Nord e Sud - anno III - n. 24 - novembre 1956

Prescindendo dalla formulazione assai generica ed insoddisfacente di tale ragionamento (che meraviglia, da parte della U.I.L., Ìl cui cc ufficio studi » ha dato sovente prova meritoria di sè), ci si può attendere al senso, che costituisce probabilmente il fulcro delle posizioni cc vincoliste » (non cc interessate », in questo caso, ben s'intende): bisogna contenere l'accrescimento delle unità di vendita, affinchè possano ridursi i prezzi al minuto, ad un ritmo inferiore a quello dell'incremento delle merci esitabili. - Il fatto è che l'ipotesi di un ricavo costante rispetto all'aumento del volume delle vendite è difficilmente accettabile; specie se tale aumento è cospicuo (nell'esempio della U.I.L. era pari al volume iniziale). Innanzi tutto vi potrà essere un aumento delle spese fisse e semi-fisse, tanto piu probabile e tanto piu considerevole quanto minori si presentano inizialmente le dimen- · sioni economiche di ciascun esercizio; in secondo luogo non si vede il motivo per cui, di fronte ad un a11mento della propria attività, il dettagliante dovrebbe contentarsi del medesimo guadagno goduto per l'innanzi, specialmente nel caso in cui egli operi i,n un settore di beni a do,manda anelastica. Ma ciò che più interessa notare, a quesio proposito, è che proprio le tesi « v1ncoliste » sembrano ignorare l'effettiva funzione sociale cui ha adempiuto - ed è presumibile debba ancora adempiere - il settore del commercio al dettaglio. Quando si afferma che il numero dei dettaglianti è molto elevato, mentre che per contro ben rari sono gli esercizi condotti in forme diverse da quella individuale, quando si afferma che una gran parte dei venditori al dettaglio esercitano la propria attività senza aver alcuna conoscenza o com- . petenza specifica, si afferma l'esistenza di un fenomeno peculiare a tutti quei paesi. che presentano una defici~nza di capitali di contro ad una popolazio~e sovrabbondante. Certamente il capitale. oggi disperso in molte piccolissime aziende, spesso aventi carattere familiare, potrebbe essere concentrato in numero assai inferiore di imprese capitalisticamente progredite: è difficile sostenere, però, che in tali condizioni si migliorerebbe il benessere collettivo. Le grandi imprese capitalistiche sarebbero necessariamente localizzate in un numero notevolmente limitato di zqne, rispetto alle zo,ne di attuale localizzazione delle piccole aziende; sebbene ciascùna di esse potrebbe servire un numero ma~- giore di clienti e offrire loro migliori servizi di quanto non siano in grado di fare le piccole aziende, è da presumere che vi sarebbe un notevole numero di persone che non sarebbero servite, ed ancora un numero considerevole di persone che lo sarebbero in misura minore (si intende, a parità dì prezzi). Inoltre, vi sarebbe un notevole ammontare di mano d'opera disoc·cupata in aggiunta a quella oggi· esistente: e si imporrebbe il problema del suo sostentamento. Garantito che fosse tale sostentamento per mezzo di sussidi, è chiaro che si sarebbe comunque accresciuto il divario dei redditi tra i grup- . \ • [41] ~ Bibloteca Gino Bianco

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