ticolareggiata; ma, data la estrema varietà e· complessità della materia trattata nel libro (si tratta di mezzo secolo di cultura americana!), non possiamo qui distesamente parlarne. Assai discutibile ci pare ad es. il legame tra Kant e il militarismo tedesco stabilito da Dewey in << German Philosophy and Polz.tics »; e così pure la interpretazione data da Veblen, in << Imperial Germany and the lndustrial Revoluti.on », dell'etica idealistica come << una sopravvivenza barbarica, un segno della incapacità della Germania ad accordare la sua cultura e la sua civiltà alla sua nuova situazione economica » ! Anche il White a volte avverte l'insufficienza della tradizione empiristica e dissente apertamente, sebbene le sue conclu- . . . ' . ' s1on1 rimangano a mezz aria: cosi a proposito della tautologia in cui cade Dewey nello sforzo di dimostrare che l'etica è . una scienza empirica (si veda il capitolo << È l'etica una scienza empirica? »). Il discorso si fa per n~i più interessante a proposito delle riflessioni metodologiche dei due storici Charles A. Beard e James H. Robinson. << Essi studiarono la storia non perchè avessero nostalgia del passato, ma piuttosto perchè si preoccupavano del futuro », dice ad un certo punto il White, che, pur mettendo in luce l'aspetto rivoluzionario di questo principio, non ne coglie forse tutte le implicazioni. Nella loro po~emica contro i manuali di storia << che non connettevano il passato al presente » e contro quella storiografia inanimata che si interessava allo studio di << avvenimenti passati trz·v,:ali come gli assassinii, le idiosincrasie e i nomi dei sovrani e guerrieri remoti senza importanza », quei corifei della nuova storiografia pervenivano a una concezione della storia << come lo studio che potesse e dovesse contribuire direttamente alla comprensione e illustrazione delle circostanze attuali». È evidente insomma la loro polemica contro quella che in Italia è stata detta la << storiografia senza problema » e che un po' a tutti fa ricordare il giudizio di Croce su Ranke. Appunto contro Ranke, la polemica dei due storici americani fu costante; essi « non potevano affatto ammettere la celebre massima del Ranke che ufficio della storia sarebbe di raccontare come sono andate realmente le cose ». Era loro serio convincimento << che si dovesse dare alla storia una nuova funzione: la interpretazione ed esplicazione dei fatti ». Queste riflessioni dei due storici americani però rimanevano a nostro avviso slegate e non approfondite, e la loro concezione totale molto più dipendente da un certo clima culturale di quanto non appaia a prima vista. Se alcune affermazioni un po' paradossali (come quella che tutti gli storici anteriori, << da Tucidide a Macaulay, a Ranke, avevano esaminato il passato con l'intenzione di divertire, di edificare, o di confortare il lettore ») possono essere spiegate con quel certo radicalismo che accompagna le nuove verità che de~bono farsi strada in un ambiente ostile, altre portano ben evidente ,invece il segno del positivismo e del tradizionale empirismo . anglo-sassorie. Tale è l'influenza darwiniana e scientifica che si sente particolarmente in Robinson. << Robinson attaccava Ranke perchè... gli sembrava che Ranke eliminasse l'aspetto dinamico della storia, cioè quell'aspetto che si accordava con la teoria darwiniana dell'evoluzione ... », dice ad un punto l'autore. E ancora: << Robinson, convinto delle teorie darwi- [125] Bibloteca Gino Bianco
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