. non per questo era meno reale e meno concreta. Non è necessario sOttolineare tutti i dub,bi e le riserve che questo concetto di una struttura « oggettiva», fuori della coscienza degli uomini del tempo, può suscitare e suscita nello studioso non marxista: ma è anche vero che se ci si vuole rendere conto della indu·bbia importanza che la tesi del Gramsci ha assunto nella polemica sul Risorgimento occorre andare oltre la mera discussione di principio, e cercare di intendere fino in fondo il pensiero dell'autore nell'ambito della sua particolare metodologia: salvo poi a tentare di tradurre i risultati di questa analisi di una interpretazione valida anche per correnti culturali di diversa ispirazione. Al di là dunque di ogni discussione metodologica generale vanno poste, a proposito della tesi del Gramsci, due questioni fondamentali, relative da una parte alla reale possibilità di una rivoluzione agraria, all' effettiva esistenza cioè di una alternativa al Risorgimento quale· si è concretamente realizzato; e dall'altra al carattere più o meno progressivo, rispetto alla soluzione storicamente raggiunta, di questa presunta alternativa. Che è questione non meno importante della prima: perchè appunto sul non aver saputo spingere fino in fondo tutte le possibilità di progresso <<oggettivamente >>contenute nella situazione italiana si accentra la critica del Gramsci alla classe dirigente risorgimentale; e soprattutto perchè da una giusta valutazione del significato della mancata rivoluzione agraria dipende una esatta impostazione dei reali proble1ni dello sviluppo capitalistico e moderno in Italia nel secolo XIX. Ora, nonostante gli elenchi sempre più folti di insurrezioni e moti contadini che la storiografia, e non solo quella marxista, d'altronde, ci viene apprestando; nonostante la indubbia esistenza di condizioni di granJe miseria o di disagio in gran parte delle campagne italiane e la persistenza di larghi residui feudali, specie nel Mezzogiorno; nono)tante il fatto massiccio della presenza di una popolazione contadina di oltre quindici milioni nel 1860, di cui la maggior parte contadini poveri o braccianti o <<salariati>>,e i propositi talora affacciatisi di mobilitare questa massa contro i vecchi regimi assolutistici: sembra innegabile che la prest1nta alternativa rimane fuori della realtà storica e politica. E ciò, noì tanto per il tenace sanfedismo delle campagne italiane, magari superabile con la [14] Bibloteca Gino Bianco
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