Socialisti e comunisti Nap~li, 20 novembre 1956 Caro Compagna, non vorrei che, giustamente auspicando l'unificazione socialista, per desiderio di veder migliorate le condizioni economiche delle classi sociali meno abbienti e rotto l'immobilismo che, da innumerevoli anni, soffoca la vita politica del nostro paese, finissimo con il farci impaniare dalle apparenze e istupidire dai trucchi, che nelle grandi (o piccole, a secondo della prospettiva) operazioni politiche che si svolgono in Italia, terra dei furbi, non mancano mai. Intendo dire che noi democratici laici che nel difendere la libertà pura e semplice non ci riempiamo la bocca (nè la ·penna) di principi generali quanto generici, dobbiamo continuare, in questo momento, a stare ben svegli e a non permettere che ci venga passata, sotto banco, per merce buona della merce avariata. Mi spiego con un esempio. Da qualche tempo diversi nostri amici carissimi norn solo vanno lodan40, temo senza dise1 1iminazione, tutto diò che avviene in campo socialista, dimenticando ch'essi socialisti non sono e che quindi non hanno il dovere di magnificare il mas-simalismo, il classicismo e tutte le altre belle genericità che da oltre un secolo ci vengono propinate dal socialismo d'ogni gradazione, ma addirittura lasciano passare sotto silenzio episodi che invece meriterebbero d'essere offerti alla pubblica meditazione. Per stare al nostro 1\1.ezzogiorno,uno di questi episodi è avvenuto proprio a Napoli. L'l I novembre scorso il P.C.I. av.eva indetto, al teatro S. Ferdinando, una manifestazione celebrativa del 39mo anniversario della rivoluzione d'ottobre, che il Questore di Napoli vietò per ragioni, disse, di ordine pubblico. Erano i giorni in cui i fascisti, vecchi e nuovi, schiamazzavano per le strade in cerca di una verginità liberale ed evidentemente in omaggio al loro senso della democrazia si impedì che i comunisti nostrani dicessero quel che avevano da dire. Deplorevole e meschina cosa, perchè dalle leggi non è stato affidato alla polizia il compito di impedire che la gente esprima pubblicamente le proprie idee, per spiacevoli che possano essere, ma quello solo di permettere la libera espression,e di queste idee contro coloro che vorrebbero impedirla. E in ciò sta la differenza tra la nostra democrazia e quella comunista: che in Russia e nelle democrazie cosiddette popolari dell'oriente europeo solo ai comunisti è dato parlare liberamente (Purchè non vadano fuori dal seminato, s'intende), mentre da noi è lecito comiziare, durante e dopo i dolorosi fatti d'Ungheria, persino ai comunùti. Ciò detto, da questa doverosa difesa della libertà di tutti all'atteggiamento assunto dai socialisti napoletani dopo il divieto del Questore il· passo è lungo. In quei giorni .Nenni ed altri autorevoli espon,enti del P.S.I. andavano apertamente criticando l'intervento delle armate siavietiche in Ungheria; la [109] BibliotecaGino Bianco
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