Nord e Sud - anno III - n. 19 - giugno 1956

nire »: <<insomma mi piaceva di star con loro, mi si schiariva la faccia, e mi si scioglieva la lingua, io ingenuo al par di loro ». E alla lettura di queste parole, che son forse il miglior commento che si possa fare a quella lettera, non possono non tornare alla mente <<le care fanciulle >>della scuola torinese, che lo ridonarono<<dopo sì lungo obblio alla vita>>. DQ.lnque il De Sanctis scrive a Carolina e a Caterina coi più rigorosi accenti puotiani e insieme col più romantico degli animi: <<ma considerando d'altra parte quanto sia grande la vostra umanità e cortesia, pren-- do animo di presentarmi a voi con una poesia, stando in sulla certa speranza che voi compatireste alla povertà delle mie forze, e accettereste di buon grado almeno il mio buon volere. Voi mi concederete che io mi trattenga un poco a noiarvi con le mie ciance, esponendovi il disegno di questo poetico lavoro » (p. 12). E nel poetico lavoro » vi sono tutti gli ingredienti del romanticismo: la violentissima febbre, il sentimento della prossimità della morte, lo smarrimento di doversi per sempre separare dalla diletta madre; e poi l'improvvisa apparizione della Speranza e la ca1npagna <<in tempo che la Luna silenziosa si avvolge ne' suoi perpetui giri >>; e finalmente due donzelle che lo distolgono dai dolorosi pensieri, Carolina e Caterina appunto. Oh, se il De Sanctis si fosse riletto ... Pure tale egli era: e tutto ciò lo umanizza ai nostri occhi, e più umano egli ci appare, infatti, dopo queste letture, nella grande crisi del '48. Certi accenti che potrebbero anche apparire di alterigia (<<si fa conto di me più qui, che nel Distretto », seriverà al padre dopo la sua nomina nel Consiglio della P. I.) si comprendono meglio nello sfondo dell'ingratitudine che gli aveva sempre mostrata la sua terra; e certi altri (<<l'ambizione in questo caso è un dovere, ed io ho l'ambizione di saper 1neglio di costoro servire il paese», esclamerà al momento della sua contrastata candidatura a deputato) direi che si giustificano_ meglio che guardando all'avvenire, a ciò che egli fu e seppe e volle essere, al maestro insigne e all'uomo di non mai tramontata passione civile, guardando al giovane timido e attento, saggio e studioso, probo e severo, che ci rivelano le prime lettere. Ad ogni modo, nella battaglia del '48 il De Sanctis ci si buttò con tutte le sue forze e partecipò con tutto il suo animo del generale appassionamento, e sperò .fìnchè fu possibile sperare. Al padre, che già nell'aprile si disorientava per gli avvenimenti e scriveva che a legger i giornali gli venivano le vertigini ed esclamava <<maledetto 48 » (p. 59), il De Sanctis replicava con tutta tranquillità: <<la vostra malinconia è senza cagione: qui le cose vanno bene, i galantuomini sono uniti, e l'affare di Roma (l'enciclica del 29 aprile con cui Pio IX ritirava il suo appoggio alla causa italiana) non porterà conseguenza » (p. 62). Il giudizio doveva rivelarsi inesatto, ma francamente sarebbe stato difficile pensar diversamente in quel momento. E quando la situazione cominciò a deteriorarsi, egli ne colse avvedutamente i segni (<<Qui ... che vi posso dire? Ogni sera accadono soverchierie contro la gente onesta. Non rimane che star chiuso in casa. Bene sta: noi meritiamo quello che abbiamo », p.66) e iniziò subito mentalmente il processo agli errori propri ed altrui. Ma il dovere era stato interamente con1piuto, e se si poteva accusare la mente non [114] Bibloteca Gino Bianco

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