a ben riflettere, l'opposizione degli universitari meridionali al n:iovimento studentesco, che individua come uno dei punti di forza del suo sviluppo la solidarietà della classe accademica, nasce da una prof onda sfiducia nei professori e nei Rettori degli atenei del Sud. << I maestri delle università meridionali non frequentano più le aule, parlano ormai solo dai libri: sulle cattedre siede lo spagnolismo democristiano, il conformismo di sinistra e l'estrema deformazione laica» : questo dicono i colleghi meridionali. E si spiega allora perchè di fronte a tanto vuoto gli universitari meridionali siano tentati di rivolgere il loro appello al mondo politico, alle forze sociali organizzate; e prestino orecchio alle facili seduzioni di certe proposte demagogiche, criticamente non precisate e attivistiche. Di lì, le maggiori scoperture del movimento studentesco meridionale alle pressioni e agli interessi dei partiti, di lì il vizio della sua azione politica che, nella misura in cui si riferisce costantemente a movimenti e a realtà politiche extra-ur1jversitarie, ad esse maggiormente si condiziona e si subordina. Di lì ancora la difficoltà estrema nel Sud di configurare ed organizzare un'azione di tipo nuovo, perchè la radicalizzazione della lotta nel Paese e la debolezza <<interna» degli ambienti non consentono le alternative e le proposte di iniziativa autonoma. Rimane, a completare il quadro, un'ultima nota negativa .. l\tfentre nel settore <<democratico » delle forze universitarie i professori impegnati attivamente nei partiti sono troppo spesso distratti professori e distratti maestri; mentre altri docenti, legati conformisticamente alla cultura ufficiale governativa o immiseriti nel qualunquismo di sinistra e nell'indipendentismo velleitario, sono altrettanto insensibili ad un impegno nella lotta per la libertà e la democrazia neglf atenei; mentre infine altri ancora consumano il loro tempo nel <<mestiere», aggrappati ai vuoti concetti di dignità (formale) e di imparzialità (reazionaria), in un altro settore solidarietà ben precise si sono determinate tra autorità accademiche e studenti. Mi riferisco a quella parte della scuola universitaria che non può essere definita altrimenti che <<confindustriale ». Dirigenti dell' Organismo Nazionale degli Studenti di Ingegneria (che opera a lato dell'U.N.U.R.I.) e autorità accademiche dei Politecnici perseguono di comune accordo un'opera di frazionamento del movimento studentesco, i primi, e di disintegrazione dell'unità culturale e organizzativa degli atenei, i secondi. La riforma della scuola superiore, di tipo settorialistico, (che configura l'autonomia culturale e strutturale delle singole facoltà), proposta e sostenuta da capi di istituto e professori di materie fondamentali dei Politec11ici di Milano e di Torino, viene riecheggiata e avallata dai dirigenti dell'O.N .I.S.I., le cui convergenze con interessi monopolistici sono mascherate agli studenti da un'abile, quanto demagogica, politica di interessi concreti. Queste forze hanno trovato una effettiva intesa (anche [43] Bibloteca Gino Bianco
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