Nord e Sud - anno IV - n. 27 - febbraio 1957

Belle Arti; rilevando che, del denaro procurato al bilancio dello Stato in valuta pregiata (calcolabile in 112,6 miliardi di lire at1nue, per entrate turistiche), meno di sette miliardi (cioè un sedicesimo, ossia il 6%) vengono spesi dallo Stato per la tutela e l'amministrazione del patrimonio artistico: e questa cifra, riferita all'introito turistico totale, diventa saltano un trentaduesimo (pari al 3% I). Rimandando alla lettura dell'articolo del Ragghianti per una completa informazione e per le cifre precise, notiamo, tuttavia, che il patrimonio di arte in Italia influenza considerevolmente il· movimento turistico, vale a dire è fonte di notevoli rendite allo Stato, alla guisa di ogni altro bene economico. In altri termini, anche volendo prescindere dalle ragioni che sarebbe lecito invocare in nome della cultura e dell'arte, cioè - per esprimerci con le parole del Ragghianti - « del dovere morale e civico di provvedere alìa conservazione di un così alto patrimonio di valore universale », la considerazione di un tale reddito (che, tra l'altro, si rivela particolarmente stabile alla luce dei raffronti eseguiti anno per anno) è sufficiente essa sola a giustificare e rafforzare la legittima richiesta di un maggiore impegno da parte ·dello Stato per la conservazione del patrimonio stesso. « Le entrate turistiche in valuta pregiata, che tanto positivamente influiscono sulla nostra sempre difficile bilancia dei pagamenti », scrive il R., « sono dovute per metà a spese effettuate dai turisti stranieri in città d'arte, e comunque non di cura, soggiorno e turismo generico ». E' facilmente intuibile l'effetto disastroso cl1e nel giro di pochi anni porterebbe alla nostra economia l'ulteriore deterioramento di tale patrimonio, secondo quanto avviene oggi a ritmo impressionante, contro l'interesse della collettività, espressa nello Stato, ed esclusivamente a favore e per colp,a dei monopoli di sfruttamento organizzato e dei più audaci e vandalici speculatori. Tutto ciò è dovuto non soltanto all'insufficienza degli organi di tutela, ma anche al fatto· che, anche dove essi esistono ed avrebbero l'intenzione di i,ntervenire, non sono dotati di fondi adeguati. Non arriviamo, in verità, neanche a sottoscrivere quanto afferma il Ragghianti relativamente alla conservazione ed al restauro dei monumenti, e cioè che « un po' meglio vanno le cose per quanto riguarda i monumenti architettonici o storici » (pag. 12), perchè è cosa nota che, anche volendo limitare gli interventi ai casi di maggiore necessità ed urgenza (consolidare fabbriche fatiscenti, eseguire coperture per salvare affreschi, e simili), la somma da stanziare per essi dovrebbe essere almeno dieci volte maggiore di quella oggi predisposta. Basterebbe percorrere alcune vie dell'antico centro storico· di Napoli per constatare in quale abbandono versano fabbriche di r1otevole interesse artistico, di ogni età, mentre i restauri, compiuti od in corso, sono limitati a pochissime chiese, s_celte 110n senza compromessi ed incertezze. Quando addirittura non si verifica il caso, della eostruzione di una nuova chiesa in luogo di restaurarne una antica e di grande interesse [82] Bibloteca Gino Bianco

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