nazionale (e di ampiezza nazionale) anche se il suo motore fosse stato temporaneamente e funzionalmente regionale. Tutte le forze economiche sarebbero state stimolate e al contrasto sarebbe succeduta una superiore unità. lVIa i11vece non fu così. L'egemonia si presentò come permanente; il concontrasto si presentò come una condizione storica necessaria per un tempo indeterminato e quindi apparentemente ' perpetua' per la esistenza di una industria settentrionale » (4 ). Ma, per spiegarsi più precisamente, i motivi sempre esistenti del « rancore » dei torinesi nei riguardi dei meridionali, e viceversa, è forse utile sfogliare i giornali torinesi del settembre 1920, e le annate del '25-26. Si apprende che la AMMA, associ.azione padronale tuttora esistente, ordinava alle industrie dipendenti di non assumere operai nati al disotto di Firenze, dopo il fallimento della politica di far venire a Torino circa 25 mila sici- . liani da immettere nell'industria. Accadde che molti di questi siciliani fuggirono dalle fabbriche e, come riportano le cronache del tempo, la moltiplicazione dei reati commessi nelle campagne vicine non modificò di certo la credenza che tutti i siciliani sono dei briganti. Inoltre, la questione Piemonte-Mezzogiorno (siciliani e sardi erano venuti in gran numero a Torino nel '19, per reprimere il movimento operaio: i 4.000 soldati, tutti « pastori » della Brigata S,assari,furono molto spesso, in seguito, identificati tout court col Mezzogiorno) era pure sempre legata all'intervento delle truppe piemontesi nell'Italia meridionale contro il brigantaggio, dal '60 al '70. I soldati piemontesi riportarono nei loro paesi l'impressione delle barb,arie calabro-sicule; e viceversa i meridionali si persuaser.o della ferocia piemontese. La letteratura amena e militare fece il resto, contribuendo cioè a rafforzare questi stati d'animo (5 ). I motivi di questo rancore, come si vede, sono ,antichi; nel '17, e fino ( 4 ) Antonio Gramsci, Il Risorgimento (Torino, Einaudi, 1953), pag. 210. ( 5 ) Cfr. la novella di De A1nicis sul soldato cui viene mozzata la lingua dai briganti; i libri di Caccia grossa dell'allora tenente Giulio Bechi, nel quale si descrive la Sardegna come una giungla; un libretto di ricordi di un ufficiale ligure, dove i sardi sono detti << scimmi~ » e dove si parla del << genio della specie » che agita l'autore alla vista delle donne; e infine il libro di un certo D'Adamo, nel quale si dice che siciliani e piemontesi devono fare la pace, poichè la ferocia degli uni compensa quella degli altri. Cfr. Antonio Gramsci Il Risorgimento, cit, pagg. 208, 209, 210. [90] BiblotecaGino Bianco
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