mercato locale capace di sostenere p,er larga parte l'industria nascente; 2) t•esistenza di fattori agglomerativi, cioè di quelle opere di infrastruttura atte a facilìtare movimenti di merci, trasformazioni di prodotti, ap·provvigioname11to di materie prime, trasferimenti verso le zone di consumo; 3) soddisfacente capacità di risparmio e conseguente disponibilità di capitali; 4) buona attrezzatura creditizia, che garantisca, oltre a quelli di impianto, i capitali di esercizio; 5) qualificazione e larga disponibilità di operai e di tecnici. Ora in Sicilia nessuna di tali condizioni è, allo stato, esistente o quanto meno in situazione di efficienza; e la relazione ne analizza dettagliatamente i motivi. È quindi chiaro - si legge successivamente nella relazione Carollo - che l'iniziativa privata, legata, ,per la sua stessa natura, .alla legge del profitto, no1 n rappresenta per l'industrializzazione della Sicilia alcuna sicura garanzia di impegno, almeno fino a quando non siano radicalmente modificate le condizioni attuali della nostra economia isolana ( ...). Anzi, sono del parere che la iniziativa privata, lungi dal risolvere il problema del nostro l\tiezzogiorno, e della Sicilia in particolar modo, lo aggraverebbe di più approfondendo il dislivello tra Nord e Sud, come d'altra parte è avvenuto dal giorno della unificazione d'Italia .ad oggi. Questa mia convinzione non è mossa da dogmatismi ideologici riportati sul piano economico, ma dalla stessa rigidità e fatalità delle leggi economiche cui ovviamente si ispira e da cui naturalmente riceve il suo condizionamento l'iniziativa privata». . A testimoniare l'impotenza dell'iniziativa privata nei confronti della tradizionale depressione del Mezzogiorno la relazione sostiene che basterebbe tener presenti i dati sugli investimenti di capitali privati nel settore dell'industria al Nord e al Su,d: « allora si vedrà che, nonostante le sollecitazioni, le pressioni, le protezioni decise dai vari governi, tutta la privata iniziativa ha sempre ritenuto più redditizio investire al Nord e non al Sud, contribuendo ancora una volta ad aggravare il dislivello nell'economia delle due parti d'Italia ». La relazione a questo punto fornisce gli indici e le percentuali statistiche che dimostrano la realtà di tale situazione e la persistenza di questo grave squilibrio; quadro che dimostra a,ddirittura che c'è un progressivo arretran1ento della Sicilia per alcu,ni settori della sua eco,nomia. Essa illustra quindi le previdenze e le iniziative fino ad ora messe in atto dalla Regione Siciliana, concludendo con la definizione dei due perni su cui la industrializzazione deve poggiare: zolfo e petro1io. « Ecco allora - essa afferma - a mio avviso la necessità di concepire il Piano quinquennale siciliano come uno strumento politico destinato a ristabilire l'equilibrio tra le prospettive che si offrono oggi aìl'intero Mezzogiorno e quello che p,uò in partico1ar modo offrire nel settore degli investìmenti industriali quella parte meno provveduta del Mezzogiorno che è la Sicilia. Ristabilito però l'equilibrio, bisogna creare le condizioni di preferenza. Qui si inserisce decisamente il patrimonio minerario siciliano, come richiamo, i11coraggiamento, redditività sicura di impieghi di capitali ». [94] Bibloteca Gino Bianco
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