dialoghi: l'opposto, dunque, di quell'ideale corposamente e liricamente reale, « due volte reale », che Vittorini va ansiosamente perseguendo da Conversazione in poi. E dello sforzo che gli costi, secondo noi, proprio le pagine più « ardite » di Uomz"ni e no sono la migliore testimomanza. Di colpo in un altro mondo siamo portati dalla Garibaldz"na. Questa, che uri critico non ha esitato a definire « cosa bellissima» (Bocelli sul Mondo), davvero merita una siffatta qualificazione. E stupisce innanzi tutto la straordinaria novità della prosa: pressochè sparito quel senso di faticosa sofferenza espressiva di cui sempre Vittorini ne era stato insieme la vittima (Uomini· e no) o il poeta (Conversazione), quella violenza a cui la sua vena lirica sottoponeva 'la sintassi narrativa sembra placata in una scorrevolezza ammirevole; la quale, si badi, non smarrisce nessuna delle preziose conquiste del1'arte di Vittorini (condensazione lirica, particolari « poetici »), ma le conserva, come si diceva, « pacificate ». E ancora, altro elemento di primo piano, per la prima volta in una sua prova narrativa, una precisa ambientazione storica e paesistica - non conta, da questo punto di vis~a, Uomini e no con la sua « condizione d'impegno premeditato » - che nasce soltanto da estro sentimentale. Ed è la Sicilia, la Sicilia dei primi anni del secolo, ad essere l'oggetto della sua amorosa rievocazione. Ancora un viaggio, ancora un treno - sono state da un pezzo notate le « cpstanti » della poetica vittoriniana -, ma con un senso di preciso, di concreta realtà alfi.ne afferrata. Le peregrinazioni del protagonista di Conversazione e gli eterni viaggi dello zio Agrippa delle Donne di Messina sembrano aver trovato la loro meta. Dovremmo cioè qui trovarsi dinanzi al primo capitolo - data la brevità della mole - di quel « libro » di cui Vittorini, sin dai primordi della sua carriera è andato costantemente alla ricerca. Ed oltre la Sicilia ritrovata, nessun numero gli manca per esserlo, ivi compresa l'aura ancora ottocentesca che vi spira. Non è da ora che Vittorini contrappone i nonni, i Gran Lombardi, ai padri che scrivono o recitano tragedie. E si. ricordino quelle preziose confessioni-considerazioni sul melodramma che Vittorini ha preposto al Garofano rosso. Tutto questo h~ preso corpo nella Garibaldina. Ultima incarnazione del Gràn Lombardo questa vecchia che tira calci in segno d'affetto, che urla « Baronessa un corno » a chi così la interpella, che dice « noi uomini » e « I tempi in cui le cose succedevano sono finiti » è una compiuta e poetica incarnazione di quello stato d'animo definito, con una formula ' famosa, « il passaggio dalla poesia alla prosa »: l'animo risorgimentale alle prese con i conti della << ordinaria amministrazione». Ed essa lo ha conservato in- . . tatto quell'animo, con tutte le sue ire contraddittorie, con. tutte le sue glorie garibaldine, presunte o veritiere, comunque confuse e incontrollabili, ed è ognora pronta a un clima da spedizione • dei « Mille » contro ogni ingiustizia, contro O$Ill « scandalo nazionale». Ma essa è tutto questo in una Sicilia vivissima. Da quel bers~gliere, suo emblematico compagno di viaggio, a quel treno rutilante [118] BibliotecaGino Bianco
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