Nord e Sud - anno III - n. 20 - luglio 1956

Rivista [llensile diretta da Francesco Coinpagna AN NO I II * N UME RO 20 * L U G L I O 1 9 5 6 Bibloteca Gino _Bianco

Nella Lexikon Elettrica l'intero com. plesso scrivente, il ritorno, l'interlinea, il dispositivo maiuscolo - minuscolo, sono comandati elettricamente. li maggior numero di copie, che la battuta elettrica rende costantemente uniformi, e le velocità molto più elevate che si possono normalmente ottenere, assicurano un rendimento di gran lunga superiore a quello delle macchine manuali. Prezzo per contanti: L. 225.000 Bibloteca Gino Bianco .. Si scrive componendo su di un quadro comandi

Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Bibloteca Gino Bianco

SOMMA.RIO Giovanni Cervigni e Giuseppe Galasso Guido Calogero N. d. R. Manlio R•ossi-Doria Michele Tito Mario Unnia Antonio Nitto Antonio Lettieri Ugo La Malfa Aldo Zerbi Editoriale [ 3] Appe11dice alle richieste sul socialismo [8] Problemi educativi e mentalità marxistica [21] / GIORNALEA PIÙ VOCI lJna rivista della Sardegna [ 40] Il disegno di legge per gli enti di riforma [ 42] Dalla miniera alla Legione [ 44] Ammutinamento in Piemonte [ 47] Dissipatori nei Palazzi Comunali [52] Università e Collegi in Sicilia [56] DOCUMENTIE INCHIESTE Il mercato comune e il rapporto di Bruxelles [ 61] Le due Italie esattoriali [76] -- IN_~C.ORSIVO [97] NOTIZIARIOBIBLIOGRAFICO [100] CRONACHEE MEMORIE Giorgio Tutina « Il Giorno >> minore [ 106] LETTERE AL DIRETTORE F. C. I m,eridionali a Torino [115] Francesco Compagna Nello Ajello Roberto Berardi Uno copia L. 300 • Estero L. 360 Abbonamenti 1 Italia annuale L. 3.300 semestrale L. 1.700 Estero annuale L. 4.000 semestrale L. 2.200 Nord • Sud e Nuova Antologia Italia annuale L. 5.500 Estero » L. 7.500 Effettuare i versamenti sol C. C. P. n. 3/34552 intestato a Arnoldo Mondad€1ri Editore • Milan Bibloteca Gino Bianco RECENSIONI Prime pietre [118] Gli ultimi Borbonici [ 121] La riforma della scuola [ 125] DIREZIONE E REDAZIONE: Napoli - Via Carducci, 19 - Telefono 62.918 DISTRIBUZIONE E ABBONAMENTI Amministrazione Rivista Nord e Sud Milano - Via Bianca di Savoia, 20 Tel. 35.12. 71

Editoriale Co.mmentando il discorso dell'o11. Togliatti al Comitato Centrale del l\C.I. del marzo scorso, Nord e Sud osservò che nelle sue parole v'era qualcosa di patetico. Le risposte che 'lo stesso on. Togliatti ha dato etile do1J1a11dedi Nuovi Argomenti ( cfr. Li'Unità, 17 giugno), non possono 11or1apparire, in,vece, un documento di proterva impudetzza. Il dilemma è molto semplice: o l'on. Togliatti conosceva, così come li denurzciavano tutti i demo.cratici occidentali, gli r atroci criniini di· Stali11 e dei suoi compagni e soci, e in questo caso sarebbe egli .,stesso, almeno moralmente, corresponsabile di quei crim,ini; ovvero egli ignorava tutto e lasciava ignorare tutto a molti milioni di liberi' cittadini itali.ani, che egli· e i suoi a1nici ubriacavano con la loro ,propaganda, e in questo caso sarebbe soltanto un servo assai'poco intelligente e perspicace. Nell'u1i caso come nei/- l'altro, complice morale di criminali o servo sciocco, l'on. Togliatti avrebbe dovuto tacere, abbandonare ad altri la direzione di un partito che aveva comu.nque tenuta così male, andarsene i·nsomma; magari nell'Unione Sovietica, a studiare da vicino quella -- situazi·one su cui ieri come oggi trinciava giudizi o senza co1ioscerla o mentendo. Certo quando si legge che << il sistema sovietico è... molto pi·ù democratico e progredito di qualunque sistema democratico tradizional,e >>,. si stenta a credere di aver letto bene: poichè quel sistema « molto più· democratico e progredito» ha prodotto, dopo tutto, una tra le più efferate dittature della storia, laddove i sistemi tradizionali ( quel~o degli Stati' Uniti; o dell'Inghilterra ad esempio) hanno sempre conosciuto la libertà politica .. E quando si vede il segretario generale del P.C.I. i·rretito nelle maglie del suo storicismo f ako e stento tentare di tenere insieme una materia che [3] BiblotecaGino Bianco

. gli sfugge da tutte le parti e accumulare le .contraddizioni, i sofismi, i difetti di omissione, le tautologie, le finte disi'nvolturej gli errori, i consapevoli travisamenti della verità di oggi e di' quella di ieri; quando si vede ciò, si può essere indotti a chiedersi se vale ancora la pena di fermarsi su un documento di questo genere la cui inconsùtenza è superata solo dalla povertà morale che lo ispira. Ma dopotutto la persona e la vicenda dell'intervistato è cosa troppo inferiore al problema perchè ci si possa lasciare distrarre da essa: il problema ·resta ed è di esso che giova occuparsi, cercando di passare le corti rie fumo ge1ie co1i cui l' on. Togliatti l'ha ricoperto così nella risposta a Nuovi Argomenti come tiella successiva relazione al Comitato Centrale del P.C.I. che nulla ha aggiunto di nuovo da questo punto di vista. Il discorso segreto di Krusciov era dominato da una contraddizione fondamentale, o almeno da un salto logico che toglieva ogni serietà alla sua impostazione: poichè il segretario generale del P.C.U.S. afjermava che la mostruosa crudeltà di Stalin, il regime di terrore organizzato, fe vio-t lazz'oni della legalità socicdista, la dittatura personale, insomma., .erano cominciate a un dipresso quando i nemici della rivoluzione erano stati già sconfitti e ridotti nell' ini possibilità di nuocere, quando l' edificazìot2e della società socialista aveva già avuto trionfale inizio. Innanzi a ciò è imposs/- bile non porsi una domanda: se è vero che la società socialista è la più perfetta del mondo, come può avere essa consentito una così mostruosa dittatitra? e che valore hantio più tutte le teorie marxisti 1 che sulle strutture prof onde della società se basta il folle capriccio di un uomo a scuoterle e a metterle in pericolo? IJa tesi della follia gratuita 'di Stalin può riuscire utile pram1natica1nente agli attuali dirigenti dell'Unione Sovietica, e non è detto che non ci sarà dato di assistere ad un trasferimento del corp,o dz1 Stali11 dal mausoleo, ad un esame medico dei suoi resti. È certo però che essa distrugge dalle fo1zdamenta la teoria marxistica. Lo stesso Tog.Ziatti se rie re11deconto quando osserva che a questo modo si resta << fuori dal criterio dz giudizio che è proprio del marxismo >> e non si vedono « i problemi veriJ che sono del niodo e del perchè la società sovietica potè giu11gere e giunse a· certe forme di allonta11amento dalla via democratica e dalla legalità che si era tracciata, e persino di degenerazione». Ma itl verità l'on. Togliatti rion va oltre qiteste ovvie proposizioni e si limita. ad osservare che gli errori pratici derivano da errori di priricipio, [4] BiblotecaGino Bianco

i quali ultimi egli sembra sintetizzare nell'erronea persuasione dei dirigenti sovietici, prima di ogni altro Stali11, che « ottenuti i primi successi, la costruzione socialista vada avanti da sè, e non tattraverso il gioco di contraddizioni di nuovo tipo, che devono essere risolte nel quadro, della nuova società, dell'azione 'delle masse e del partito che le dirige». E questa fran- • camente è una accusa che Stalin non merita, se è vero, come è vero, che egli teorizzò che i progressi del socialismo potenziavano le contraddizio12i sociali, itiasprivano la lotta di classe e rendevano· più combattivi e irriducibili i nemici del socialismo e del proletariato. La sola volta in cui l'011. Togliatti sembra avvicinarsi alla questione è quando osserva che resta_fermo che il problema centrale è quello della salvaguardia delle caratteristiche democratiche della società socialista e si chiede « come si colleghino le questioni della democrazia politica e di quella eco11-omica,dèlla democrazia i11terna e della funzione dirigente del partito con il funzz·ona1nento de-- niocratico dello Stato ». Ma egli si pone tali· domande solo dopo aver tentato per almeno otto colonne di dimostrare l'eccellenza dello Stato sovietico, e solo per suggerirle conte argomenti di meditazione ai... « com- . . . . pagni sovietici >>. Ora1 se è vero che l'avvento della dittatura fasci.sta e nazista trovava • la sua ragione anche 11elleinsufficienze storico-politiche degli stati· itali.ano e tedesco, deve esser vero anche che l'avvento della dittatura personale di Stalin trova la sua ragione nelle 1:nsuffi.cienze storico-poli'ticfte dello stato sovietico. Se si abbandona 'la mitologia soci·azi·stae si sta ai fatti·, si vede. che alla domanda: come può una società socialista aver prodotto il ptu perfetto esemplare di totalitari·smo moderno?; a tale 'doman,da si può trovare risposta solo analizzando le insuffici·enze di quel regi.me socz·ali:sta. Questo l'ha detto, se pur con· qualche anno di ritardo, lo stesso on. Nenni· quando ha affermato che il processo di destalini·:tzazione << investe al di là dell'uomo il sistema, investe i proble1ni ideologici connes'Si cdla nozione di dittatura del proletariato e alla applicazione che ha avuto in Russia, i·nveste la nozione le11inistaoltre che stali.niana del partito operaz·o,i·nveste le strutture dello stato nato dalla ri·voluzione di ottobre>>.Questa è la ba1zcarotta del marxisnio in quanto ideologia politica della liberazione umana, in quan- . to dottrina dello stato moderno. E quando Nord e Sud osservava, in una inchiesta sul sociali'snio nel Mezzogiorno, su cui qualche articoli.sta dell' ... ~vanti! ha ritenuto di dover mostrare u1i compunto e radicale dissenso, [S] BiblotecaGino Bianco

- che l'insufficienza i·deologicamaggiore che i nuovi quadri del P.S.I. ri·velavano era appunto 1iellaloro 'acriticaaccettazione del leninismo e di tutta la dottrina della dittatura del proletariato che da questa deriva, quando Nord e Sud osservavaciò coglieva un difetto evidente più acutamente degli articolisti dell'Avanti! I difetti, 'dunque, i tarli del reginie che· per 40 a1ini si è edificato nell'Union,eSovietica e che hanno portato con logica implacabile al parossismo di ferocia delle grandi purghe degli anni '30, agli stermini in massa, a quel capolavoro di· corte bizantina che fu il « complotto dei dottori», ai' processi zn Russia e nelle altre der,iocrazie popolari, al despotato personale a~i Stalin: un'analisi del rapporto di Krusciov che voglia essere pertirie1ite e discutere i problemi, e non menare il can per l'aia, · non può cominciare che da questo. L'on. Togliatti, irivece, con uno storicismo aberrante che ·da solo dimostra come ormai le sue «categorie» siano impazzite, l'ha voluto iniziare da una difesa dello stato sovietico, in cui fosse difeso, in fondo,. anche Stalin: e più volte torna nella ,suaintervista il tema che lo stalinis1no, il mito di Stalin erano fatti popolari, che le idee, le impostazioni di Stalin erano diffuse in tutto il popolo. Egli ricorda ciò prima per giustificare che la demoiizione del mito sia sopraggiunta troppo tardi, poi per giustificare quei giudici che nei processi si erano co1idotti come tutti sanno: e per scaricare le cose meno plausibili, accenna a -fior di labbra al soliito Beria. "A,,f a in questa difesa dello stato sovietico, e di Stal'in, Togliatti ,sidiffere11zia solo apparentemente da Krusciov: poichè in realtà anclie il segretario del P.C.U.S. diferide lo stato sovietico, e lo stesso Stalin. Per paradossale che ciò possa sembrare a prinia vista, la stessa"insistenza del famoso rapporto segreto sulla paranoia del vecchio dittatore è una sua difesa, una difesa di lui, cioè, in quanto figura storica, in quanto uomo, che fino agli anni '30 aveva guidato il partito comuriista sovietico alla vittoria ed al socialismo. In Krusciov v'è maggiore rozzez.za; in Togliatti i·nvece un linguaggio e i,11modo di argometitare sofistici nella sostanza ma più rig·orosinella f orma: i concetti ispiratori sono però i medesimi, e non deve ingannare l'accenno alla colpa di cui si sarebbero macchiati gli attuali diri·genti rossi .coi loro elogi sperticati di Stalin. Ma se la rivoluzione russa è 11-n<<blocco»l,o è per il male come per il bene: e i problemi che sono investiti sono oggi quelli di tutta la dottrz'na [6] BiblotecaGino Bianco

1narxistica.E non vale saltare Stalin per rifarsi a Lenin: occorre intzz·are il processo appunto da Lenin. E ricordare che fu Lenin a sciogliere l'a;.~ semblea costituente con un colpo di forza, a proibire tutti i partiti politici, a restaurare una polizia politica del tipo dell'Ovcrana zarista: fu Le12in cioè a porre le premesse del regime di dittatura che Stalin doveva perfe.J zionare. Q·uando l'on. Nenni scrive che il processo di destalinizzazz·one investe << la nozione leninista oltre che staliniana del partito operaio >> ha perfettamente ragione: si tratta però di tirare da tale premessa tutte le conseguenze, in buona logica. 1 socialistiche sembrano accingersi ad una revisione farebbero bene a non dimenticare la domanda fondamentale che è stata posta da La, Malfa, da noi stessi·,ai comunisti: << voi parlate di via 1,ta/,ia11aal socialismo; diteci dunque quali sono le strutture istituzionali, le istituzioni politiche di questa via italiana». Poichè è evide11teche la risposta ·ad una tale domanda sottintende una presa di posizione sulla concezior1eniarxista.Jenini·stadello stato. Nella sostanza quando Nenni disse qualche mese fa che il P.S.l. si impegnava a rispettare le regole del gioco democratico qitando era opposizione e quando sarebbe stato maggioranza, si pose con ciò stesso fuori della dottrina marxista-lenini·sta.Il dz"alogo, e forse il diverbio, che s'è inizz·ato tra socialisti ·e comunisti, è non soltanto un fatto politico ma un fatto ideologico. Dopotutto l'apertura a sinistra può essere un'effimera operazione politica; lo svecchiamento ideologico del P.S.l., il suo disancoramento dalle posizioni leniniste, antidemocratiche, è invece la soluzione di un problema di fondo della nostra vita politica. Questa rivista,'che è una rivista di liberalismomoderno, non può restare estranea ad una tale discussione e procurerà di contribuirvi denunciando tutti gli equivoci e le contraddizioni·,dei comunisti come di· chiunque altro. Per il momento vale la pena di segnalareche l'on. Togliatti'si è dimostrato incapacedi porre fran,camentee spregiudicatamente la questi'oneessenziale. l 7 J . . Bibloteca Gino Bianco I

Appendice alla inchiesta sul socialismo di Giovanni Cervigni e Giuseppe Galasso L'inchiesta da noi condotta sul Partito Socialista Italiano ha suscitato echi anche più ampi di quelli che forse noi stessi ci aspettav,amo. Ciò ha costituito per noi nuova e migliore riprova dell'opportunità e dell'attualità di una trattazione del tema prescelto; e, insieme, accettazione di quell'invito alla discussione col quale si concludeva l'editoriale premesso ;ill'inchiesta. Nell'esaminare i commenti che hanno {atto seguito al nostro lavoro, e nel tracciarne un bilancio, adempiamo a nostra volta all'impegno di rivedere, ove necessario, i risultati ai quali eravamo giunti. * * * Fria i temi preferiti dalle critiche che ci sono state rivolte da sinistra (Dario Valori, sull'Avanti! del 4-IV-'56; Sandro Petriccione, su Mondo Operaio dell'aprile scorso ed un anonimo corsivista su Paese Sera del 18-IV-'56) vi è stato quello di una nostra incapacità di afferrare compiutamente il significato della politica << unitaria >>,o << frontista » che dir si voglia, tanto da tacciarci di aver fatto l'inchiesta « più per dare ragione ad alcuni giudizi espressi abbondantemente nei numeri di Nord e Sud ... che per capire realmente che cosa è il P.S.I. nel Mezzogiorno>>. In re.altà, una obiettiva valutazione della politica frontista (così come di tutti gli altri aspetti della vita del P.S.I. nel Mezzogiorno) è stato proprio il punto dal quale abbiamo preso le mosse. Siamo lieti, comunque, che ci sia stata offerta l'occasione di riprendere, magari allargandola, la discussione su quello che è stato ed è uno dei temi principali della lotta politica italiana in questo dopoguerra. [8] Bibloteca Gino Bianco

.Avevamo affermato a questo pr.oposito che il frontismo aveva tratto la sua ragion d'essere - prima ancor.a che dal maggior dinamismo della azione comunista - dall'affievolimento delle ideologie socialistiche, già forte alla vigilia del secondo conflitto mondiale; e avevamo aggiunto che, all'indomani di quel conflitto, il socialismo italiano si era trovato pertanto a dover scegliere fra due vie (quella << laburistica >>e quella << sovietica >>), che scaturivano da u'n processo in pari misura, sebbene .oppostamente, revisionistico del socialismo tradizionale. Non pare che sia sostanzialmente in disaccordo con noi su questo punto il più accurato dei nostri precitati recens.ori, Sandro Petriccione, quando scrive che << la primitiva adesione (del P.S.I.) al Fronte del Mezzogiorno aveva oggettivamente rappresentato · il riconoscimento del maggior dinamismo del P.C.I. ». Senonchè, è pr~ prio in queste stesse parole di Petriccione che riemerge quello che fu il tragico errore della po1 litiQ. delle gerarchie del P.S.I. negli anni dell'immediato dopoguerra. Poichè il << riconoscimento >>del maggior dinamismo comunista si tradusse ad opera loro in accettazione indiscriminata della << via sovietica >>,sulla base, più o meno sottintesa, di un giudizio storicopolitico che riportava la società italiana assai più alle realtà del mondo orientale che a quelle del mondo occidentale. Dove per realtà orientale si intende una struttura sociale sottosviluppat,a e preindustriale, caratterizzata, per intrinseca contraddizione, da fondamentale ed esasperata incapa-- cità delle classi dirigenti ad interpretarne fin le più elementari esigenze di articolazione e di sviluppo; e dove per converso si ritrova la validità storica delle ragioni che mossero nel 1947 la scissione social-democratica di Palazzo Barberini. Se, pertanto, derivò poi da ciò un complessiv.o-deterior.amento della presenza socialista nel Paese, la responsabilità non va ascritta sul conto degli « scissionisti>>, quanto a carico della maggioranza del Partito, che venne meno al compito, fondamentale di ogni formazione marxistica, di intendere la realtà delle strutture sociali in cui si trovava ,ad operare. Del che è prova, d'altronde, tutto quanto il corso della vita politica italiana tra il '47 ed il '53, dominata dall'esperienza del riformismo centrista, i cui limiti non derivano da ineliminabili contraddizioni di struttura, bensì da aporie per così dire sezionali, risolvibili (e certo non senza pspri contrasti) in una ulteriore normale evoluzione del sistema politico, mercè l'integrazione in esso di determinate forze e l'esclusione di altre. [9] Bibloteca Gino Bianco

Se queste, tuttavia, fur.ono le condizioni per le quali si continuò nel ,dopog11erranella esperienza frontista la precedente solidarietà antifascista del P.S.I.U.P. e del P.C.I., il 18 aprile del 1948 e il correlativo avvio della politica di riforme posero in crisi il frontismo che Morandi definì << semplicemente ... portato dalle circostanze» e che aveva caratterizzato l'immediato dopoguerra. Si ebbe allora nel P.S.I. la breve e tormentata esperienza della direzione centrista, che, nata sostanzialmente da uno stato d'animo di delusione e di risentimento post-elettorale, rimase poi circoscritta sempre da questo limite iniziale; e come mancò alla seria impostazione di una concreta linea politica nuova, così trascinò stancamente la prassi unitaria degli anni precedenti, e permise alla nuova sinistra che si andò r,adunando intorno a Morandi il ripensamento e l'approfondimento della posizione unitaria. E siamo con ciò ad un altro dei temi centr,ali prop.ostici da questi nostri recensori: la figura e l'opera di Rodolfo Morandi, che della nuova sinistra fu il capo morale e fu insieme l'iniziatore di una vera e propria seconda fase del frontismo. -· Sia Petriccione che Valori ci hanno mosso il rimprovero di esserci lasciati sfuggire particolarmente proprio l'originalità e la validità dei criteri che con Morandi vennero a reggere l'organizzazione e la p.olitica del P.S.I. · Ora è vero, come dice il Petriccione, che « solo tuff,andosi nelle lotte di .ogni giorno, tenendosi a contatto delle esigenze popolari, poteva il P.S.I. trovare giustificazione della propria esistenza quale partito delle classi lavoratrici >>; ed è anche accettabile l'asserzione del Vlalori che altro è « frontismo» ed altro è << azione di massa» e che << nel '48 il P.S.I. fece una politica frontista ma non impostò la propria lotta sull'azione di massa; (lad- -dove)oggi il suo sforzo organizzativo è fondato sull'azione di massa, mentre non fa un'azione frontista ». Senonchè, è pur vero che da nessuna impostazione organizzativa esula mai un significato politico; così come è I pur vero che ·ogni politica ha la sua articolazione organizzativ1 a. E se va data per scontata la necessità per un partito operaio di mantenere il contatto con le aspirazioni delle masse, ciò non signifìCiapoi ·che esso non .abbia il dovere di tradurre quelle aspirazioni in una definita e concreta linea politica. Ma, app,unto, nelle lotte di massa la presenza socialista si è .-risoltain elemento materiale che rimandava sul terreno ideologico e politico alla linea (questa, sì, definita e concreta) v,ol~aa volta adottata dal P.C.I..· L'altro grande ruolo giocato da Morandi fu, infatti - accanto [10] Bibloteca Gino Bianco

ed oltre quello di ispiratore e di dirigente dell'organizzazione -, nel teorizzare, con spirito fin troppo consequenziario, 1anche se ,non con logica perspicuità, questa posizione, in cui lo sch~ma dell'unità-distinzione veniva asserito e ribadito come cardine della politica del P.S.I.. Citiamo, in via -di esempio a questo proposito, qualche passo particolarmente significativo da quei discorsi di Mor,andi ai giovani che, se non esauriscono i temi del suo pensiero politico, <<permettono», secondo le parole di Nenni, « di individuarne il filo conduttore>>. « La nostra politica di unità », diceva Morandi, cc è azione, intervento, . _partecipazio11e alla lotta che in un più vasto ambito della vita nazionale si combatte per la costruzione del socialismo. E il concorso 11ostro nelle lotte •.che i lavoratori italiani sostengono non può consistere che nello sforzo, in cui dobbiamo essere permanentemente tesi, di sviluppare per stadi succes- ·sivi l'unità in conformità dell'avanzare e del progredire di questa lotta che occupa la scena del mondo » • cc Bisogna su queste cose intenderci bene. Quando qualche volta ancora sentiamo dire che il partito deve avere una sua politica, se non vuole confondersi col Partito Comunista, e una tale politica si dimostra di saper vedere solo in differenze quali che siano da segnare rispetto alla politica -comunista, sorge giustificato il dubbio che si sia mai compreso ciò che vuol .dire proporsi e praticare una politica unitaria. Rispetto al Partito Comunista, rispetto a un partito della classe operaia, come noi siamo, una politica unitaria si definirà semmai sul piano della identità e non sul piano delle differenze » • « Ideologicamente, senza riserva alcuna, noi assumiamo il leninismo come interpretazione e sviluppo del marxismo. Storicamente, noi ribadiamo il .superamento della social-democrazia nella sua duplice espressione di rifor• mismo e di massimalismo. Possiamo dire dunque di avere di nuovo attinto la identità che non è tuttavia l'unità ». cc Al cospetto delle 1nanipolazioni repugnanti, dei magnarucchi, di così lercio tentativo che si fa, da parte di questi nostrani adepti. della provocazione internazionale, di insozzare delle bave titine il marxismo-leninismo, -dobbiamo asserire con forza che con l'assunzione senza riserve del leninismo intendevamo, e in ogni caso intendiamo, assumere anche e fare nostri i ·valori storici dell'opera di Stalin e gli insegnamenti che se ne ricavano, ». Donde, anche, una giustificazione della funzione autonoma del P.S.I. ..su piani di assai dubbia concretezza: le tradizioni, le lotte di massa o [11] Bibloteca Gino Bianco

addirittura l'utilizz,azione e l'assorbimento di posizioni elettorali precostituite (1 ). Non ci sembra, invero, che, dall'insieme di quanto abbiamo citato, la posizione di Morandi venga fuori in luce diversa da quella in cui noi l'avevamo prospettata. In sostanza, rimase sempre in essa - anche· quando negli ultimi tempi sembrò che Mo~andi accedesse a visioni meno schematiche dei problemi politici italiani - la fondamentale contraddittorietà di un'opera diretta << a costituire >>,come era detto nella conclusione della nostra inchiesta, « un forte partito socialista muovendo dalla tesi della necessità della politica unitaria, di costituire cioè un forte partito· . senza dargli 11elcontempo, e anzi impedendogli di avere, una salda coscienza autonomistica>>. E la contraddittorietà sta tanto nel postulare la necessità di due partiti per una stessa politica, quanto nel fatto che un organismo il quale cresca ,al di là di certi limiti n.on può più accettare (diremmo quasi per ragioni di maturità fisica) tutele e direttive del genere di quelle che per il P.S.I. Morandi mutuava dal P.C.I.. Da questa impostazione generale discendeva poi, di fronte al problema del Mezzogiorno, una posizione per nulla originale, che, ripetendo sosta.n-· . zialmente i noti temi gramsciani, lo identifica come il punto più debole della struttura sociale italiana e, pertanto, come il luogo ideale per gli esperimenti di avvio al leninismo per strade italiane. Noi riteniamo che anche questa analisi non sfugga ai limiti fondamentali del giudizio storico-- politico sul quale è basata la concezione generale cl.onde essa scat11risce. ( 1 ) << Facendovi prima riferimento, soggiungevo, che voi, giovani compagni, reclutati sotto questo segno, non dovevate sentirvi ingombrati da altri interessi che il Partito potesse convogliare. A quali interessi intendevo precisamente riferirmi? Mi riferivo, è facile comprenderlo, a quella vorace vegetazione elettoralistica propria del periodo di sviluppo relativamente pacifico del movimento operaio europeo di cui è rimasta preda inerte la social-democrazia, agli interessi germinati dal parlamentarismo che in parte il nostro Partito ancora oggi convoglia in sè in forza del suo passato. Intendiamoci del resto con chiarezza su un punto come questo. Come Partito, non possiamo davvero permetterci il lusso di infierire su queste debolezze. Una deconsiderazione totale di interessi di questa natura riuscirebbe da parte nostra una ·negazione assai semplicistica. In fondo è pure in questo graduale riassorbimento dei residui inerti del passato che si esplica con utilità indubbia per il movimento operaio la nostra funzione di socialisti » ( dal discorso del 6-12-'52 al V Convegno► della gioventù socialista). [12] BiblotecaGino Bianco

" Se, infatti, alcuni caratteri delle provincie meridionali le rendono più simili ,alla vicina Balcania che al più lontano Occidente, è però arbitrario dimenticare che il Mezzogiorno è ancor sempre Occidente, che di un Paese occidentale· esso è parte e che occidentali sono gli aspetti più validi delle sue tradizioni morali; e su ciò rimandiamo a quanto Ugo La Malfa scriveva sul primo numero di questa Rivista. D'altra parte, l'attenzione che Morandi aveva portato al pr.oblema meridionale - riproponendone i temi in seno al Partito Socialista più di trent'anni dopo le polemiche di Salvemini e, per la divers,a situazione generale del Paese, con maggior fortuna dello storico pugliese -, seppure contribuì a superare il tradizionale << regionalismo» socialista, non trovò poi un'adeguata controparti 4a di concreti atti politici che non fossero la partecipazione ai movimenti agitazionistici ed eversivi organizzati dal P.C.I.. Dei quali è pur giusto dire che, se da un lato hanno rappresentato un fenomeno di cui non si p.ossono disconoscere i molteplici aspetti positivi, d'altro canto hanno rappresentato un fattore obiettivo di· deteriora~ mento della situazione meridionale. Sollevate, infatti, le masse contadine, questa politicla le bloccò poi ad un'.opposizione pregiudiziale, segregandole di propria volontà da quel processo di riforma al quale esse erano prima d'ogni altro interessate. Ne risultò un non trascurabile elemento di logorio dell'iniziativa riformatrice, la quale - trov,and.o decisamente ostili anche i ceti ch,e ne avrebbero dovuto tr;arre beneficio - finiva con l'atteggiarsi di fronte ad essi come iniziativa deteriormente illuministica; e, nello stesso tempo, veniva perciò a perdere forza e mordente verso i ceti che cl.alla riforma ricevevano danno. In tal modo il movimento contadino degradava sempre più ad oggetto della riforma; e si determinavano le condi.J zioni propizie ,allo sviluppo del paternalismo degli Enti di Riforma e di quello, molto più pericoloso, della « b.onomiana ». Si dirà, forse, dai nostri contraddittori che l'unità era negli animi delle masse prima che nelle direttive socialiste. E che cos'altro, diciamo noi, si ·sarebbe potuto ritrovare alla base se al vertice veniva meno ogni elaborazione autonoma di temi politici; o meglio, se il solo tema elaborato concludeva alla necessità dell'azione unitaria? Del resto, - d,al Convegno materano su Rocco Scotellaro alle risoluzioni della Commissione per il lavoro di massa d,el P.S.I., cui s.pesso ,abbiamo fatto cenno nel nostro lavoro - non sono certo mancati i sintomi che denunciavano nelle stesse [13] ., Bibloteca Gino Bianco

sfere socialiste una più o meno consapevole e dichiarata insoddisfazione dell'impasse in cui il movimento frontista a direzione comunista ha cacciato le masse rurali del Sud. A questo punto, vien fatto spontaneo di ricercare i motivi per i quali il corpo elettorale ita1iano ha dato così a 1 lungo torto a coloro che per noi avevano così evidentemente ragione. Ma è facile rendersene conto, ricordando la storia recente della social-democr,azia italiana e i limiti iniziali e successivi di qu·esta formazione. Già una riduzione notevole di prestigio derivava dal presentarsi come troncone scissionista di una vecchia e gloriosa tradizione; m,a ancor più pesò l'incapacità di portare avanti, con un coraggioso ·processo-di revisione, l'intuizione moderna donde ebbe origine la scisrsione. Il movimento socia1-democratico si lasciò, invece, invischiare dalle polemiche sulla scissione ed oscillò fra una st:erile rivendicazione dell'ortodossia marxistica ed una costante ripetizione di formule laburistiche, mutuate da esperienze straniere e non adattat:e in alcun modo alla realtà ita1iana. Sicchè il difetto fondamentale dell'esperienza socia'l-democratica appare essere stata una defìcienz,a ,di cultura politica che sapesse tradurre in formule articolate l'acuta intuizione ,originaria. Irretita in questa fondamentale limitazione, la social-democrazia si piegò poi, specialmente nel Sud, ad una troppo compiacente pratica di trasformismo e di opportunismo; nè seppe adeguatamente reagire all'usura dei successivi impegni di governo. Ma, all'attivo del proprio esperime11to, la social-democrazia poteva e può ascrivere, oltre l'intuizione europea che l'ha animata, l'aver concorso a blocca·re i germi involutivi che sempre covarono in seno alla formula centrista. Chè, se durante il perioclo degasperiano un protagonista ·socialista vi fu nella vita pubblica italian~, questo fu il partito dell'on. Saragat; e se oggi è possibile dialogare con i cattolici italiani su ben altri piani che quel1 li di una lotta pro o contro un regime, il merito è ancora di chi, attraverso una difficile e coraggios1a,anche se talvolta cedevole prova di collaborazione, ha mostrato col fatto la positività di una franca convergenza dell'azione politica dei cattolici sul terreno delle istituzioni democratiche. D'altra parte, sulla sinistra dello schieramento politico italiano, mentre la social-democrazia dimostrava le sue carenze e mentre i comunisti cominciavano a risentire l'usura di una politica rivoluzionaria sempre promessa e mai realizzata, perchè obiettivamente irrealizzabile, si sviluppò e crebbe, all'ombra del maggior partito di opposizione, il Partito Socialista [14] Bibloteca Gino Bianco

• dell'on. Nenni. Non compromesso in esperimenti difficili di governo, nè· troppo implicato alla base, per le sue stesse deficienze organizzative, nella opposizione sistematica; svecchiato da molte incrostazioni personalistiche e clientelistiche e a poco a poco organizzato, sia pur debolmente, in forme· moderne; questo partito, titolare della vecchia tradizione, veniva ad essere il naturale beneficiario della nuova congiuntura politica determinata dalla contemporanea crisi del centro democratico e della pressione totalitaria del Partito Comunista. Ma, per trarne ,appieno ogni utilità ad esso più non bastavano le mistiche formule unitarie e si richiedevano, invece, parole di ordine di più concreto sig~ificato politico. Dietro Morandi riappariva Nenni, col suo intuito politico, talora un po' spregiudicato, e con quel tanto di demagogico che non guasta mai in Italia. La mistica faceva posto alla politica; e, del resto, negli ultimi discorsi dello stesso Morandi era possibile cogliere, come abbiamo già detto, accenti e toni che non erano· più quelli, rigidissimi, degli anni precedenti. In tal modo, in un quadro da ampliare ormai - col primo avvio del pr.ocesso di distensione - a tutta la situazione internazionale, va intesa egiustificata la ripresa del P.S.I., anche se ciò possa riuscire di difficile comprensione a quella facile apologetica di partito, alla quale, sulle colonne· dell'Avanti!, ci è sembrato indulgere il V1alori. * * * Crediamo di aver risposto con quanto precede alle obiezioni di maggior peso posteci dal Valori e dal Petriccione. Crediamo .opportuno, tuttavia, controbattere ancora qualche altro e marginale loro rilievo. L'uno e l'altro dei due scrittori ci hanno rimproverato di aver fatto (e citiamo le· parole del Petriccione) << delle vicende pers,onali dei suoi dirigenti l'elemento essenziale del Partito e dei suoi quadri; senza tenere nel dovuto· conto le suggestioni che potevano provenire dalla base ed ancor più dai. profondi mutamenti che si andavano verificando nella vita meridionale ».. Ora, a prescindere dalla maggiore o minore fondatezza di questa accusa, ci sembra che i nostri contradditori abbiano dimenticato in primo\ luogo il peso dei personalismi nella vita del P.S.I. meridionale durante tutti questi anni e quanto spesso le vicende del P,artito si siano ridotte, specie alla periferia, alle vicende e alle lotte degli uomini più in vista. Ma, soprat- [15] Bibloteca Gino Bianco

' tutto, una tale obiezione ci sembra peccare di ingenuità. Dove mai fisseremo il limite distintivo fra la storia di un'istituzione o di un movimento e quella degli uomini che l'hanno incarnata? E che altro mai conosce la storia se non azioni e passioni di uomini che riassumono e intrepretano azioni e passioni di altri uomini? Non comprendiamo poi perchè il Valori si scandalizzi tanto per la importanza, da noi sottolineata del contributo di opere e di pensiero che al P.S.I. apportarono i quadri di provenienza azionistica; e voglia nientemeno vedere in ciò uno << scopertissimo tentativo di creare divisioni dallo esterno>>. In realtà, ponendo in risalto il contributo azionistico, lungi d,al proporci i ridicoli e tenebrosi fini imputatici dal Valori, avevamo voluto segnalare quale fermento avesse rappresentato nel 1947, sul tr.onco inaridito del socialismo tradizionale, la complessa problematica degli uomini del P.d.A .. Attraverso costoro, infatti, si era espressa l'esigenza di operare nella società italiana la difficile sutura fra socialismo e liberalismo; così c<?me,attraverso l'opera del gruppo di << Ordine Nuovo» si era espressa l'esigenza di operare, in questa stessa società, una mediazione fra il socialismo tradjzionale e le nuove esperienze sovietiche. E ci eravamo anche rammaricati che, in sostanza, nella vita del P.S.I. in questi anni, il primo di questi due tentativi si fosse risolto in abdicazione a favore del secondo, con l'accettazione della linea morandiana, che significav,a appunto impli- . .cita rinunzia al proprio sviluppo. * * * Un'ampia recensione della nostra inchiesta è comparsa - su Nuova Repubblica del 25 marzo u. s. - a cura di Giulio Chiarugi. A molte osservazioni del Chiarugi abbiamo dato implicita risposta con quanto sopra abbiamo detto specialmente circa il significato dell'opera di Morandi; a molte altre non è questa la sede per rispondere, in quanto esse, pur prendendo spunto dall'inchiesta, si allargano poi in un più ampio e diverso discorso. Una precisazione a parte merita, tuttavia, la questione d,al Chiarugi sollevata .circa i rapp.orti fra laburismo e leninismo. Sappiamo bene (e ne conveniamo col Chiarugi che su questo punto ha certo frainteso la natura di semplice riferimento che i due termini -avevano nel nostro contesto) che la posizione laburistica, con le sue basi sindacali [16] BiblotecaGino Bianco

• e i suoi motivi cristianeggianti, non va confusa con la posizione socialdemocratica, formula gradualistica di adattamento del marxismo ~Ile s.ocietà liberali e al regime parlamentare; e sappiamo che a segnare un netto confine fra laburismo e leninismo stanno l'ispirazione decisamente empiristica del primo e quella fortemente dialettica del secondo. Ci guarderemmo però altrettanto bene dall'assegnare (come fa il Chiarugi) alla dialettica leninistica un significato più liberale che all'·empirismo laburistico. Meno che mai poi vedremmo nei motivi storicistici del leninismo la sua legittimazione liberale, chè, a •nostro avviso, è veramente troppo arbitrario l'identifieiare in ogni storicismo una corrente liberale: basterà ricordare quanto deteriore storicismo concorresse a formare l'impalcatura ideologica di movimenti reazionari moderni come il fascismo e il nazismo. Pertanto il salto compiuto dai quadri azionisti, che, entrati nel P.S.I. con esigenze liber,al-socialiste, abbracciarono poi con Morandi una linea di .ortodossia leninista, non trova davvero quelle spiegazioni che il Chiarugi crede di addurre. Queste delle quali abbiamo fin ora parlato sono state le sole recensioni che in merito al ,nostro lavoro abbiano avanzato riserve più o meno sostanziali. Altre concordano in linea di massima con noi e hanno avanzato riserve di carattere puramente marginale o comunque rientr.anti nell'ordine di giudizi soggettivi. Così Aldo Garosci, che sull'Espresso del 1 aprile u. s. ha scritto una nota breve, ma in cui riassumeva con perspicacia ed esattezza i risultati 1aiquali noi eravamo giunti, si dichiara alquanto meno ottimista di noi nel credere alla vitalità del P.S.I.. Così anche un editorialista di Mondo economico (31 marzo u. s.) crede di riscontrare nell'inchiesta una sopravvalutazione dell' << importanza ,che nelle elezioni ha, per quanto concerne il P.S.I., il fattore " partito " ». Diverso discorso meritano invece il Messaggero (1 aprile u. s.) e Il resto del Carlino (27 aprile u. s.) che si sono in sostanza limitati a sunteggiare più o meno ampiamente l'inchiesta; ma ci sembrano poi averne presentato i risultati in una luce idonea più che altro ,a corroborare le loro proprie tesi politiche, nella fattispecie contrarie all'apertura a sinistra. Con ciò - allo stesso modo di Chiarugi su Nuova Repubblica e, per la verità, [17] Bibloteca Gino Bianco

.. con maggiore finezza l'articolista de Il resto del Carlino e con più vaga intenzione di propaganda quello de Il Messaggero - essi hanno intessuto un discorso politico che esorbita dagli intenti di mero studio dei fatti che gli scriventi si proposero nell'inchiesta e si propongono in questa nota. Su questa linea si potrebbe porre anche il recensore che ha. scritto nel «registro» del numero di aprile di quest'anno di Prospettive meridionali; ma alcune sue osservazioni peregrine meritano un cenno di commento. Noi, a suo avviso, avremmo reso in sostanza un servigio al P.S.I., « incoraggiandone i gregari a perseverare »: colpa di cui non ci può essere fatta agevole ammenda, nonostante che, << dando conto dei punti nevralgici» di quel partito, avremmo << offerto un'a·rma ·politica agli avversari», a meno che non facessimo seguire a questo altri studi sulle forze politiche meridionali per fugare il dubbio di una « scelta politica>>.Confessia·mo che oscure ci restano le ragioni per cui avremmo « reso alternativamente b·uoni e cattivi ,servigi al P.S.I. » : fini che peraltro non rientr,avano minimamente nei nostri obiettivi. Quanto al modo di riscattarcene, riteniamo senz'altro utile i1suggerimento; ma gli amici di Prospettive meridioncili ci consentano anche di aggiungere che, se godessimo anche soltanto della metà dei mezzi di cui essi disp.ongono, questa loro e nostr,a aspirazione sarebbe da tempo appagata. , * * * Nel fascicolo di maggio di Nord e Sud è stata pubblicata la lettera che l'on. Lelio Basso ha scritto al direttore di questa rivista per rettificare alcune imprecisioni nelle quali saremmo caduti a suo riguardo. A pag. 13 del fascicolo contenente l'inchiesta avevamo scritto una nota nella quale ci scusavamo in anticipo delle inesattezze nelle quali potevamo esseri incorsi. E possiamo anche dare atto all'on. Basso di qualche deficienza di documentazione nei suoi riguardi, che egli con la sua lettera ci ha dato ampia possibilità di colm,are. Ma questo supplemento di informazione non ci ha fatto sostanzialmente mutare giudizio. Siamo d'accordo con il nostro interlocutore nel riconoscere che i termini di « estremismo >> e di << massimalismo » abbiano « nella storia del movimento operaio dei significati abbastanza precisi »; ma un significato ed una funzione essi hanno anche nel comune ling~ggio p.olitico italiano, [18] Bibloteca Gino Bianco

• ove stanno a significare quelle posizioni pratiche che, a prescindere da ogni teorizzazione, rifiutano collaborazioni ed incontri con f.orze diverse. Non tutti gli scritti dell'on. Basso ci erano ignoti. In essi, però, ed in ispecie nel discorso al 31° Congresso di Torino (il cui tono, ci si ~ssicurava in alcuni ambienti socialisti, sarebbe stato modificato dall'oratore all'ultimo momento, .per le pressioni di diversi amici, preoccupati della inattualità politica delle tesi che l'on. Basso intendev~ sostenere), avevamo creduto di ritrova·re un giudizio sulla impossibilità di alleanze tra forze p~oletarie e « ceti dirigenti>> (fra i quali non si faceva alcuna discriminazione) sul piano sociale, e sulla impossibilità di alleanze con la D.C., <<erede della funzione politica esercit;ata dal fascismo » sul piano politico; un giudizio che non ci sembra, e magari avremo torto, la base per .un incontro, nella società italiana, tra forze politiche e sociali diverse. E certo il libro citato dall'on. Basso (« Due totalitarismi>>) è proprio centrato, se non andiamo errati, sulla tesi (per noi storicamente inf.ondata) della continuità tra fascismo e democrazia cristiana nelle <<funzioni di difesa degli interessi dei monopoli e dei ceti privilegiati ». Ora, se l' on. Basso ce lo consente, nella D.C. si riconosce politicamente una n.otevolissim.,aparte dell'elettorato cattolico che ne fa il primo partito italiano. Una politica di alleanze con altri ceti ed altre formazioni non può astrarre d,a tale realtà, 'e rigettare una così grossa porzione dell'elettorato italiano in una sorta di limbo, se non accettando la propri,a negazione. Nè siffatta politica può postulare come premessa all'incontro con altre forze sociali un preventivo mutamento delle strutture della società: questo p.otrà essere la conseguenza, o il punto di arrivo, non quello di partenza. Un discorso politico che non si eserciti in sede teorica, ma si arrovelli sul piano della realtà immediata e che, oggi, parta da tali premesse negative, non ci sembra differire di molto da quello che agli inizi del secolo facevano proprio i sostenitori del programma « massimo >>,neg,ando ogni opportunità alle masse pr.oletarie di inserirsi nel processo di sviluppo della società « giolittiana ». Non si tratta tanto della possibile pluralità delle << vie per il socialismo» - concezione per la quale l'on. Blassoha da vantare indubbiamente una patente di precursore - quanto della concreta analisi della situazione ·politica italiana, al metro della quale è da riferire, a nostro ,avviso, il termine di <<massimalismo>>,come l'opposto di <<minimalismo». [19] Bibloteca Gino Bianco

.. * * * Il fatto che la lettera dell'on. Basso rappresenti l'unico intervento di carattere «personale» (per quanto non sia facile così classificarlo per l'ampiezza e la serietà dei temi in essa p,roposti) rappresenta per noi una prova che le ricostruzioni del ruolo e delle vicende dei dirigenti socialisti compiute nell'inchiesta non sono state tanto arbitrarie, pettegole ed irriguardose come il Valori vorrebbe. N·on volendo 1avanzare l'ipotesi che ciò sia da spiegarsi con un circolare << ordine di scuderia>>,degno di un clima che non ci sembra allig11arenel P.S.I., lo consideriamo come un implicito riconoscimento dello sforzo di obiettività con cui abbiamo tentato di condurre la nostra indagine. E ciò, senza false modestie, è la maggiore ricompensa cui potevamo • aspirare. Quando questo articolo era già 1:ncorso di stampa, abbiamo letto altre due recensioni dedicate alla noJtra inchiesta; ed un'altra ancora ci è stata preannunciata per uno de1: prossimi numeri di Cronache Meridionali. La prima è apparsa sul n. 10 di Ichnusa a firma di Antonio Marras ed è soltanto la prima parte di un discorso che l'Autore intende continuare e definire in un successivo intervento. Peraltro, quanto dice il Marras nell'articolo in questione non ci sembra differire sostanzialmente dalle tesi sostenute da altri nostri recensori, ed in particolar modo dal Valori; sicchè riteniamo d'avergli fino ad adesso fornito una implicita risposta proprio nel presente scritto. Ci riserviamo, peraltro, di proseguire anche con lo scrittore di Ichnusa il nostro discorso, qualora egli avesse ad avanzare delle tesi più originali. L'altra recensione è stata pubblicata da Gaetano Arfè sul numero di maggio del Ponte; e verte intorno a due principali argomenti, facilmente distinguibili: l'opera di Rodolfo Morandi e la funzione del << Movinzento per la Rinascita del Mezzogiorno». Per il primo di tali argomenti, possiamo ripetere anche in questo caso che quanto abbiamo scritto, nelle pagine che precedono, vale a chiarire i} giudizio da noi dato sul << morandismo >>. Molto più importanti e suggestive ci sembrano invece le considerazioni che l'Arfè ha dedicato al « Movimento per la Rinascita>>. Poichè abbiamo ragione di credere che l1annunziata recensione di Cronache Meridionali sarà imperniata sullo stesso tema, rimandiamo il discorso su tale argomento, di grande attualità, ad una prossima occasione. [20] Bibloteca Gino Bianco

I Problemi educativi e mentalità marxistica di Guido Calogero In un articolo di qualche mese fa avevo promesso a Mario Alicata che 1vrei cercato di spiegargli meglio per quali motivi io 1creda che il modo di ragionare degli intellettuali 1narxisti italiani sia una tipica mescolanza di cose plausibili e di storture, e che sarebbe ormai l'ora si sforzassero di liberare le prime dalle seconde. Purtroppo ho dovuto ri11viare di settimana in settimana il 1nante11imento della promessa, anche perchè l'assunto non era di quelli che si esaurissero con un breve discorso. Ma adesso mi pare che si presenti un'occasione opportuna. N-el fascicolo di Società dello scorso aprile (pp. 386-404) Cesare Cases ha indirizzato ai direttori della rivista una lunghissi1na lettera, intitolata La scuola, Socrate e << Lascia o raddoppia», la quale è tutta un'appassionata filippica contro quelle che egli ritiene essere le mie idee in tema di riforma della scuola. Il Cases, che è un giovane studioso di tedesco, è senza dubbio una persona intelligente. Sa scrivere, -manifesta per il suo argomento un interesse che ha tutta l'aria di essere. sincero e ,profondo, e non di rado dice anche cose ragionevoli. Tanto più interessante mi sembra quindi constatare, attraverso un certo numero di saggi d'interpretazione del suo testo, come le osservazioni plausibili che alcune volte gli detta il buon senso siano poi quas,i sempre deformate da quella che chiamerei la sua <<mentalità di gruppo>> (intendendo per ciò l'orientamento spirituale 1 più o meno tipico di quegli intellettuali che in Italia si definiscono <<marxisti», contrapponendo con ciò se stessi agli intellettuali « borghesi >)>. Che in questo caso la cavia sia di buona qualità, renderà, spero, più interessante la notomizzazione, la quale altrimenti potrebbe rischiare di riuscir noiosa. Nella prima parte di questo articolo analizzerò dunque certi brani dello [21] Bibloteca Gino Bianco •

scritto del Cases, per passare poi, nella seconda parte, ad alcune considerazioni di carattere più generale, circa il tema su cui avevo promesso i miei chiarimenti a Mario Alicata. *** Il Cases inizia il suo discorso dichiarandosi allarmato dalle <<riforme senza spese >>da me proposte al Convegno scolastico 1degli Amici del Mondo, e la cui attuazione, egli pensa, <<vanificherebbe>>ogni serio tentivo attualmente in corso per migliorare la situazione della scuola italiana. In verità, egli non si sente ben documentato in proposito: Purtroppo non ho qui i vecchi articoli del prof. Calogero e devo quindi attenermi al suo resoconto del Convegno sul Mondo del 6 marzo e soprattutto a quello sull'E.9pre~o del 4. Ma lasciate che io, terrible simplificateur, . non cerchi oltre, tanto più che gli entusiasmi dell'Espresso, che grazie alie sue qualità è già diventato un potente fattore nella formazione dell'opinione pubblica più i1llumi1nata, sono di per sè significativi indipendentemente dal testo esatto della rel'azione del prof. Calogero. Il quale mi servirà più che altro (e me ne scuso con lui) come testa di turco per sfogarmi un po' contro certe tendenze genera1li al non voler insegnar nulla che mi s,paventano assai. Ecco una prima caratteristica interes1 sante. Se il Cases avesse dovuto studiare uno dei suoi autori tedeschi, si sarebbe fermato solo ad alcune sue pagine, per desumerne quel che doveva aver detto in tanti altri suoi scritti? Se avesse recensito uno studioso che si fosse comportato a quel modo, che giudizio ne avrebbe dato? Ma siccome si tratta del Mondo, dell'Espresso e di un autore della stessa risma, così si può prescindere <<dal testo esatto della relazione del prof. Calogero » ! Anzi si può adoperare il professore medesimo come <<testa di turco >> per << sfogare >> i propri malumori pedagogici. Il Cases è abbastanza intelligente e onesto per accorgersi dei suoi peccati, tanto è vero che, nello stesso atto in cui li commette, me ne chiede scusa. Ma qui non si tratta di scuse, nè di ricordargli che già il diavolo « laico » di Dante sapeva che non si può « pentere e volere >> nello stesso tempo. Qui si tratta di capire come mai una per5iona seria possa incorrere in simili leggerezze metodologiche. [22] Bibloteca Gino Bianco

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