Nord e Sud - anno IV - n. 28 - marzo 1957

nato di recente Ferrara; al contrario, opere come la Stazione di Roma o di Firenze o come la Borsa Merci di Michelucci a Pistoia, perfettamente fu.nzionali e moderne ed anche << aprospettiche », si inseriscono organicamente e perfettamente nella compagine monumentale preesistente ed anzi la arricchiscono, nonostante il vetro, anzi proprio, per paradosso, con il vetro. Inconsistente nelle sue motivazioni e nei fatti, la tesi del Cederna può avere in pratica effetti disastrosi, come Roberto Pane ha dimostrato in due sue relazioni a Torino, al Congresso dell'INU, e a Roma, al Convegno di << Ita.1ia nostra»: dall'impossibilità di convincere gli amministratori della bontà di questa tesi, può scaturire facilmente il rischio dell'accettazione della tesi opposta, specie in centri minori: giacchè il moderno non può accostarsi all'antico, e giacchè edifici moderni devono sorgere pure in certi luoghi, per rovina degli antichi o per altre necessità, che il Cederna può deridere ma non sopprimere 1 senza sopprimere la vita stessa delle città, non rimane che distruggere completamente l'anti:co o trasportarlo, a pezzi, in qualche museo. Più consone all'attuale situazione sembrano le proposte avanzate dal Pane e da altri e già note ai lettori di questa rivista: . i centri storici si salvano rispettandoli intelligentemente, ossia e fissando norme volumetriche rigide per la costruzione di nuovi edifici e stabilendo per legge che \ la costruzione dei nuovi edifici deve essere affidata a progettisti scelti con concorso nazionale. L'attuabilità di queste proposte è certa, purchè ci si batta concordemente per renderle accette ai legislatori, cosa che non dovrebbe essere difficile. C'è ancora da osservare che per migliorare le condizioni di vita di molti quartieri del centro storico delle nostre città, sul che il Cederna non pare avere dubbi, non bastano ranno e sapone, nè basta svuotarli di parte della popolazione: o si crea in essi un nuovo equilibrio economico, il che importa inevitabilmente che questi quartieri abbiano una qualche funzione o turistica o di rappresentanza o di centro culturale o altre simili, oppure non rimane che svuotarli completamente e farne gigantesche città morte. Nel primo caso talune trasformazioni sono inevitabili; nel secondo non si avrebbero trasformazioni, almeno per ora, ma certo si avrebbe il deserto e l'irrazionale e dissennato abbandono di un patrimonio economico. Osservazione che qualcuno potrà giudicare triviale: qualcuno, ma non chi crede e sa che le -città prima di essere << opere d'arte » sono il risu1 ltato di una attività economica, della quale è assurdo non voler tenere conto; per lo meno tanto assurdo quanto voler distruggere le città medesime in quel che esse hanno di artistico. [122] BibliotecaGino Bianco

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