vano sul destino o sulla missione del loro popolo, ma distinguere chiaramente quello che è particolare della Germania da quello che è avvenuto anche altrove. Vermeil arriva sì ad osservare che non si può giudicare la storia dell'Europa occidentale e quella tedesca come il contrasto fra razionalismo ed irrazionalismo, polemizzando così implicitamente con le eccessive semplificazioni di Seillière; non riesce però a liberarsi dalla convinzione che tutta la storia tedesca non sia che una preparazione al nazismo. << Col nazionalsocialismo la Germania ha mostrato il suo vero volto»; questo giudizio dell'introduzione sembra dimenticato nella prima parte del libro, ma determina molte delle sue analisi specifiche. Il socialismo tedesco è visto solamente in funzione di un incontro tra rivoluzione socialista e rivoluzione nazionale, incontro che sarebbe avvenuto due volte nella storia tedesca, alla vigilia della prima ed alla vigilia della seconda guerra mondiale. Lasciando da parte la d~fìnizione di rivoluzione elargita al na"' zismo, sulla base di una autonobilitazione già svolta a suo tempo dai romantici, l'errore grave di Vermeil è nel non distinguere tra il fenomento comune in tutta Europa, per cui i socialisti si sono progressivan1ente inseriti nella vita dei varii pae-- si, man mano che riuscivano a garantire agli operai maggiore partecipazione alla vita dello stato, maggiore stabilità sociale e maggiore benessere, e la concessione di servizi statali compiuta da Bismarck con spirito paternalistico-feudale. Una eguale incomprensione della politica interna tedesca si rileva nelle seconda parte del libro dedicata alla Repubblica di Wéimar e al nazismo. Qui l'intenzione politica è assai manifesta, poichè l'Autore non vuole ammettere che i fautori della democrazia in Germania avrebbero potuto sostenere le proprie posizioni di fronte ai partiti totalitari, se avessero trovato maggiore comprensione da parte delle potenze occidentali. Ma Vermeil ignora volutamente tutte le iniziative politiche francesi; ritiene che l'Inghilterra abbia perseguito, a Versailles e dopo, una politica antifrancese e che la Germania abbia seguito una politica di semplice restaurazione della passata potenza e della conseguente capacità di aggressione. Niente, nel libro, che dia una idea della difficile lotta politica combattuta dalle minoranze tedesche democratiche accusate di non essere nazionali, di essere emerse dalla sconfitta, di aver tradito e di continuare a tradire il paese con una politica di debolezze. Senza luci e senza ombre sono i capitoli sulla politica interna tedesca; da essi non emerge alcun elemento importante,. ma tutto è confuso tra mille altri fatti. Per dimostrare che in Germania tutto era restato lo stesso prima e dopo il 1919, Vermeil si rifà ai compromessi bismarckiani, rilevandone la parziale continuità. Ora le debolezze effettive della democrazia tedesca, la mancanza di esperienza politica di ogni classe dirigente e la persistenza di uno spirito feudale andavano messe in · rilievo partendo da prima di Bismarck, e andavano distinte, poi, da tutti quegli elementi della realtà tedesca che non hanno niente a che vedere colla sua scarsa democraticità. L'Autore vede nel sistema bismarckiano due gruppi di tre compro- · messi: il primo, tra autorità e democrazia, tra Reich e stati federati, tra Prussia e governi imperiali; il secondo riguardava l'equilibrio tra protestanti e cattolici, i rap- [124] BiblotecaGino Bianco
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