forse la fedeltà atlantica -- che il Segretario della D.C. ha pur ribadit a - sot- ~ .. tinten,de un arbitrium indzfferentiae? No certo: perchè politica atlantica se intesa rettamente vuol dire appunto visione globale della cong iuntura internazionale e aggiustamento su questa delle politiche nazionali. È contraddittorio dire che l'Italia non può essere << indifferente >>e proclamare insieme la nostra fedeltà alle alleanze. Il solo modo coerente di mettere assieme questi due propositi sarebbe di patrocinare all'interno del1' alleanza atlantica una certa presa di posizione piuttosto che un'al tra sui proble1ni del Medio Oriente. Ma può il nostro paese sostenere i n buona coscienza di aver fatto ciò? Non sembra, se si deve giudicare dal f atto che alla riunione del Consiglio Atlantico tenuto ai primi di settembre appunto sul problema di Suez, nè il ministro degli esteri nè alcuno dei sotto segretari si era recato! Non ci si rende conto, intanto, che, proprio segnando u na dicotomia .tra la « fedeltà alle alleanze>>e l'interesse italiano per il Medio Oriente, si degrada ulteriormente la N.A.T.O. ad un'alleanza tradiziona le, la si svuota, si esula definitivamente dall'impostazione della solidarietà con le democrazie occidentali come problema di regime per la democrazia italiana. E ciò proprio nel momento in cui si segna un tale principio come pietra di paragone della democraticità del P.S.I. ! Il discorso dello stesso on. Fanfani all'ultimo Consiglio Nazionale della D.C. ha ulteriorme11te a ggravato la situazione e il voto italiano all'O.N.U. l'ha forse definitivamente compromessa. Altri potrà forse consolar~i con la massima dell'Oxerstiense; quanto a noi riteniamo che non basta rifl,ettere amaramente sulla poca sapie nza che regge il mondo, e non ci stancheremo mai di ripetere che con idee s iffatte si conduce il paese alla rovina morale e materiale. La politica di solidarietà occidentale e s.opratutto la politica di co struzione europea devono restare i dati permanenti della politica estera italiana: come scrivev,amo nel giugno scorso, come questa rivista ha ripetuto numerose volte, « noi non abbiamo da sub.ordinare nulla a nulla: ma dobbiamo continuare per la nostra strada, che è la stessa delle grandi democrazie ,occidentali». Francamente, non sembra che sia possibile fare ciò lastricando ,questa strada di dubbi, di pentimenti, di esitazioni; lastricandola di << discorsi del Campidoglio», o << di Castiglioncello >>,di velleitarie mediazioni, di voti sbagliati alle Nazioni_ Unite, di baratri scavati tra il nostro paese e le grandi democrazie dell'Europa occidentale, di calamitosi allineamenti sugli errori americani. [20] Bibloteca Gino Bianco
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