Nord e Sud - anno III - n. 20 - luglio 1956

/ Dissipatori nei Palazzi Comunali Si sono da poco concluse le elezioni amministrative e vogliamo sperare che subentri ora nei Palazzi Comunali una più sana e seria atmosfera amministrativa. Giacchè, in questi dieci anni, di buona amministrazione, nei piccoli e nei grandi Comuni, salvo eccezioni, ce ne siamo curati poco, purtroppo. E, venendo da noi, questa considerazione non può essere scambiata per la solita esortazione qualunquistica. Quando, infatti, non si è arrivato, come in moltissimi casi, a concepire il Comune come fonte immediata di lucro, o come fonte di sovvenzioni per il proprio partito, o come succursale di beneficenza, si è sconfinato invece nel pi,ù vieto 1 p,aternalismo, o,p,p·ure ci si è abbandonati alla demagogia politica, al nepotismo e allo spagnolismo; oppure, .ancora, si sono apertamente difesi gli interessi di gruppi monopolistici. L'Italia meridionale, in particolare, non ha mai avuto una forte tradizione nel campo amministrativo; anzi, se proprio si vuol parlare di tradizione, ci si deve piuttosto riferire a quella, nefasta e corrotta, del Summonte; e in questi dieci anni essa è stata purtroppo ripresa in molti casi, che hanno dato luogo ad eccese discussioni scandalistiche. E se pur abbisognasimo di altre prove e dimostrazioni pratiche, le si potrebbero trovare nel grosso volume che l'Istituto Centrale di Statistica ha ~ da poco tempo pubblicato ( « I Bilanci delle Amministrazioni Comunali e Provinciali - Conti Consuntivi », 1952 e 1953). Scopo della pubblicazione, come ha scritto nella presentazione all'on. Segni il Prof. Maroi, Presidente dell'Istituto, è stato di mettere in particolare evidenza la struttura dei conti economici delle Amministrazioni locali, al fine di poter determinare, non più approssimativamente, ma con sufficiente esattezza, quella parte non indifferente del prodotto netto della Pubblica Amministrazione che riguarda le Province e i Comuni. Prodotto netto che è risultato importantissimo, come mostrano anche le cifre presentate dal Ministro del Bilancio nella sua ultima Relazione Generale Economica e Finanziaria. Le entrate effettive degli Enti Locali, Regioni Province Comuni, sono state, infatti, nel 1955, di 683 miliardi e le uscite effettive di 825 miliardi, con un disavanzo di 142 miliardi; disavanzo che si riferisce però soltanto alle Province e ai Comuni, avendo chiuso le Regioni all'attivo i loro bilanci. Nello scorrere il volume citato dell'Istat, ci siamo sentiti attratti dal <lesi~ derio di analizzare le cifre, le moltissime cifre, da un lato prettamente negativo: esaminare, cioè, attraverso le paurose cifre del deficit, come non si amministrano i Comuni; e come non avviene il prelievo giusto del reddito privato attraverso le imposte esatte dagli Enti locali; infine, come non viene giustamente distribuito tale prelievo. Tutte negazioni, ci si dirà; ma, purtroppo, esse vengono alla luce nell'osservare le cifre che si rincorrono per le cinquecento e più pagine di cui si compone la citata pubblicazione. Prima [52] BiblotecaGino Bianco

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