Nord e Sud - anno III - n. 24 - novembre 1956

lazione dalle zone agricole arretrate a quelle industriali più sviluppate} che si è verificato in misura massiccia, su scala nazionale, in Germania, e che su scala addirittura mondiale ha avuto la sua più gran,diosa manifestazione nell'emigrazione italiana, irlandese, slava} cinese} ecc. negli Stati Uniti d'America. E si tratta di fenomeni grandi e dolorosi, da guardare con serietà e con umana partecipazione} e n•on con l'altezzosità inintelligente dei vari Gualerzi; e che attendono la loro soluzione dal progresso industriale dei paesi più avanzati e dallo sforzo di creare condizioni di vita accettabili ìn quelli più poveri ed arretrati, attraverso. una serie di processi e di interventi politico-econ•omici che certo non debbo illustrare ai lettori di questa rivista. Naturalmente tutto ciò comporta inconvenienti e sacrifici anche per le regioni più progredite, che pure sono di gran lunga le più favorite nella partita. Io sono ben lungi dal sottovalutare i problemi che l'immigrazione meridionale pone all'amministrazione e alla popolazione torinese; ma non posso non ricordare, a questo punto} che una immigrazione ben più imponente si è avuta in Roma dal 1943 ad oggi, con circa mezzo milione di unità in poco più di dieci anni; e che tuttavia non si è assistito allo ;catenarsi di f enomerti di vera e propria xenofobia quali sono quelli denunciati dalla esisteriza del Marp e dei vari Gualerzi, nonostante che Roma, con tutte le provvidenze statali, sia e rimanga città a reddito medio certo più basso che non Torino. La quale in realtà reagisce a fatti del genere più violentemente che non ad esempio Milano, proprio perchè a Milano l'immigrazione merid~onale - complessivamente assai più vasta che a Torino - è un fatto che risale orm-ai a parecchi decenni fa, ed al quale perciò i milanesi sono già abituati, mentre a Torino ha comin•ciato ad assumere dimensioni rilevanti solo in questo dopoguerra, e suscita di conseguenza reazioni più violente, come suole accadere per tutte le novità ... sgradevoli. Ciò che peraltro ci induce a considerare un altro aspetto della questione, cioè certa chiusura e provincialismo dell'ambiente torinese, che rimane tagliato dalle grandi correnti di traffico internazionale e nazionale, e che ha comunque potuto conservare più vivo il senso della propria regionale individualità, a differenza di altri I ambienti più aperti e « nazionali », come qitello milanese e lombardo. Anche per questo credo che Torino avrebbe molto da guadagnare dalla apertura dei nuovi trafori a,Zpini che si vengono auspicando, non solo sul piano economico, ma anche per la più ampia e libera circolazione degli uomini e delle idee. Perchè ci si possa rendere conto della vera natura e della serietà di questi fenomeni, credo che sia utile segnalare ai lettori non piemontesi di questa rivista il nuovo organo quindicinale del MARP che ha visto la luce a Torino, col titolo di u Piemonte Nuovo » il 15 settembre di quest'anno; e i più recenti pronuncianienti del Consiglio Comunale torinese e de La Stampa [119] Bibloteca Gino Bianco

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