Nord e Sud - anno III - n. 17 - aprile 1956

Tutto ciò ha finito per condurre (oltre che ai consueti contrasti tra settori, ognuno dei quali è intento ad una stolida ed esclusiva difes~ d~l <<proprio>>prodotto) a una nuova posizione di monopolio dei raffinatori (specie di quellì che lavorano l'olio di sansa); a una scarsa diffusione dell'industria in parola nel Mezzogiorno, almeno comparativamente alla disponibilità di materia prima di quest'ultimo; infine ad un incentivo sempre maggiore, per l'industria raffinatrice, verso la miscelazione degli olii di oliva con quelli di semi. Nel 1950 si contavano in complesso 168 impianti, di cui 72 nell'Italia settentrionale, 24 nell'Italia centrale, 55 nell'Italia meridionale e 17 nell'Italia insulare (20 ). Come al solito la maggioranza relativa degli sta1 bilim_enti meridionali è situata in Puglia, ove pure la potenzialità produttiv~ media è superiore a quella delle altre regioni (21 ). E' ancora da rilevare che l'industria ·raffinatrice non si alimenta esclusivamente dei prodotti nazionali, bensì anche - e ciò è vero particolarmente per le aziende settentrionali - dell'olio lampante prodotto in altri paesi · mediterranei. Si può aggiungere che questa importaz~one di olii lampanti (unita a quella di olii di sanse) costituisce la q1.1iastoi talità delle importazioni dell'olio d'oliva; gran parte delle quali, per giunta, assume la forma della << temporanea importazione» ( 22 ); ed essa si mantenne elevata anche durante il periodo delle restrizioni doganali (23 ). Questo è certamente un indice della vitalità dell'industria di raffinazione, per quanto anche qui si accusi una certa esuberanz,a di potenziale produttivo. Non si dimentichi, tuttavia, che i paesi rifornitori d'olio grezzo alle nostre industrie (Tunisia, Algeria, Siria e Marocco specialmente) sono da circa un decennio sulla via d'uno sviluppo industriale che li ha messi in grado di produrre ed esportare olii raffinati in concorrenza con quelli italiani; e che quindi essi saranno indotti a restringere sempre più le esportazioni di lampante verso il nostro paese. E' un elemento da tenere ben presente, questo, poichè non è improbabile che « nel ( 20 ) Documenti, N. 44, cit. ( 21 ) V. App., tab. 6, da: La struttura, cit., p. 156. ( 22 ) Si vedano in proposito le statistiche in: Documenti·, N. 44, cit. ( 23 ) Le punte massime, a quanto riferisce L'industria i·taliana a/,la metà del secolo XX, C.G.I.I., Roma 1953, si ebbero nel 1930 e nel 1931, rispettivamente con 584.055 e 580.094 q.li. [61] . Bibloteca Gino Bianco

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