Nord e Sud - anno III - n. 19 - giugno 1956

buenti l'onere della produzione. Ma quanto al progresso tecnico la soluzione non è altrettanto semplice; ogni invenzione rende possibile una migliore utilizzazione delle risorse economiche, ma impone l'adozione di un nuovo processo di produzione e quindi l'abbandono delle attrezzature di <.:uil'impresa si trova in possesso. Di fronte a questa difficoltà, il monopolista reagisce continuando con i vecchi metodi di produzione e cercando nelle barriere doganali protezione contro la concorrenza estera. L'impresa pubblica si troverebbe di fronte ad un problema identico: o continuare con metodi immutati, imponendo ai consumatori un prezzo maggiore di quello che si potrebbe praticare adottando la nuova invenzione, o intro- .d urre l'innovazione e sacrificare il macchinario e le attrezzature di cui si trova in possesso. L' Angelopoulos afferma disinvoltamente che << un'impresa pubblica rimpiazzerebbe più facilmente i vecchj processi, senza preoccuparsi dei valori capitalizzati » (p. 96). Questo ottimismo è in realtà ben lungi dall'essere giustificato: se anche l'impresa pubblica non si preoccupa dei valori capitalizzati, dovrà preoccuparsi delle nuove attrezzature che -occorrono per rinnovare il processo di produzione, e per fare ciò dovrà disto... gliere risorse economiche da altri impieghi e rinunciare ad altre produzioni, il .che implica senza dubbio un costo per la -collettività; e non è detto che questo costo sia minore di quello che si affronta rinviando l'applicazione della nuova tecnica. .Il problema del progresso è costituito non dalla perdita dei capitali fissi, ma dalla necessità di sostituirli e dal fatto che non siamo abbastanza ricchi per rinunciare ai .servizi di beni strumentali non ancora del tutto logorati. Questo problema sussiste per l'impresa pubblica come per quella monopolistica: giova ricordare, a questi apostoli della nazionalizzazione, che una diversa organizzazione politica può assicurare una migliore utilizzazione delle risorse esistenti, ma non porre rimedio alla loro scarsità, che è l'origine di ogni problema economico. Quello che si deve dire a questo proposito è invece che, mentre il monopolista privato si chiuderebbe in un inevitabile immobilismo, l'impresa pubblica può attuare una graduale conversione dell'industria, realizzando così il progresso tecnico col minimo di perdite. L'impresa pubblica, aggiunge l'A., avrebbe l'ulteriore vantaggio di eliminare le spese di réclame, che costituiscono un puro Siperpero. Su questo punto è opportuno chiarire qualche idea. La réclame è una cattiva utilizzazione di ricchezza perchè vengono dedicate ad essa risorse economiche che si sarebbero potute utilizzare per produrre beni utili per la collettività, e anche perchè essa, operando una differenziazione artificiale del prodotto, finisce per creare zone monopolistiche a favo- . re del produttore che se ne serve. Ma la réclame ha anche una sua funzione, e preziosa, che è quella di rendere edotti i consumatori dei beni che sono posti in vendita, rendendo così le loro scelte più oculate e consapevoli; e come è noto, la trasparenza del mercato (cioè la perfetta conoscenza dello stato delle cose da parte degli operatori) è il primo requisito perchè il consumatore possa esercitare la pro-- pria supremazia. Inoltre l'abolizione della réclame, che renderebbe il mercato imperfetto, è in realtà assai difficile, e anche l'impresa pubblica dovrebbe farvi ricorso per difendersi dalla concorrenza estera, [119] BiblotecaGino Bianco

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