• tro di Cooperazione Mediterranea, l'hanno costretto a tenersi sul generico, o almeno a limitarsi ad una dichi.arazione di lodevoli intenzioni. Chè certo non altrimenti può definirsi la speranza di un << piano» che unisca tutti i popoli mediterranei in uno sforzo concorde per una comune prosperità. Eppure proprio nella constatazione da cui l'on. Martino prendeva le mosse, essere cioè l'Italia un paese che partecipa insieme della realtà della progredita Europa centro-settentrionale e di quella della depressa Europa meri- . dionale (una constatazione non nuova pei lettori di questa rivista), erano le premesse, quasi si direbbe necessarie e naturali, di una politica mediterranea del nostro paese. Di una politica, cioè, che non vagheggi iniziative clamorose, espansioni economiche folgoranti, rovesciamenti calamitosi, ma si ponga concretamente il problema della partecipazione italiana ad una politica comune degli alleati occidentali, delle libere democrazie nel Medio Oriente. E che si ponga tale problema prima ancora che con fini o ambizioni politiche, come il problema dello sviluppo economico e sociale della regione. È, ci si perdoni l'espressione, una impostazione << meridionalistica >> della questione . . --- Il problema della stabilità politica del Medio Oriente, della sua resistenza all'infiltrazione comunista, è innanzi tutto un problema di sviluppo economico e sociale. Quelli che pensano alla conquista dei mercati dovreb .. bero riflettere che qui la prima cos,a da fare è creare dei mercati, creare una domanda di merci. Si tratta di spezzare le ultime sopravvivenze feudali, di sanare le più gravi contraddizioni, innanzi tutto quella che fa coesistere una piccola società di feudatari che ancora controllano le masse con gli slogans nazionalistici accanto a centinaia di migliaia di famiglie il cui reddito è più basso del mondo, di creare le premesse indispensabili di un'economia moderna: si tratta, insomma, di qualcosa di simile a quello che si è fatto e che si viene facendo nel Mezzogiorno d'Italia. È un'illusione (dei dirigenti ara1 bi o di chiunque altro la nutra) che un processo di modernizzazione di questa portata si possa realizzare con le royalties del petrolio medio-orientale. E sarebbe un'illusione ancora più grave continuare a pensare che la ricchezza e il potere futuro degli Stati del Medio Oriente possa continuare ad essere fondato all'infinito sul petrolio. Certo il petrolio è importantissimo, perchè esso è necessario per far andare carri armati ed aeroplani: ma non è un mistero per nessuno cl1e senza gli attuali prezzi di monopolio i pozzi del Medio Oriente produrrebbero di più e rendereb- [17] I
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