto a una 'funzione di 11ffici di collocamento' »; 2) della cc consapevolezza del·la dannosa presenza di monopoli che sfruttan·o la nostra agricoltura attraverso lo strumento dei Consorzi Agrari »; 3) della cc denunzia delle piccole clientele formatesi intorno a certi dirigenti, alimentan 1do la diffusa se11sazione che ',l'ente sia pro1 dotto esclusivo del partito democristiano' »; 4) della cc esortazione alla s,celta di dirigenti 'più seri invece che più democristiani' » e del cc ripudio di ·o,gni tent~zio,ne alla discriminazione politica ». Queste cose si dissero a Matera nell'aprile del 1955ed alimentarono le nostre speranze di un ravvedimento democristiano in ordine al rapporto tra riforma agraria e sottogo,verno, p1er liquidare appunto questo rapporto e instaurare definitivamente, anche se faticosamente, l'altro rapporto, di cui al titolo stesso di quel convegno, tra riforma agraria e azione meridionalista. · Oggi ci incombe l'orbbligo di denu,nciare come deluse quelle speranze e come in pericolo gli obiettivi democratici e meridionalisti della riforma, se la D.C., o per lo meno le sue forze giovanili, non tornano allo spirito di Matera. Dal quale ci sembra che sia rimasto piuttosto lontano il convegno analogo tenutosi a Salerno in gennaio: più ufficiale, meno vivace, grigio e piatto nel suo svolgimento, stan,do a quanto emerso dalle cronache; un passo indietro, non un passo avanti, al tempo stesso· che nelle campagne la situazione è arrivata alle degenerazioni di cui si diceva. Noi non siamo di quelli che nei confro,nti della D.C. avverto,no una vera e propria manìa di persecuzione, come quella che è abbastanza diffusa in taluni ambienti laici; .anzi, siamo di quelli che spesso abbiamo avuto a polemizzare contro atteggiamenti che da quella manìa ci parevano ispirati. È una considerazione questa che si fa valere ora e che co,nferisce maggio.r ris.alto, forse, a quanto ha formato oggetto della presente nota; e vale ancl1e a chiarire l'animo che l'ha dettata, e in particolare la preoccupazione di veder mancati gli obiettivi civi,li di quella riforma della quale anche noi ci sentiamo gelo1 samente partecipi. È proprio un vieto pregiudizio liberale chiedere che, nelle zone di riforma e nelle zone che non s,0 1 no di riforma, nelle campagne e nelle città, nel Sud e nel Nord, la D.C. inalberi come motto da iscrivere sulle proprie bandiere quella formula che fu gridata, a Matera, proprio da un giovane de1nocristiano (Bartolo Ciccardini, ci sembra di ricordare) e ap,plaudita dai suoi amici di partito: cc Dirigenti più seri e non più democristiani ». La D.C. è rimasta sorda a questa esortazio,ne? Sappiano gli altri partiti den1ocratici che la situazione, specialmente in quelle zone dove essi sono assai più deboli e la D.C. quantitativamente preponderante, si è fatta molto pesainte; e tocca anche ad essi di intervenire, per far valere nella vita •puqblica quella civile esortazione. n. d. r. [60] Biblioteca Gino Bianco
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