fattosi banditore di una demagogica campagna contro « le leggi di privilegio » per l'industrializzazione del Mezzogiorno. Non sapremo indicare comunque a cosa potrebbe essere dovuta questa involuzione del mondo imprenditoriale del Nord nei riguardi della industrializzazione: se a un ringhioso risentimento oppure ad una esuberante sicumera, originata da una eccessiva fiducia nella propria potenza economica; se al timore di una troppo invadente e caotica iniziativa statale nel campo produttivo, oppure al dispetto causato dalla perdita di certe posizioni di privilegio in seguito a interventi obiettivamente opportuni, e giustificati ampiamente dagli interessi generali del Paese; oppure ancora ad una troppo spinta << politicizzaz_ione » delle organizzazioni imprenditoriali. Può essere che ciascuno di questi elementi, ed altri ancora, siano alla radice della involuzione che a noi sembra di presentire. Comunque sia, è chiaro che gli sforzi dei responsabili - e collateralmente gli sforzi di chiunque abbia a cuore una .pronta traduzione in atto della politica di sviluppo dell'economia nazionale - debbono adoperarsi per individuare e superare quei motivi. Riteniamo, infatti, che ad una relativamente prossima operazione di rilancio del « Piano Vanoni » il contributo consapevole dei privati imprenditotori sia non meno essenziale di quello delle altre· categorie economiche e sociali, ivi compresi i sindacati operai: ciò che del resto fu più volte affermato da Vanoni stesso. Sarà anzi opportuno ricordare le parole che ~'allora Ministro del Bilancio pronunciò alla Camera di commercio di Milano il 9 maggio 1955: << Una volta posto un problema come quello che oggi viene posto davanti alla coscienza degli italiani, o lo si risolve con il metodo della libera iniziativa, della libera responsabilità, o un giorno o l'altro si porranno altri metodi, altre necessità davanti alla coscienza degli impazienti che non vedono risolto il problema nel tempo, nei termini, secondo le possibilità che si presentano in tutti i momenti » • ...,..Trascurare le esigenze legittime e giustificate, il ruolo stesso della libera iniziativa imprenditoriale, potrebbe compromettere i tempi d'attuazione del programma di sviluppo; sabotare od osteggiare caparbiamente le direttive del programma di sviluppo, in vista dei propri immediati interessi, e più ancora nella vana speranza di un futuro prepotere sulla cosa pubblica, potrebbe essere definitivamente letale alla libera iniziativa degli imprenditori. Sono due prospettive che vanno opportunamente meditate dai protagonisti della vita politica ed economica, poichè sembrano ambedue estremamente deprecabili sul piano degli interessi generali, immediati e futuri, di tutto il Paese. n. d. r . . [57] BibliotecaGino Bianco
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