Nord e Sud - anno III - n. 20 - luglio 1956

·« Ve l'immaginate voi una conversazione nella quale, discutendo tutti noi .appassionatame:nte' e perciò imparando davvero, uno a un certo punto ci .desse dei voti sul registro? » (p. 396). Bellissimo, dice il Cases, « sembra di vedere la scenetta >>: prof essori e studenti bevono Chianti all'osteria della Stella d'Italia discutendo della .sintesi a priori, ma nessuno annuncia loro che debbono starci un anno, perchè, se un professore fosse << così mentecatto», la scenetta « si tramuterebbe in una sparatoria selvaggia da bar del Fìar West, e questo sarebbe l'unico elemento anglosassone introdotto nella scuola italiana>>. Poi, però, egli cerca di confortare i suoi lettori: << I professori italiani sono tutti come quello citato dall'Espresso? No, grazie al cielo>>.Grazie anche a Lei, .caro Cases. Il professore citato dall'Espresso, sono io. *** Veniamo ora a quelle considerazioni più generali, a cui quanto precede dovrebbe aver servito di avviamento esemplificatorio. Tra gli intellettuali marxisti non mancano gli individui intelligenti, che prendono sul serio le difficoltà, che si sforzano di guardare le cose al di là degli schemi, e son_oanimati da un disinteressato desiderio di migliorarle. Non mancano gli individui che hanno p1ovato la loro tempra morale attraverso duri anni di prigione, di clandestinità, di resistenza. Accanto a tipi che civettano col marxismo per motivi non sempre così generosi come quelli per cui Marx civettava con la terminologia di Hegel quando questi non era più di moda, ci sono giovani studiosi che s'impegnano di persona, che danno assai più di quanto ricevano, che tanto meno si possono giudicare mossi da speranze di rapido successo personale quanto più il sogno di un regime comunista in Italia viene svanendo in quello stesso crepuscolo, in cui è pure svanito il sogno di un'Italia del Papa. Parlavo.i tempo fa, con un giovane dirigente comunista, che da molti anni lavora per il suo partito nel Mezzogiorno. Da tanto non lo vedevo: . forse addirittura dal tempo della guerra, quando facevamo insieme scritte clandestine e discutevamo la redazione di quello che fu poi il « manifesto liberalsocialista ». Ascoltandolo, non potevo non ammirare la serietà del .suo lavoro, la tenace abnegazione con cui doveva averlo svolto, e conti- [33] Bibloteca Gino Bianco

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