ciali; ma il punto centrale della questione è che la causa della ;carsa competitività dell'industria francese nei confronti, ad esempio, di quella tedesca, va cercata altrove che nell'incidenza sui salari degli oneri sociali. Va cercata, cioè, nell'invecchiamento delle tec11iche, nella volontà maltusiana, nel gust9= della protezione a spese della com11nità; va cercata insomma in fattori morali prima ancora che economici, che esprimono, oltre molte altre cose, anche la rinuncia al più genuino spirito della inttapresa capitalista. È questa tranquillità beata e malsana che il patronnat francese vede minacciata dall'integrazione: la polemica sulla incidenza degli oneri sociali è in grandissima parte una cortina di fumo dietro cui si nascondono interessi che altrimenti sarebbero assai difficili da difendere. Quanto all'Italia, non si può non rilevare che essa vanta un duplice primato: quello dei salari medi orari più bassi e insieme quello dei più alti oneri sociali. La risultante di entrambi questi primati è che il costo del lavoro nel nostro paese è meno elevato ·che in ogni altro paese della CECA,. eccezio,n fatta p-er l'Olanda. Serve ciò alla competitività delle nostre industrie? La risposta di ciò non può essere che negativa: e le ragioni di ciò sono, in parte almeno_, quelle stesse che valgono per la Francia. In verità in Francia e in Italia il basso costo del lavoro (paragonato agli alti costi delle democrazie scandinave) è piuttosto un passivo che un attivo. Esso cioè non aumenta, come si è visto, le possibilità competitive della industria nazionale ed è insieme uno dei sintomi, e un sintomo inquietante, a dire il vero, di una gracilità e approssimatività delle strutture sociali, di una vecchiezza dell'apparato produttivo, finalmente di una mancanza di omogeneità e di sano sviluppo delle strutture politiche. ·-- L'inchiesta dell'Ufficio Internazionale del Lavoro è un documento importante, e che fa riflettere. Fa riflettere innanzitutto al fatto che lo Stato-provvidenza alla maniera degli inglesi e degli scandinavi è, malgrado tutte le ironie, più moderno ed efficiente del datore di lavoro benefattore per legge. I due istituti sociali sono tra loro a un dipresso nella stessa relazione in cui stavano il liberalismo della prima metà del secolo scorso rispetto all'assolutismo illuminato (e diamo alla relazione un valore storico e non meramente psicologico). E inspira in secondo luogo una considerazione che può sembrare perfin malinconica (malinconica tanto pare ormai destinata a risuonare nel' vuoto): di quanto bene farebbe all'Europa quella sana ventata d'aria fresca - e magari tempestosa - che è l'integrazione economica. FEDERICO Gozzi [66] Bibloteca Gino Bianco
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