, che già si dice, che l'Inghilterra è stata sempre la grande avversaria dell'europeismo, che la Francia è appunto il paese che ha affondato la CED. Ora nessuno vorrà dubitare dell'europeismo di questa rivista o della nostra stima dell'alleanza americana: è un fatto però che le opzioni fon1amen~ali restano quelle continentali. L'Italia resta a galla o va a fondo con la Francia e la Gran Bretagna: perciò l'Italia che all'ONU vota contro Francia ed Inghilterra mentre l'Olanda e il Belgio si astengono è l'Italia che non com-- batte una battaglia democratica ma che dà un altro colpo di scure al tronco dell'europeismo. . La verità è che già da tempo abbiamo notato una viva inquietudine, un generico desiderio di innovare in molti ambienti dirigenti italiani, sop•rattutto del partito di maggioranza relativa: sarebbe da augurarsi che la crisi di Suez, tra le tante c~lamità che ci ha procurato, portasse almeno a questo, ad un profondo esame di coscienza e ad una chiarificazione definitiva. Abbiamo sentito, ad esempio, dire più volte sottovoce da eminenti democristiani (e qualche discorso dell'on. Fanfani sembra confermarlo) che la D.C. si dovrebbe porre risolutamente come programma di politica estera la priorità dell'amicizia italo-americana su ogni altra politica. Lasciamo pure da parte la considerazione che il momento non sembra ~l più opportuno; e chiediamoci cosa può voler significare una simile politica fuori della solidarietà occidentale e della iniziativa europeistica. Essa vuol dire appunto i11politica estera isolare l'Italia dall'Europa; degradarla a Spagna; in politica interna sostituire uno schema astratto e prefabbricato alla evoluzione delie cose, se non addirittura creare una nuova e fittizia frattura sui temi della politica internazionale con l'opposizione socialista. L'evoluzione politica delle grandi democrazie occidentali mostra che sui dati permanenti della politica estera governi e opposizioni democratiche sono d'accordo, poichè negli attuali rapporti di potenza una certa politica estera è addirittura problema di fondo del regime democratico e il suo rifiuto può equivalere al rifiuto delle regole del gioco democratico. Ove mai anche nel nostro paese fosse in corso un'evoluzione del genere, non v'è dubbio che un progetto come quello che s'è accennato la ostacolerèbbe, se non la renderebbe addirittura impossibile. Francamente, già il discorso dell'on. Fanfani al Congresso di Trento non sembrava dei più rassicuranti. Co~a voleva dire, infatti, che il nostro paese non può assistere << indifferente » a ciò che accade in Asia o in Aftica? Che [19] Bibloteca Gino Bianco
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