Nord e Sud - anno III - n. 20 - luglio 1956

che si connetterà più o meno stabilmente e funzionalmente con altri aspetti del mio sapere. Non ci sarà mai un salto formale di grado, un passaggio da una classe all'altra. In altre parole, le gerarchie del sapere non sorio come quelle dell'esercito. In esse ogni grado sfuma indefinitamente nell' altro, senza soluzione di continuità. Quindi non è certo il passaggio di grado, che si può « sorvegliare avvenga in tutte le teste » I D'altra parte, non c'è comunicazione di sapere, per giovanile ed inesperto che ne sia il destinatario, la quale possa prescindere da una continua attenzione per il modo in cui essa viene ricevuta, per il modo in cui il ricevente vi reagisce. E i casi sono due. O questa attenzione si manifesta solo nel controllare se quanto è stato insegnato viene esattamente ripetuto con le stesse parole con cui è stato insegnato, e nell'assegnare voti positivi o negativi a seconda del grado di esattezza con cui avviene tale ripetizione. E allora si ha la scuola mnemonico-catechistica, che ha i suoi strumenti fondamentali nelle interrogazioni, nelle assegnazioni di voti, nei registri. Oppure quell'attenzione si manifesta nel cercare continuamente di capire che cosa l'ascoltante ha capito: che cosa realmente vede, per suo conto, dopo quello che gli è stato detto. E allora bisogna certo, anche in questo caso, interrogare. Ma l'interrogazione non si conclude più, prontamente, con un voto: deve svilupparsi in un dialogo. E l'originario contrasto fra la metà della lezione in cui si insegna, e la metà della lezione in cui si controlla l'apprendimento interrogando, viene con ·ciò sempre più a fondersi in una continua conversazione attiva, in cui lo scolaro finalmente non si trova più né di fronte a un predicatore né di fronte a un giudice, ma di fronte a un reale amico-maestro. Q.uesto è quello che s'intende dire quando si afferma che ogni scuola vera è sempre scuola di di- ' scussione (1 ). Altro che ,celebrare l'esibizionismo confutatorio dei saccenti! ( 1 ) Del resto, il Cases stesso mostra di comprendere quale sia il valore della discussione nella scuola quando, a pag. 403, elogia un suo uditorio di giovani operai nel modo che segue: << Volevano capire, e non brillare, ed erano pronti a discutere, n1a soltanto per capir n1eglio, e nel loro sforzo di capire mettevano talvolta con le spalle al n1uro la confusi one 1nentale sopravvivente nel loro maestro, inguaribile intellettuale italiano ». Ma allora perchè non sospetta che possa pensare lo stesso an- , ch'io? Vero è che io non appartengo, come quei suoi giovani, alla << classe operaia». E il Cases è deciso in proposito: « C~è una sola categoria di persone che eccettuo da da ogni sospetto di disfattisn10 scolastico, ed è la classe operaia » (ivi). Dunque è sospetto di disfattismo scolastico anche 1 ui. [27] Bibloteca Gino Bianco

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