Nord e Sud - anno IV - n. 28 - marzo 1957

tettura e dell'urbanistica. Anche qui c'è nell'introduzione al volume, un'incresciosa preterizione e un'affermazione francamente erronea o quantomeno non felice nella sua formulazione. Secondo il Cederna (p. 22) « si può dire che la concezione astratta della città come successione casuale di singoli monumenti è stata indirettamente confermata sul piano teorico, propagata neHa scuola e nell'opinione comune dall'estetica dell'idealismo»; si può anche dire, sempre secondo il Cederna, che « quando leggiamo le opere è i progetti degli sventratori o osserviamo in una edicola una "·pianta monumentale" di Roma, con i monumenti estratti dal tessuto urbano e presentati come carciofi sul piatto, non possiamo pensare ai mali effetti di ogni concezione antologica e frammentaria dell'opera d'arte quale in troppi casi queH'estetica ha suscitato»; infine, <lacchè non esistono limiti alla libertà del linguaggio, si può anche dire che << una critica architettonica-urbanistica deve ancora nascere: alla sua nascita è però necessaria la rivalutazione di tutti quegli elementi variamente strutturali, contenutistici, sentimentali e pratici, finora considerati scorie disprezzabili». Sono affermazioni, queste, così palesemente aberranti da indurre a risposte scherzose, forse le sole veramente adatte, e da spingere a dire che, sì, quella del Croce è non solo la filosofia degli agrari del Sud ma anche dei proprietari di aree edificabili; che lo stesso Croce, nascostamente, impartiva lezioni di estetica a Marcello Piacentini e compagni; che il benemerito Roma in tasca dell'editoire Verdesi ha una prefazione sempre dello stesso Croce; sarebbe infine il caso di dire apertis verbis che gli scritti apparsi negli ultimi dieci anni e che grandemente hanno contribuito alla creazione ed al rinnovamento della storiografia dell'architettura e dell'urbanistica sono tutti opera del Cederna, il quale si servì nel pubblicarli di alcuni pseudonimi e cioè, in ordine alfabetico, · dei nomi di Carlo Ludovico Ragghianti, Roberto Pane, Luigi Piccinato, Ludovico Quaroni e Bruno Zevi. Altro discorso meritano due note del Cederna: quella della preclusione dei centri storici ad ogni opera d'architettura moderna e l'altra, che ne è conseguenza e insieme presupposto, dell'assoluta, integrale intangibilità di questi centri. Sono tesi speciose e pericolose sostenute anche da altri, per esempio dal Brandi e da un gruppo di giovani architetti aderenti all'associazione « Italia nostra», che purtroppo nel primo convegno nazionale di quest'associazione hanno preferito tacerle, sottraendo ad un pubblico vasto la possibilità di discuterle a fondo. La prima tesi ha una du1 plice motivazione: secondo Brandi l'architettura moderna, avendo abbandonato la visione prospettica, non è associabile ad am1bientidominati da quella visione; secondo il Cederna, più semplimente, l'architettura moderna, servendosi di materiali e di sistemi costruttivi diversi dall'antica, non può per questo accostarsi ad essa. Le due motivazioni, più articolata quella del Brandi, più ingenuamente e scopertamente positivistica quella del Cederna, sono state già ampiamente confutate sul piano teorico; qui basterà, esemplificando, accennare ad alcuni fatti: il Monumento a Vittorio Emanuele, costruito secondo i canoni della più pura prospettiva e con sistemi edilizi arcaici, rovina il centro di Roma, così come i prospettici edifici di Piacentini hanno rovi- [121] Biblioteca Gino Bianco

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