munque di un svolta nella narrativa di Quarantotti, che si fa di volta in volta sempre più limpida e precisa, ripetendo sempre però lo stesso motivo. Questa inANTONIOSARNO: Filosofia Poetica, a cura di Francesco Flora, Bari, Laterza, 1956. Non è a caso che all'inizio di questa raccolta degli scritti di Antonio Sarno - che la pietas del fratello ha voluto - balzino subito innanzi i nomi del Bruno e del Campanella. Gli è che il temperamento del Sarno era così fatto rl 1 avvertire « la poesia come coscienza lirica della filosofia » (la formula è del Flora) e in ciò egli era nella tradizione del pensiero meridionale, del Bruno e del Campanella appunto, nei quali era una simile concezione, e si direbbe piuttosto propensione. E se si riflette bene si vedrà che era appunto questo a dare al pensiero dei due << domenicani » quel movimento, quel dinamismo: (diciamo pure la parola) quella passione che a tutta prima stupiscono. Un pari movimento, una pari passione il lettore avvertirà nei frammenti che col titolo di << filosofia poetica » costituiscono la seconda parte del volume; e avvertirà altresì un trasporto sincero, una forza non comune di espressione, una capacità di penetrazione che assai di rado si incontra in coloro che fanno abituale professione di filosofia. In virtù di questi talenti la più parte delle paginne del capacità di rinnovarsi, questa immobilità sostanziale, sono la riserva maggiore da farsi all'arte di questo scrittore serio e raccolto come pochi altri. ENNIO CECCARINI sto che lette: chè francamete c'è più luce di intelligenza storica nei suoi aforismi brevi e perentori che in molte pagine di peregrina erudizione. 11 che non vuol dire affatto che il Sarno fosse spregiatore dell'erudizione; tutt'altro. Gli scritti di questo volume testimoniano appunto la molteplicità. delle sue curiosità, la ricchezza delle sue letture, la profonda serietà ed impegno di queste letture medesime. Le pagine sul T eeteto platonico o sulla Metacritica dello Hamann o sull'estetica del Kant, le << Note su lo Spinoza » testimoniano appunto una conoscenza diretta dei testi e più ancora uno sforzo intenso per cogliere dall'interno il travaglio di un pensiero. Se anche il Sarno aveva il disegno quasi aristocratico di fare sfoggio di questo lavorio preparatorio nei foglietti cui cui affidava il succo delle sue meditazioni, ciò non deve attribuirsi a non so che gusto di volersi dare arie di originale; sì piuttosto ad umiltà, al bisogno interiore di aderire il più possibile al pensiero degli antichi che evocava. Del che bensì si accorse quel grande grecista che fu lo Schwarz quando lesse le pagine su Omero: il dotto tedesco non prese ombra del fatto che nello smilzo fascicolo non vi fossero note a piè di pagina e semplicemente Sarno meritano di essere meditate piutto- vi riconobbe << una risurrezione di G. B. [125] BibliotecaGino Bianco
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