L'immagine di Praga mi stava nell'anima come un cancro che cresceva a vista d'occhio. Ne vedevo e ne osservavo ogni particolare. L'immagine più sgradevole era sempre il suo aspetto desertico. Se mi avessero chiesto quanti abit.anti vi fossero a Praga, avrei risposto centomila persone. E ne conta un milione. Un milione di anime introvabili. Dove si erano ficcate? Durante la notte il deserto si trasformava in un silenzio assoluto. Non un suono di pianoforte, non una voce, un passante, un posteggio d'auto, un tram notturno, un'oasi di luce. Non riuscivo a camminare. Come da ragazzo, dovevo correre. Non era colpa del comunismo. Ma mi veniva fatto di agire così, eccitato da quella cupola di. silenzio alto e profondo. Nessuno mi seguiva. Una volta incontrai un poliziotto che non si degnò neanche di guardarmi. Mi ero esaltato? Impaurito? Non oserei affermarlo. Quanto ho narrato è verità, una verità quasi tattile delle mie imp.ressioni òi viaggiatore. In tutto ciò dovette concorrere anche il contrasto del mio temper,amento di napoletano, figlio di una città dove la notte, molte volte, è un giorno illuminato artificialm·ente. Ma questi pensieri me li davo per consolare me stesso. Ciò che mancava a Praga era la cordialità, quanto si voglia dignitosa e rattenuta, tr,a le persone. Sapevo bene che era gente rigida per sua natura. Ma a Praga mi sembrava che ogni persona scambiasse con le altre soltanto le parole inerenti ,ai bisogrui della vita: come le parole del comprare e del vendere, del chiedere e del rispondere. Il resto, il meglio del cuore umano, ciascuno lo tratteneva per sè, ben chiuso. Un mondo che o dovevo considerare disumano o spento fino alla perdita della parola: come quando una collettività è colpita da una grave sciagura, e le lagrime e le parole non servono più a nulla. Restano gli occhi asciutti e la bocca chiusa. E non ci si cura più di vestirsi, ma di coprirsi per l'umana decenza e si continua .a uscire per il dov.ere ché si ha di mantenere il proprio corpo in vita. Sono impressioni: ma questo è il guaio, sono le mie, le mie impressioni. ·Quelle degli altri a che cosa potrebbe~o giovarmi s·e io stesso sono andato sul luogo dell'avvenimento e, nonostante l'inclinazione volontariamente ottimistica della mia disposizione, me ne sono ritr,a.tto con questa cupa v_isione?E se il punto di vista dal quale vidi la Spagna, la Grecia, la Turchia, il Brasile fu ritenuto giusto, perché avrei dovuto sbagliare proprio con Praga? Mi sarei sp,accata netta la testa per trovare la verità così come si trova il seme in un cocomero. Perché se la verità era quello che [24] BibliotecaGino Bianco
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