A parte ogni altra considerazione, a Canton era morto di febbre gialla mio zio Luigi, un marinaio della Marina mercantile. E volevo buttare un fiore su Canton per esaudire il più alto voto di mia madre. Ma c'erano altre r,agioni: interessi di studio, piacere per un viaggio lungo per terre sempre immaginate strane e affascinanti, senza mettere nel conto il vedere con i propri occhi un paese comunista e con un suo speciale comunismo. Avrei inoltre viaggiato con persone di prim' ordine, antifascisti provati, e non comunisti iscritti. Tutti compagni di strada. Il mio giornale mi invogliò ,ad accettare l'invito. Al ritorno avrei potuto scrivere numerosi articoli, come si volevano da me, di colore. « Tu sai vedere le cose vive, vai vai », dissero Coen e Terenzi. E partii, come un emigrante, con tutti i parenti alla stazione a salutarmi. Er'a stato fissato per luogo d'incontro Zurigo e prima di volare alla volta di Praga, dove ci sarebbe stata una nuova breve sosta, aspettammo tre giorni. Tre giorni f.elici. Fui ospitato in un albergo fatato, a base di cellule fotoelettriche. Le porte si aprivano al mio apparire, si rinchiudev.ano dietro di me. Non sembrava una città, ma una grande, sontuosa casa, spaziosa quanto una · città. Nell'aria vi er,a odore di buoni sigari. I muri delle strade di Zurigo, a batterci le nocche sopra, rintronavano quasi dentro vi fossero marenghi, scudi e zecchini tutti d'oro. Ordine, pulizia, ricchezza, magnificenza e. silenzio. Io non me ne sarei mai andato. A tavola si facev.ano conversazioni interessanti e per me c'era sempre da apprendere. Ma, all'improvviso, ecco giungere l'ordine di partire e volammo su Praga. Il cielo che a Zurigo era stato lievemente azzurro, stava incastrato su Prag,a come un elmo su un soldato fangoso. U~ uguale contrasto era nelle cose: tra il primo aspetto di Zurigo e di Praga; tra i Douglas della Swissair e quei due o tre apparecchi piccoli e tozzi, come poco adatti al volo, che giacevano sul deserto aeroporto d( Praga. Non lo comunicai neanche a me stesso: ma avvertii nettamente di essere capitato in un altro mondo che, per così dire, dal primo odore non mi andava ·a genio. L'allegria, per la stess,a severità 'e plumbea monotonia del luogo, mi abbandonò subito e provai l'altra impressione: di esser restato solo, senza gli amici: io e Praga. Avevo visto innumerevoli aeroporti e, pur sapendo che ciascuno ha una sua car,atteristica,- era comune a tutti un luogo di ristoro, un bar, una sala di lettura. E questo di Praga, enorme come estensione e dovuto essere magnifico un tempo, mi ricordava g]i [16] BibliotecaGino Bianco
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