Nord e Sud - anno III - n. 24 - novembre 1956

America, tra la fine del secolo scorso e i primi decenni del nostro, una <<rivoluzione filosofica ». In questa tradizione l' A., sia pure criticamente, si riconosce,, sicchè tiene a dire « che questo libro non deve essere affatto apparentato al recentissimo pullulare di pensiero religioso, conservatore e oscurantista, il cui proposito è di screditare e compromettere decisamente il buon nome del liberalismo e del laicismo nel cam,po sociale, politico ed etico». Del resto, la dura e severa analisi che l' A. conduce nell'epilogo del libro sulle opinioni <<di due dei più noti critici della tradizione liberale», Reinhold Niebhur e Walter Lippmann, ci indica chiaramente la sua formazione culturale, i cui limiti sono un po' quelli della tradizione stessa a cui si rifà. Con una certa genericità ci sembra di poter li indicare in quella indistinzione tra conoscenza storico-filosofica e gnoseoprassi, che si ritrova anche in Dewey, nel rifiuto antistorico di gran parte della umana speculazione, da cui neanche andò esente il grande filosofo americano, ed in un certo ottimismo scientista (<<l'intrepida convinzione di Dewey che la soluzione dei nostri problemi sociali dipenda dalla applicazione della scienza alle attivita umane>>), che giustifica secondo noi alcune affermazioni di Reinhold Niebuhr. Pur nel loro aspetto torbido e reazionario, pur nel loro richiamo ad autori (Kirkegaard) che ci trovano diffidenti, le riflessioni di Niebuhr sul « peccato originale » ci paiono assai più sofferte e meditate della risposta che ad esse dà il White. Niebuhr sembra aver riscoperto il perenne momento del vitale, quando « non si stanca di parlare del carattere perenne e ineliminabile dell'egoismo urnano, qua/,unque sia il tipo della società ». In quella che noi abbiamo chiamato una <<rivoluzione filosofica », e che fu una rivolta contro quel tipo di cultura formalistica che non si lega a problemi concreti o si aggira in soluzioni astratte e antistoriche, che fu una rivolta contro la logica formale e il diritto naturale, pare al White di poter riscontrare due elementi positivi: lo <<storicismo » e quello che I • egli chiama <<organicismoculturale». L' A. trova che <<il significato di storicismo risiede per suo con~o nel tentativo di spiegare i fatti ponendoli in relazione a fatti precedenti »; ed intende per <<organicismo culturale » invece <<il tentativo di trovare delle spiegazioni e recare dei contributi importanti alle scienze sociali, oltre il singolo campo che si è preso ad investigare in modo preminente ». Quanto poco il concetto di <<storicismo » del- !' A. si avvicini a quello che ne abbiamo noi in Italia si potrebbe già intuire ricordando la mancata distinzione di sto- . riografia e scienza, indistinzione che intorbida un po' tutta questa <<rivolta contro il formalismo» dei philosophes so- . . pra menz1onat1. Per fare un esem,pio, nella polemica di Veblen contro Stuart Mill e il metodo dell' <<economia classica», Veblen è sostanzialmente nel vero quando rileva l'astrattezza delle ipotesi dell'uomo economico o della concorrenza perfetta, ma erra a nostra avviso quando ne trae come conseguenza l'accusa di falsità al metodo della << economia classica »: tanto var- .. rebbe, riconosciuta la natura delle matematiche, ripudiarle perchè <<formalistiche » e <<false ». Molti altri sono i problemi che a noi sembrano mal posti e che richiederebbero una discussione parBiblotecaGino Bianco [124]

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