Nord e Sud - anno III - n. 24 - novembre 1956

previsti fondi di investimento e di riadattamento. Tale fondo agricolo è appunto il pendant per l'agricoltura del fondo di riadattamento, sorto, in base all'esperienza della C.E.C.A., per riqualificare gli operai licenziati dell'industria. La nostra delegazione è riuscita a far valere il principio eh~ l'istituto del normale fondo di riadattamento è di difficile applicazione in agricoltura, dove si è in presenza piuttosto di sottoccupazione che di disoccupazione apparente, e dove quindi il metodo di concessione degli aiuti deve essere diverso. In secondo luogo, è stato fatto valere il principio, strettamente connesso con il precedente, che bisogna sforzarsi di realizzare il massimo di occupazione dell'unità agricola di lavoro, che non sia in contrasto con l'aumento della produttività. Cioè, si deve facilitare al massimo l'ossarbimento della mano d'opera agricola in altri settori dell'economia consentendo alla mano d'opera che resta impiegata nell'agricoltura di realizzare il massimo di occ11pazione (principio, questo, del resto, conforme alle direttive del Piano Vanoni). Le preoccupazioni, manifestate da Scalfari oggi, sono state uno dei leitmotiv dell'azione della nostra delegazione di Bruxelles; gran parte delle resistenze degli altri paesi erano state superate. Ora il progetto Mac Millan, se avesse un seguito, potrebbe magari riproporre sul tappeto una serie di problemi che nella sede dei « sei » erano stati avviati a soluzione, se non risolti. Il che ci porta a discutere gli aspetti negativi dell'iniziativa inglese. 111 primo luogo, c'è da temere che sul Continente, ed a Parigi in particolare, si sopravvaluti la portata del passo britannico, il quale finirebbe con l'avere una conseguenza ritardatrice sullo sforzo di integrazione dei « Sei ». C'è il pericolo, cioè, che, agli intralci causati dalla riluttanza francese, si aggiungano quelli inglesi e che in definitiva i francesi finiscano con il rompere il fronte dei « Sei » e con l'allinearsi sulle posizioni inglesi (già le resistenze francesi - come accennavamo - sono enormi: il Quai d'Orsay pone tutta una serie di condizioni di privilegio, e tende ad eliminare l'automaticità del passaggio da una fase all'altra del periodo di transizione). Questo equivarrebbe a trasformare il progetto di mercato comune in una qualche nuova organizzazione di tipo O.E.C.E., come già un'altra volta la C.E.D. degenerò in U.E.0. Il secondo pericolo, derivante direttamente dal primo, è che il Governo di Londra eserciti esso stesso, di sua iniziativa, un'azione per così dire minimalista, nel senso cioè di cercare di ridurre quanto più è possibile la portata dell'integrazione tra i « sei », al fine di attenuare le differenze, che verrebbero a crearsi tra lo « status » ingles.e e lo « status » dei « sei ». Come pP,r il caso dell'agricoltura, c'è il rischio che le forze sezionali di tutti i Paesi ad un certo punto si coalizzino per generalizzare certe « riserve » inglesi, e ri- (35] Bibloteca Gino Bianco

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