Nord e Sud - anno III - n. 21 - agosto 1956

la illegittimità d,ell'assunzione dello sviluppo storico francese a modello « esemplare >> dello svolgimento di un moderno paese borghese e capitalistico. C'è, al fondo di questo atteggiamento, e dei continui raffronti ch'esso comporta, un che di provinciale, ch•esi richiama del resto a certa tradizionale francofilia del nostro pensiero democratico, ma che l1aun effetto deformante sul giudizio storico. In realtà, contraddizioni e battute d'arresto non sono mancate, naturalmente, nella storia francese; la stessa conquista della terra da parte dei contadini non risolse, come si è ricordato, che alcuni aspetti della « questione agraria». Tutto ciò è ben noto agli storici francesi, anche marxisti. Ma ,nella mente dei marxisti nostrani quel processo assume caratteri di assoluta ,perfezione, con danno della giusta intelligenza, e della storia nostra, e di quella di Francia. * * * Certo, la tesi del Gramsci ha una portata che va ben oltr·e i dati economici e strutturali, per investire l'interpretazione di tutta la storia d'Italia. Allo scrittore sardo la rivoluzione agraria si presentava come la gra.nde istanza risolutiva dei contrasti profondi della storia d·el paese, come un potente strumento unificatore di tutta la società italiana, che avre1 bbe creato un rapporto più profondo tra lo Stato e le forze « nazionali-popolari » della cultura e della società. Ma, intanto, una simile rivoluzione non poteva realizzarsi, nel secolo XIX, come forza avversa all'espansione dei moderni rapporti capitalistici; ma solo in quanto fosse riuscita a promuoverli e, in certo modo, a identificarsi con essi (e non certo facendo dell'Italia un paese di contadini e di artigiani, conforme agli ideali della democrazia piccoloborghese del primo Ottocento). E poi, in Francia, dove pure la Rivoluzione gettò le basi di una grande tradizione democratica, e associò le masse alla vita dello Stato più strettamente che non in Italia, si può dire che la rivoluzione agraria realizzasse veramente l'unità profonda di città e campagna? Le grandi crisi rivoluzionarie del secolo XIX, nel 1848 e nel 1871, mostrano quale solco profondo si fosse scavato tra le masse rivoluzionarie delle città e il tenace conservatorismo dei piccoli proprietari venuti su con la Rivoluzione: e fu proprio Marx uno dei primi a rilevarlo (48 ). Indubbiamente, il ( 48 ) C. MARX e F. ENGELS, Il 1848 in German1:ae in Francia, tr. it. Roma, 1946, pp. 178 sgg., 277, 353-54. [32] Bibloteca Gino Bianco

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