, lettuali di sinistra) e la introduzione, nella letteratura militante comunista, della parola d'ordine del « realismo sociale», doveva inaugurare una nuova fase, incomparabilmente più rozza, nell'attività e nella propaganda culturale dei comunisti italiani. Può sembrare un richiamo inadeguato il riferirsi ·a delle esperienze culturali così complesse a proposito di un settimanale della modestia di Vie Nu·ove. Ma chi avesse la curiosità di sfogliarne le vecchie annate no11 potrebbe non ,accorgersi del fatto che tali mode culturali vi venivano orecchiate ed utilizzate, se pur con intenti di divulgazione spicciola, di adat-- tamento al pubblico medio. L'attualità fotografica non assumev~ ancora, nei primi due anni, quel ruolo che otterrà poi: i primi grossi settimanali della borghesia avevano appena iniziata la loro battaglia, ed ancora non contavano molti epigoni. Solo nel marzo del 1948, quando tale battaglia era ormai vinta, Vie Nuove assunse la forma di un settimanale di attualità, raddoppiò le sue p.agine, venne stampato in rotocalco. Il periodo più interessante del giornale (a metà tra satira, letteratura e politica) è finito: abbandonate le esagitazioni rivoluzionarie dell'immediato dopoguerra, il P;irtito Comunista si riconosce come un elemento della realtà italiana, di cui deve accettare almeno i principii fondamentali, al fine di lavorare << dal di dentro>>.E' l'altra faccia del << ritorno alla normalita ». All'eccletismo ideologico si sostituisce ora, nella tattica dei comunisti, l'accomod,antismo sul piano politico e morale, ai vecchi equivoci culturali (mai del tutto scomparsi) si sovrappone la ricerca di un « accordo sui problemi concreti». Tali nuove posizioni si riverberano nel settimanale comunista, che si avvia sempre più decisamente a somigliare ai suoi confratelli « borghesi » (101 ), con qualcosa ( 101 ) È sintomatica al proposito una lettera di Antonello Trombadori, comparsa • sul numero di Vie Nuove del 2 gennaio 1949 (cioè all'inizio del trapasso di cui dicevamo), nella quale l'intellettuale comunista lamentava il fatto che le pagine del settimanale si fossero « arricchite di quei particolari riquadri tipografici di cui sono affollati gli ebdomadari borghesi a larga tiratura e che annunziano a caratteri altisonanti la marca di un prodotto commerciale: la magnesia sanpellegrino o, che so io, le pillole pink >; e che nell'ultima pagina di Vie Nuove i fìlms di Hollywood venissero presentati << con tanta evidenza, con tanta simpatia pubblicitaria». << La pubblicità è l'anima del commercio, e sta bene ». - osservava Trombadori - << Ma dove la pubblicità finisce . di essere tale e diventa invece propaganda, cioè smercio di idee? ... ». La rispo5ta, siglata 111. p. (1v1ichelePellicani), conteneva espressioni di questo tipo: [53] Biblioteca Gino Bianco I
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