esterni), per ciò che concerne l'attrazione di nuove iniziative produttive. Per questo sembrerebbe opportuna la « radiazione » dal disegno di legge dell'art. 20 (anzichè rendere obbligatoria, per le Amministrazioni comunali, l'esenzione, come si è proposto nella suddetta riunione della Camera di Commercio napoletana). La « pietra dello scandalo » del disegno di legge è però certamente costituita, a giudicare da alcuni dei commenti suscitati, dall'art. 21, che dichiara « esente da imposta di ricchezza mobile di categoria B la parte non superiore al cinquanta per cento degli utili dichiarati dalle società e dagli enti tassabili in base al bilan,cio,, nei cinque esercizi che hanno inizio successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, direttamente impiegata » nel Mezzogiorno e territori assimilati « nella esecuziorie di opere di trasformazione o miglioramento di terreni agricoli,, ovvero nella costruzione ampliamento o riattivazione di impianti industriali »: l'esenzione compete fino alla « concorrenza del cinquanta per cento del costo delle opere e degli impianti ». L'esenzione qui prevista è contenuta in limiti assai più ristretti di quelli tracciati nello schema anteriormente predisposto dal Ministro Campilli, cui si accennava innanzi. Tale schema, difatti, era coingegnato in modo tale da concedere l'esenzione: a) oltre che dall'imposta di R. M., cat. B, anche dall'imposta comunale sulle industrie, commerci e professioni, e relative addizionali; b) in misura totale, e non già parziale (sempre a valere, beninteso, sui redditi effettivamente impiegati); c) senza prefissare limiti temporali all'applicazione· del beneficio. Così è accaduto che la norma del progetto governativo suscitasse le recriminazioni di alcuni ambienti interessati (del tipo di quelle espresse nel corso della ricordata riunione della Camera di commercio napoletana) per la sua minore « liberalità » nei confronti dello schema originario, e, ad un tempo, l'accusa di « eccessiva prodigalità » mossagli da parte dei settori più diffidenti nei riguardi dell'iniziativa privata. Il disegno di legge, viceversa, sembra avere optato per una soluzione che solo incidentalmente potrebbe ritenersi « di compromesso » : in realtà essa appare ispirata a quella cautela e ponderazione che si convengono nel concedere facilitazioni le quali, per l'indeterminatezza necessariamente inerente al loro esito, vanno configurate - quanto meno per un periodo iniziale - come misure sperimentali. È da segnalare il fatto che - grazie alla duplice definizione del limite massimo dell'esenzione (rispetto al reddito dell'impresa e rispetto all'ammontare effettivo degli investimenti) - la norma si traduce in termini tali per cui l'aliquota da corrispondere (riferita al reddito imponibile globale delle imprese) tende asinteticamente all'aliquota che esse dovrebbero per legge corrispondere, ove non godessero dell'esenzione parziale, man mano che diminuisce l'incidenza della parte di reddito investita sul reddito globale; a par- [75] Bibloteca Gino Bia co
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==