Nord e Sud - anno IV - n. 28 - marzo 1957

.. rovinosi << padroni della città »; nelle presenti condizioni italiane, avremm.o forse qualche buon edificio in più, ma soffocato dal caos edilizio imperversante senza più remora. Il problema sollevato dagli architetti milanesi esiste indubbiamente, ma la soluzione va trovata in altro modo: le proposte sono varie e tutte possono essere accettabili, specialmente le due I avanzate da Luigi Piccinato ·nella Nota conclusiva del volume. Si dovirebbe innanzitutto prescrivere una più stretta collaborazione tra l'ur,banista che redige il piano e gli architetti che operano nel co-- mune da pianificare; in secondo luogo si potrebbe lasciare piena libertà all' architetto o al gruppo coordinato di architetti che si impegnasse a edificare un intero quartiere, fermo restando che in esso gli in-- dici di affollamento e gli indici volume-- trici complessivi non dovrebbero superare quelli previsti dal piano regolatore per quella zona. Del resto la necessità di non costruire più per lotti ma per quartieri unitariamente concepiti si va facend" sempre più strada ·e si avvia a diventare , prassi usuale nell'attività degli enti per l'edilizia sovvenzionata. Come già si è detto, un'altra serie di problemi relativi agli aspetti giuridici e tecnici dei piani particolareggiati è stata discussa ed esaminata dagli autori degli scritti raccolti in questo volume. L' orientamento generale dei nostri urbanisti si riassume a riguardo ndlla richiesta di snellire il procedimento d'approvazion~ dei piani: a questo fine sono -state formulate diverse proposte. Secondo alcuni il sistema migliore sarebbe quello di evitare di approvare prima il piano geneTale e solo in un secondo momento, come ora per solito avviene, i relativi piani parti-- colareggiati: questi invece dovrebbero ess,ere sottoposti all'approvazione degli organi ministeriali contemporaneamente al piano generale, dal quale anzi potrebbero essere completamente assorbiti; si eviterebbero così le conseguenze della stasi edilizia nelle zone urbane a lungo prive di piani particolareggiati e si alleggerirebbe il lavoro degli organi ministeriali, che hanno infatti manifestato il loro consen.so per questa proposta. Una diversa proposta è stata invece avanzata da alcuni fautori intransigenti del decentramento e dell'autonomia locale secondo i quali i piani particolareggiati non richiederebbero l'approvazione ministeriale ma solo quella delle amministrazioni locali. Contro questa tesi polemizza il Picci1 nato, nello scritto già citato, adducendo motivi diversi e tutti fondati. Proprio in sede di adozione dei piani particolareggiati da parte dei comuni di Ferrara, di Bagheria, di Palermo, per citare solo alcuni casi recenti, l'esistenza di ambienti urbanistici di notevole valore artistico è stata minacciata gravemente: se almeno in due dei tre casi citati qualcosa si è potuto fare . . . . ' ' per evitare sventramenti e scempi, c10 e dovuto proprio all'intervento degli organi ministeriali. Casi recentissimi, dalla mi -- nacciata distruzione della ex Casa del Fascio di Como, uno d·ei capolavori dell'architettura moderna in Italia, alla avvenuta 9istruzione di un pregevole villino di Basile a Palermo, confortano nel ritenere che i funzionari del ministero siano molto meno insensibili delle amministrazioni locali alla tutela del patrimonio artistico delle città. Inoltre la speculazione privata impone i propri interessi più facilmente a piccole amministrazioni locali che ad organi statali, sicchè è perlomeno [118] ' Biblioteca Gino Bianco

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