dove è possibile non consegnare i propri documenti. Quando entrano, alle 8 di sera, un medico sta all'ingresso insieme al portiere, li guarda in faccia uno per uno e dice: «avanti»; ,avanti a tutti, come se il tubercolotico portasse i suoi bacilli grossi e ben visibili sul volto. Al mattino, nel dormitorio di Via Ormea, pare si sveglino i soldati. Passato il guardiano per la sveglia, questi soldati senza mostrine, senza armi, senza gavette e senza ufficiali, anarchici della più bell'acqua, figli spurii della disoccupazione, si lanciano nella quotidiana avventura della grande città. Il dormitorio di Via Cigna è, invece, privato. Da uno stanzone lungo quindici metri sono state ricavate due camerate con quattro file di letti, una cinquantina in tutto, forniti di coperte, ma non di lenzuola. Altri dormitori, pubblici o privati, locande attrezzate ~Ila meno peggio per molte diecine di ospiti nullatenenti (i quali riescono tuttavia a pagare, in certi casi, fino ,a 250 lire per notte), sono dislocati qua e là nei recessi della città: il dormitorio di Via Conte Verde 17, chiamato « La Fucina»; quello, a pagamento, di Via Stradella; quello di Corso Casale; l'ospizio dei «Poveri vecchi», in Corso Unione Sovietica. Negli uffici di collocamento di Torino, per quanto sia stato impossibile ottenere dati esatti dal 1945 ~d oggi, pure a'bbiamo potuto <<ricostruire » una statistica sulla disoccupazione nel 1953 e sulla incidenza relativa agli immigrati provenienti dal Sud. Dei 21.326 disoccupati che risultano iscritti negli uffici di collocamento nel 1953, solo 5.400 circa sono meridionali. E dei 600 meridionali disoccupati che si presentarono ogni mese del medesimo anno al detto ufficio, quasi trecento trovarono lavoro; mentre nel 1954 la media di coloro che ottennero un'occupazione è salita da 300 a 400. L'avviamento al lav,oro, però, è cosa ben diversa dall'iscrizione. Per essere iscritti occorre la residenzla senza clausola; e per ottenerla si deve dimostrare di essere occupati almeno da sei mesi. E, in genere, i meridionali non vengono mai occupati per sei mesi filati; così si trovano sempre punto e daccapo. La <<residenza>>costituisce quasi un incubo. V'è tuttavia un modo per ottenerla: ricorrendo ai trucchi. Pag,ando 3000 lire la iscrizione all'Artigianato, l'immigrato implicitamente dimostra che può vivere in proprio, cioè può esercitare la professione di stagnino o calzolaio o sarto, ecc. La <<residenza >> allora viene 1concessa.Oppure un operaio sborsa a un impresario una certa cifra (che varia dalle 10 alle 20 mila lire); costui [84] Bibloteca Gino Bianco
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