Nord e Sud - anno III - n. 25 - dicembre 1956

maticamente evidenti dagli odierni accadimenti internazionali, e in cui sarebbe comunque doveroso non impegnare pubblico denaro), quel programma quadriennale avrebbe potuto ricorrere in misura ancora più larga all'autofinanziamento. (È appena il caso di osservare che, anche nel caso in cui tale più. vasto ricorso alle risorse interne del gruppo E.N.I. fosse stato sconsigliato da esigenze aziendali, ne avrebbe comunque giovato l'autofinanziamento della spesa pubblica in genere). Una maggiore avvedutezza in tal senso avrebbe contribuito a mantenere quelle distanze di sicurezza dai punti critici segnati dalle resistenze opposte dai gruppi sociali - nel caso presente dalle categorie imprenditrici - che nel perseguire una politica economica si debbono pur tener presenti, per giungere ai fini voluti. O infine - ammesso che quei punti critici siano ancora lungi dall'essere avvicinati - si sarebbe contribuito ad assicurare allo Stato ulteriori possibilità di dirottare parte dei nsparmi della collettività verso gli essenziali impieghi produttivi a lunga scadenza di cui si diceva poc'anzi. . Quanto si è detto non va limitato al caso dell'E.N.I. (che si è preso ad esempio perchè certamente costituisce il caso più imponente e vistos<?) ma vuole essere interpretato come esposizione di un criterio generale, inerente a tutte le iniziative imprenditoriali dello Stato che non si propongano soltanto di supplire temporaneamente ed eccezionalmente (almeno in senso relativo) a certe deficienze della privata iniziativa. Con ciò non si intende davvero avallare le tesi di quanti vorrebbero che ogni e qualsiasi impresa pubblica abdicasse a determinati principi categorici di economia aziendale per sacrificarsi - nello tesso limitato ambito di tale economia - ad immediate finalità politico-sociali o come tali presentatP.. Nient'affatto: poichè è ben noto che proprio da siffatte pretese scaturisce gran parte di quegli << sprechi del pubblico denaro » che l'opinione pubblica è più pronta a rilevare e denunciare. Si vorrebbe, invece, richiamare l'attenzione su quella specie di « sprechi del pubblico danaro» che non attengono alle singole gestioni aziendali, m:i coinvolgono tutta quanta l'attività di impiego dei fondi pubblici. Quegli sprechi, cioè, che traggono origine da una non sempre sufficientemente rilevata incoerenza dell'azione statale néi diversi settori della pubblica spesa. Nel caso, si è detto, l'incoerenza si manifesta col consentire a certe pub-· bliche imprese di manovrare a proprio piacimento gli utili conseguiti in qualsiasi misura, di destinarli ad impieghi che soltanto aziendalmente possono considerarsi redditizi: ma che, relativamente alla pol~tica economica in via di perseguimento, non sono affatto « produttivi ,,; anzi, al co_ntrario, sono controproducenti. Si ha l'impressione che, fors'anche a causa del frequente rilievo conferito dai più disparati settori della pubblica opinione agli « sprechi » di certe [63] 6iblioteca Gino Bianco

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