Nord e Sud - anno III - n. 25 - dicembre 1956

Editoriale Gli av·venimenti in Ungheria - la repressione spietata e sanguinosa di una insurrezione popolare e libertaria - sembrano aver messo in pericolo invece che agevolare, almeno nel momento in cui scriviamo, l'unificazione socialista. Un risultato, conviene dz'rlo schiettamente, paradossale e alquanto impreveduto. Impreveduto perchè alla maggior parte degli osservatori politici pareva ovvio che il primo intervento sovietico, lo sviluppo drammatico della rivoluzione, il secondo terribile intervento sovietico, dovessero indurre tutti i socialisti, di qualsiasi militanza fossero, a rompere definitivamente ogni indugio. E pareva altrefiìovvio che pei socialisti del P.S.l., pei dirigenti se si vuole, ogni esitazione doveva cessare: l'ora non era più agli abili tentativi di equilibrio, alle manovre tattiche, al gioco logorante e finalmente inutile di chi si compromette per primo; era l'ora della verità e del coraggio, l'ora dei giudizi spietati e delle rotture verticali. Bisognava essere coerenti fino in fondo: e come dal rapporto Krusciov l'on. Nenni aveva dedotto, con conseguente energia, che quel che usciva in frantumi non era solo la virtù paradigmatica di Stalin ma la stessa concezione marxista-leninista della dittatura del proletariato e del partito unico; così dai nuovi avvenimenti, dalla repressione russa e dalla vocife- -rante ed abietta apologia di essa che i comunisti italiani venivano intessendo occorreva trarre la conseguenza che ciò che separava i socialisti dai comunisti non era tanto la diversità di giudizio su un fatto particolare quanto una divergenza fondamentale nel modo di concepire la democrazia e la lotta politica. Se il mondo civile provava innanzi alle divisioni russe che combattevano contro gli insorti ungheresi lo stesso orrore che aveva provato innanzi ai nazisti, questa non era soltanto una reazione sentimen- [5] BibliotecaGino Bianco

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